“Fiume Misa nel senigalliese, è questa la strada giusta?”
Progetti in atto e futuri, i dubbi del GSA
Da più parti si chiedono interventi urgenti per il fiume Misa. I cittadini che abitano nelle zone a rischio sono giustamente esasperati, oltre che dalla alluvione subita, dai continui allarmi che rendono la vita difficile. La vita della città e la sua economia stanno vivendo un momento di stasi, se non di vero e proprio riflusso.
Se di sicuro è necessario intervenire, il problema è come farlo e oltre ai generici appelli alla “messa in sicurezza”, di idee concrete non ne circolano molte, se si esclude la necessità di completare la vasca di espansione del Brugnetto, una vicenda lunga decenni e che a parere della maggior parte degli esperti del settore, anche se aiuterà certo, non sarà risolutiva dei problemi.
E per quanto riguarda le altre due vasche proposte, sembra a Pancaldo di Ostra Vetere sul Misa e a Ponte Lucerta sul Nevola, per ora sono poco più di una idea e non certo un progetto ed in ogni caso i tempi non saranno certo brevi, visti i precedenti.
E non è vero che nel passato non è stato fatto niente, come qualcuno sostiene; anzi dopo la alluvione del 2014 si è lavorato molto sul fiume a monte della città e si sono spese ingenti somme, circa 5 milioni, per il rifacimento e rafforzamento degli argini, per la cosiddetta messa in sicurezza eliminando tutta la vegetazione arborea da alveo e argini, mettendo reti per prevenire la realizzazione di tane da parte di animali selvatici e altro.
Lavori continuati in settori del fiume più a monte anche successivamente, fino a poco tempo prima della tragica alluvione del settembre scorso, come alla confluenza fra Misa e Nevola, con le stesse tecniche e metodologie.
Interventi che sono ripresi di recente con nuove devastazioni dell’ambiente fluviale di cui è sempre più difficile comprendere la razionalità come nella zona di Brugnetto ed anche sui corsi d’acqua minori, ad esempio sul fosso del Sambuco.
Oggi ci chiediamo: ma possibile che a nessuno venga in mente di chiedersi se è proprio questa la strada giusta, e se per caso non abbiano ragione quei tecnici ed esperti che sostengono che con certi tipi di interventi finalizzati esclusivamente alla velocizzazione del deflusso delle acque si aumenti la portata delle piene, la loro violenza e quindi la pericolosità del fiume con conseguente aumento dei rischi per la città di Senigallia?
Noi non siamo tecnici del settore e non abbiamo risposte in merito, ma di una cosa siamo sicuri: che sia il tempo di uscire dai vecchi schemi e di provare a percorrere strade nuove.
I grandi musei italiani hanno avuto negli ultimi anni un importante rilancio grazie a concorsi europei che ne hanno portato alla direzione fior di esperti provenienti anche da altri paesi europei.
Forse il paragone è azzardato, ma anche nella gestione delle aste fluviali, come in tutti i campi della scienza, le idee son in continua evoluzione, ci sono esperienze diverse e a volte innovative in altre regioni d’Europa; quello che riteniamo indispensabile è che sia urgente uscire da un ristretto ed angusto ambito locale, da una cerchia di addetti ai lavori che continua a fare riferimento, più o meno pedissequamente, a leggi e regolamenti vecchi di più di un secolo.
Il Sindaco in una intervista del 1 marzo, dopo l’ennesimo allarme, chiedeva di fare vasche di laminazione, poco costose, semplici da realizzare, dove abbassare gli argini per poter far defluire le acque di piena, diminuendone la portata e rallentando il deflusso delle acque. Bene, ma non è contradditorio con quello che si sta facendo su fiume e fossi da parte dell’ex Genio Civile e del Consorzio di Bonifica, cui ora e stata affidata la competenza anche su fossi comunali?
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