Otto concerti tra luglio e agosto per il Festival Organistico Internazionale Città di Senigallia
Presentata l'edizione 2023: artisti di elevato livello e date anche a Corinaldo, Chiaravalle e Belvedere Ostrense - VIDEO
Conto alla rovescia per l’edizione 2023 Festival organistico internazionale che avrà sempre il suo fulcro a Senigallia, ma che prevede concerti anche in altri centri della Diocesi.
Otto i concerti in programma ad animare le serate estive dal 20 luglio al 27 agosto, sempre con l’obiettivo di unire la qualità della musica e delle esecuzioni organistiche alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale del territorio.
“Il Festival organistico – ha precisato nella conferenza stampa di presentazione il sindaco Massimo Olivetti – si è conquistata negli anni un ruolo importante ed è diventata una esperienza consolidata. Come Comune siamo quindi soddisfatti di questa iniziativa che amplia l’offerta musicale di Senigallia”.
“Anche per l’edizione 2023 in cartellone saranno artisti di elevato livello, interpreti di uno sconfinato repertorio, da quello prettamente organistico a trascrizioni personali di pagine orchestrali, fino ad improvvisazioni su famosi temi della tradizione classica – ha aggiunto il direttore artistico, Federica Iannella – ma suoneranno anche giovani talenti già vincitori di premi internazionali. Un binomio tra musica ed arte che vuole valorizzare antichi strumenti di pregio come gli organi Callido che si trovano in alcune chiese del territorio”.
Il Festival organistico internazionale è reso possibile dalla “Fondazione Dottor Leopoldo Uccellini Cavaliere di Gran Croce”, che promuove la realizzazione di questa rassegna concertistica in collaborazione con la Regione Marche, i Comuni di Senigallia, Belvedere Ostrense, Chiaravalle, Corinaldo. Proprio il Cavalier Uccellini aveva donato un prezioso organò alla Chiesa del Portone.
“La mission della Fondazione – ha rimarcato la vive presidente, Eliana Monica Lulani – è quella di mettere in campo progetti di valorizzazione del territorio. Mio suocero, Leopoldo Uccellini voleva che venisse infatti restituito al pubblico quanto la sua attività imprenditoriale gli aveva dato. E la musica è una delle emozioni che lo hanno sempre accompagnato fin da bambino quando sentiva suonare un organo. Diceva che questa permetteva un contatto diretto con Dio”
Tra i progetti della Fondazione, anche una rassegna organistica invernale in collaborazione con i Comuni di Senigallia, Belvedere Ostrense e Trecastelli, e magari l’estensione in futuro anche alla Diocesi di Ancona.
Presenti alla conferenza, anche amministratori del territorio e quanti hanno sempre accompagnato la rassegna, come l’ex parroco del Portone, Giuseppe Bartera.
Il sipario si apre giovedì 20 luglio sulla cantoria della Chiesa S. Maria della Neve – Portone – a Senigallia, dove è custodito il prezioso organo Pinchi costruito nell’anno 2002 e donato alla comunità dal Cavaliere di Gran Croce Dott. Leopoldo Uccellini. A suonarlo, Giampaolo Di Rosa, organista titolare di Santo Antonio dei Portoghesi in Roma, della Cattedrale di Vila Real e della Cattedrale di Braganç, la conduzione di questa meravigliosa macchina sonora, nel proporci un repertorio di elevato spessore artistico. Il programma esordisce con il “grande” Preludio e fuga in mi minore BWV 548, uno dei capolavori che Bach eseguì per un concerto inaugurale a Kassel nel settembre del 1732, nel giorno di San Michele. Sembra che il brano sia stato composto proprio per questa occasione, presentando come caratteristica principale una grande unità e una sorprendente unione dialettica tra due elementi contrastanti, ad espressione della lotta di San Michele arcangelo contro il Dragone. Seguiranno cinque sonate del celebre compositore italiano Domenico Scarlatti che, pur essendo nato nello stesso anno di Bach, utilizza un linguaggio musicale assai diverso e più incline al cosiddetto stile galante. Rinomato interprete del repertorio di ogni epoca fino all’improvvisazione e alle proprie trascrizioni, Di Rosa presenterà una sorta di traslitterazione della Fantasia e fuga sul nome di BACH di Franz Liszt. La composizione si basa sul tema ricavato dal nome BACH in notazione tedesca (ossia formato dalle note si bemolle-la-do-si), che guida l’intero discorso musicale con estese ramificazioni ornamentali e virtuosistiche. Il concerto si concluderà con un’improvvisazione in cui Di Rosa partirà dallo stesso soggetto utilizzato da Liszt, ma nella sua forma retrograda, utilizzando i suoni della melodia dalla fine all’inizio (si-do-la-si bemolle).
Giovedì 27 sarà la volta di Gabriele Studer, virtuoso organista che ha conseguito il “Diplôme de Concert” con menzione d’onore presso l’Accademia Superiore di Musica “Schola Cantorum” di Parigi, con un programma denso e affascinante in cui l’organo verrà trattato come un’orchestra. Il concerto si apre con il Preludio e fuga in Mi b maggiore BWV 552 di Bach, opera colma di simbologia numerica e figurale, a rappresentazione delle tre figure dello Spirito Santo. Dopo questo imponente inizio, Studer si cimenterà in uno dei più ardui brani della letteratura organistica, la seconda trio sonata, appartenente ad una raccolta di sei sonate che Bach avrebbe scritto per il figlio maggiore Wilhelm Friedemann come esercizio per raggiungere la massima indipendenza ed eguaglianza fra le due mani e i piedi. La seconda parte del programma si presenta con trascrizioni di brani di Maurice Ravel e di Sergej Rachmaninov ad opera dello stesso Studer. La prima, originalmente composta per pianoforte a quattro mani e successivamente ampliata e trascritta per orchestra, è composta da cinque pezzi, ispirati da altrettante illustrazioni tratte da un libro di fiabe per l’infanzia. Nel Jardin féerique il principe azzurro ha risvegliato con un bacio la principessa addormentata, e tutto un paese di meraviglie sonore si unisce dunque al gaudio, esultando. Vocalise è invece una canzone di Rachmaninov, composta e pubblicata nel 1912 come ultima delle sue 14 canzoni o 14 romanze, op. 34. Scritto per voce acuta (soprano o tenore) con accompagnamento di pianoforte, non contiene parole, ma è cantato usando una vocale qualsiasi a scelta del cantante.
Domenica 30 luglio ci sposteremo a Corinaldo nella Chiesa dell’Addolorata, la cui costruzione viene fatta risalire alla seconda metà del Cinquecento insieme all’annesso Convento delle Benedettine. Nella cantoria lignea sopra la porta d’ingresso è situato il pregevole organo del 1766, opera di Gaetano Antonio Callido, che aveva una figlia tra le suore del convento benedettino. Protagonista della serata il giovane cremasco Nicola Dolci, vincitore del XV “Premio nazionale delle Arti” e secondo premiato al prestigioso “International Martini Organ Competition” 2022 di Groningen (Olanda), che interpreterà un programma caratterizzato dall’influenza dello stile italiano su quello tedesco. Il concerto comincerà con due toccate di Girolamo Frescobaldi (celebrato dai suoi contemporanei come “il mostro degli organi” per le sue strabilianti qualità di virtuoso della tastiera) che rappresentano il culmine artistico della sua creazione. Improntate sull’atto esecutivo ed improvvisativo, caratterizzate da scale ascendenti, discendenti, trilli, abbellimenti e virtuosismi inframezzati da momenti accordali, le toccate frescobaldiane sono un contributo importante allo sviluppo della musica strumentale tra il Cinquecento e il Seicento, anticipando la “maniera di suonare con affetti cantabili”. Seguirà un Capriccio di Froberger, organista e compositore tedesco, che fu allievo di Frescobaldi a Roma. L’importanza della sua produzione risiede nella fusione che egli operò fra lo stile germanico, quello italiano del suo maestro Frescobaldi e quello francese della scuola di Couperin. Sulla stessa impronta si collocano le composizioni di Mattias Weckmann, autore cresciuto alla scuola di Dresda con Heinrich Schütz, che aveva viaggiato in Italia incontrando Giovanni Gabrieli e Monteverdi, e di Praetorius ad Amburgo. Amico di Froberger, con il quale ebbe fitta corrispondenza, fu organista titolare alla Jakobkirche di Amburgo a partire dal 1655 fino alla sua morte. Con la Canzona BWV 588 e il Concerto in re minore BWV 974, approderemo al genio di Bach che seppe fare, più di ogni altro compositore, una mirabile sintesi di tutte le varie tendenze stilistico-compositive dell’epoca.
Giovedì 10 agosto torneremo alla Chiesa del Portone con il talentuoso Nicola Procaccini, nato a Sant’Elpidio a Mare nel 1995, attualmente iscritto alla classe di Organo dei Maestri Michel Bouvard e Olivier Latry presso il conservatorio superiore di Parigi e vincitore del prestigioso Primo Premio al Concorso internazionale organistico “Buxtehude 2018” di Lubecca, che ci offrirà all’ascolto alcuni dei capisaldi della letteratura organistica, in un arcobaleno di timbri sonori che solo uno strumento come l’organo può generare. Il primo brano, la celebre Toccata, Adagio e Fuga in Do maggiore di Bach, richiama la forma del concerto strumentale italiano nella tipica struttura veloce-lento-veloce. Dopo un brillante preludio monodico, in stile di recitativo, esposto alternativamente sui due manuali con scale e spezzature inframezzati da interventi virtuosistici in assolo del pedale, Bach inserisce un commovente Adagio, costruito su quelle tipiche melodie impiegate per gli strumenti solistici, al quale segue una Fuga conclusiva dal ritmo incalzante.
Definita da Mozart come “Adagio pour l’horloger” la Fantasia K. 594 è la prima di un gruppo di tre composizioni scritte nel suo ultimo anno di vita e destinate all’organo meccanico del conte von Deym. Il brano inizia con un Adagio contemplativo di stile severo, che attraverso complesse modulazioni si conclude nella luminosa tonalità di Do maggiore; qui s’innesta un brillante Allegro fugato, che riconduce spigliatamente al tema e alla tonalità iniziali. La parte conclusiva del programma giunge allo stile etereo, onirico, ma anche sorprendentemente solenne di uno dei pezzi fantastici dell’op. 54 di Louis Vierne, considerato uno dei più grandi improvvisatori del suo tempo, particolarmente abile nel valorizzare le caratteristiche foniche proprie di ogni strumento.
L’Overture dall’Oratorio “Paulus” di Felix Mendelssohn-Bartholdy completa questo affascinante percorso organistico a memoria di colui che diede inizio alla riscoperta del sommo musicista barocco, J.S. Bach, al tempo pressoché dimenticato.
Nel concerto di giovedì 17 agosto, sempre alla Chiesa del Portone, il trentino Stefano Rattini, uno tra i più quotati improvvisatori italiani, sarà interprete di autori classici e di sue composizioni che prendono a prestito temi o forme tratti dalla tradizione musicale classica. Organista titolare dell’Abbazia Benedettina Muri-Gries di Bolzano, docente di improvvisazione organistica all’Istituto di Musica Sacra di Trento e presso la Scuola Santa Cecilia di Brescia, Rattini si presterà anche all’attività compositiva estemporanea su melodie offerte dal pubblico presente. L’improvvisazione all’organo è sempre stata praticata in tutte le epoche della storia della musica, tuttavia, nel nostro paese, per diversi decenni del Novecento, tale prassi è caduta in oblio, a differenza dei paesi vicini quali la Francia, l’Austria, la Germania. Un caleidoscopio di suoni è il titolo che Rattini ha dato al suo recital, a dimostrazione di come il linguaggio musicale possa cambiare aspetto a seconda dei diversi contesti storici, geografici e delle differenti tipologie di organi sui quali viene eseguito.
Domenica 20 agosto entreremo nella mistica atmosfera dell’Abbazia di Santa Maria in Castagnola di Chiaravalle, dove il restaurato organo, costruito da G. Callido nel 1775, attenderà di fare ascoltare la sua voce sotto la maestria esecutiva di Roberto Padoin, diplomato in Organo, Musica Prepolifonica, Musica Corale e Direzione di coro e Composizione. Percorsi e incontri tra Italia e Nord Europa è il filo conduttore di una serie di brani (particolarmente adatti alla sonorità degli strumenti di scuola veneta) che Padoin ha scelto da autori noti, o a volte poco conosciuti. Per quanto riguarda la presenza di musiche adespote, è interessante ricordare che prima della stampa a caratteri mobili, gli spartiti musicali erano principalmente in forma di manoscritto, collezionati da copisti, ed è solo dal 1750 circa che le opere musicali iniziano ad essere considerate espressione di una certa “individualità”. I compositori e gli esecutori erano visti come rappresentanti di un mestiere artigianale in cui la musica era considerata come qualcosa riguardante un evento, piuttosto che un prodotto da autografare. Le composizioni di autori meno conosciuti, come Gaetano Valeri e Niccolò Moretti, entrambi figli della tradizione veneta e assai famosi durante la loro attività, si caratterizzano per una felice inventiva e per una buona effettistica, esprimendo in una sintesi davvero originale quella transizione fra classicismo e romanticismo.
Giovedì 24 agosto alla Chiesa dei Cancelli di Senigallia ascolteremo la spagnola Susana Gastría Lastra, concertista di fama internazionale, vincitrice di numerosi premi, musicologa e Presidente dell’Associazione per la Conservazione degli Organi nelle Asturie, che suonerà uno dei più imponenti organi storici presenti nelle Marche, costruito nel 1856 da Giacomo Bazzani e figli. In un excursus di stili musicali che partono dal Seicento e arrivano al secolo scorso, si avvicendano continui rimandi alla tradizione musicale spagnola, grazie ai brani di Francisco Correa de Arauxo, (uno fra i più importanti autori spagnoli tra il rinascimento e il barocco), Domingo Arquimbau, Eduardo Torres, Francesc Teixidó, Domingo Arquimbau. È interessante notare come Gastría Lastra abbia saputo scovare partiture di autori moderni, coniugandole alle caratteristiche di uno strumento così lontano dalla contemporaneità. Sicuramente un concerto da non perdere per conoscere da vicino le illimitate potenzialità meccaniche ed espressive che anche un organo storico è capace di esplicare.
Come da tradizione, il festival si concluderà a Belvedere Ostrense, domenica 27 agosto nella Chiesa di San Pietro Apostolo assieme al singolare duo, ocarina e organo, costituito da Anima Musices che, grazie alle bellissime sonorità dell’antico organo costruito probabilmente da Vincenzo Montecucchi attorno al 1793, propone un variegato programma concertistico basato sulle forme musicali della danza, del concerto e della sinfonia, in un flusso di evoluzione temporale che abbraccia sei secoli di storia. L’ocarina, strumento inventato a Budrio (Bologna) intorno alla metà dell’Ottocento nella forma in cui lo conosciamo oggi, è in realtà un flauto globulare, i cui antenati possono essere riconosciuti in vari strumenti di tradizione popolare sia europea che orientale. Caratterizzata da un particolare timbro di suggestione arcaica, l’ocarina non possiede un repertorio specifico, ma, come tutti gli strumenti di estrazione popolare, si adatta all’esecuzione di un vasto repertorio che viene “rubato” alla musica colta, al teatro, alla tradizione, e adattato di volta in volta alle esigenze dell’esecutore e delle occasioni, in virtù delle sue peculiari doti di estrema agilità e grande elasticità dell’intonazione; tale caratteristica, se da un lato rende l’esecuzione di estrema difficoltà, dall’altro costituisce un validissimo supporto alla propedeutica musicale degli strumenti a fiato. Il programma presentato affonda le sue radici nel Medioevo, per concludersi nel Novecento storico dopo aver attraversato il Rinascimento, il Barocco e il Romanticismo, toccando quindi le principali correnti che hanno caratterizzato le tappe più importanti della storia della musica europea ed italiana.
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