Scomparirà la Villa Torlonia di Senigallia, già sede dei Napoleonidi
Baldetti: "L'Amministrazione non ha voluto o potuto tutelare il complesso. La Soprintendenza ha dato l'ok alla demolizione"
Una mattina mi son svegliato e ho trovato… sul giornale la notizia della prossima scomparsa di un altro luogo della memoria storica senigalliese: la Villa Torlonia, in Via Raffaello Sanzio n. 273, una sede religiosa già residenza del fratello di Napoleone, Luciano Bonaparte, ex presidente del Consiglio dei 500 della Repubblica francese nel 1799 poi ministro dell’Interno del Consolato, fino al novembre 1800, quindi ambasciatore a Madrid, senatore dell’impero napoleonico e membro della Camera dei Pari nel 1815.
Dalla lettura si apprende che il processo di riconversione dell’intera area è in atto da tempo, probabilmente da quando le Suore della Carità hanno abbandonato il convento, poi venduto ad una società immobiliare romana, la quale ha varato il progetto immobiliare, con la relativa autorizzazione della Soprintendenza e la seguente approvazione dall’Amministrazione comunale.
Ora, non si poteva sicuramente pretendere da un attore privato che si facesse carico di valorizzare un luogo identitario della storia cittadina, come non avvenne ai tempi dell’abbattimento della “Colonia Ex ENEL”, già sede di detenzione nazi-fascista provinciale degli ebrei, nei giorni in cui il Soprintendente presentava un progetto per la valorizzazione di consimili edifici balneari per l’infanzia d’inizio secolo.
Oltretutto nel caso specifico la Chiesa cattolica non aveva certo l’interesse a perpetuare le memorie di Napoleone già definito “Anticristo”, anche se la valorizzazione della verità storica ha connotato le innovazioni vaticane degli ultimi decenni e in particolare del presente pontificato e, se si accogliesse una simile ragione, si dovrebbero per assurdo giustificare “mutatis mutandis” con un’analoga logica le distruzioni monumentali operate recentemente da terroristi islamici dell’ISIS in nome di una malintesa coerenza religiosa. Né una qualche iniziativa di salvaguardia sembrerebbe essere stata assunta dall’Amministrazione comunale, considerando che l’imperatore e re d’Italia Napoleone Bonaparte è stato il vero fondatore e propugnatore dello Stato moderno borghese europeo e conseguentemente del pensiero politico di destra italiano, non già Dante Alighieri, politicamente schierato non solo all’interno del partito popolaresco ed antiaristocratico dei Guelfi ma altresì nella sua componente più libertaria e democratica, con buona pace dell’attuale ministro della cultura.
Tuttavia ciò è avvenuto proprio nel periodo in cui, grazie anche a nuovi fondi europei, si era attivato un interesse interregionale per il recupero e la rivalutazione delle strutture architettoniche di età napoleonica, di cui le Marche e Senigallia sono particolarmente ricche, a seguito della devoluzione di beni regionali operata dallo stesso Napoleone per sovvenzionare le spese del viceré d’Italia Eugenio Beauharnais, di cui ha trattato altresì lo scrivente nella programmazione on line “Storie delle Marche”, intitolata appunto “I Napoleonidi e le loro sedi nelle Marche ottocentesche”, visibile con il link: https://youtu.be/0ft-7kzK-EY.
Probabilmente quindi, in questo gioco delle parti, l’ente ecclesiastico ha inteso procurarsi il massimo beneficio economico da utilizzare ai propri fini assistenzialistico-religiosi, la società immobiliare ha utilizzato i suoi strumenti di persuasione per i propri legittimi interessi, l’Amministrazione non ha voluto o potuto tutelare o acquisire un complesso storico-architettonico, come richiamo turistico di livello europeo, e la Soprintendenza ha concesso l’autorizzazione alla demolizione in quanto, secondo l’articolo apparso nel “Corriere Adriatico”, sarebbe stata compromessa “radicalmente la struttura architettonica originale” e le volumetrie e i rivestimenti interni sarebbero mutati, anche se l’aspetto esterno sembrerebbe sostanzialmente conservato, come si può verificare dal confronto dell’attuale stato, altresì on line su “Google Maps”, con l’immagine qui riproposta antecedente il distruttivo terremoto degli anni Trenta.
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