A Senigallia manca un Piano Regolatore di aree edificabili non soggette a inondazioni
Il Prof. Santoni: "Non si capisce come mai siano stati rilasciati permessi di costruire in zona ad alto rischio come l'ansa del Misa"
Mi è stato segnalato nei giorni scorsi da un conoscente, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, la presenza di un capannone industriale lungo lo Stradone Misa che presenta la particolarità di avere le pareti decorate simpaticamente con disegni di pesci, cavallucci marini, meduse e piante acquatiche, che cercano di sdrammatizzare il grave rischio corso dagli abitanti della zona di perdere la vita durante la recente alluvione del 15-16 settembre 2022.
La persona mi ha pure mandato una foto dell’interno, aggiungendo che sulle pareti è visibilissimo il livello che l’acqua del Misa ha raggiunto all’interno dello stabile, da lui misurata approssimativamente in m 1,50.
Così io il 1° febbraio, approfittando della bella giornata di sole e della mite temperatura, mi sono recato di persona sul posto a misurare il livello sulla parete di fondo del capannone, su cui campeggia la data 15-9-22.
In effetti, l’amico non aveva sbagliato di molto. Il livello dell’acqua di piena fuoriuscita dagli argini lungo lo Stradone Misa è stato di cm 145.
Lungo un fianco del capannone c’è una piccola strada in discesa, via Esino, dove sulla parete esterna del capannone ho potuto misurare l’altezza dell’acqua: cm 172. La via Esino termina in via Adige che presenta un avvallamento di circa 20-30 centimetri o forse più rispetto allo Stradone Misa, per cui non è difficile immaginare che in quel tratto di via Adige il livello dell’acqua sia stato di metri 2 circa o di più.
È da fare presente che si tratta di un quartiere molto popolato e che alcuni residenti della zona hanno affermato di non avere sentito nessun allarme dato dai Vigili urbani passati in macchina poco prima che l’alluvione cominciasse, né di essere stati raggiunti da messaggi inviati sui cellulari dalla Protezione civile. Sicché il rischio corso degli abitanti della zona è stato davvero altissimo. Di sicuro le vecchie sirene per gli allarmi aerei che si usavano durante la 2ª guerra per avvertire la popolazione degli imminenti bombardamenti degli Alleati erano più efficaci dei messaggini diffusi con i telefonini cellulari.
La domanda che sorge spontanea e che mi pongo è questa: come è stato possibile rilasciare licenze edilizie per un intero quartiere edificato all’interno di un’ansa fluviale?
Forse qualcuno degli impiegati dell’Ufficio tecnico comunale ha dimenticato che in passato quell’ansa fluviale aveva un nome ben preciso: “Rivolta”, come si legge in una pianta della città di Senigallia del 1903. Forse gli impiegati dell’Ufficio tecnico comunale e gli assessori all’edilizia che si sono succeduti nel tempo non sanno che costruire all’interno di un’ansa fluviale presenta un altissimo rischio di inondazioni.
È evidente che qualcosa nell’Ufficio Tecnico Comunale non funziona. Non si capisce come mai siano stati rilasciati permessi di costruire in un’area ad alto rischio. Forse all’epoca in cui furono concesse le licenze non c’erano ancora i regolamenti edilizi comunali, non ho indagato ma, se esistevano, sono stati raggirati o si è trovato il modo di raggirarli in seguito. I costruttori trovano il modo di aggirare i regolamenti comunali (soprattutto se non ci sono!!! In questo caso manca un Piano Regolatore delle superfici edificabili non soggette a inondazioni) e ricavano lauti profitti dalle vendite di case.
Non si capisce perché a pagare i danni deve essere lo Stato (cioè tutti noi, ma la solidarietà è giustamente un obbligo civile) anziché gli impresari edili o l’Ufficio tecnico comunale e a rimetterci devono essere coloro che – in buona fede – hanno acquistato case e appartamenti e vedono perse tutte le loro cose … e debbono ringraziare il buon Dio se non ci hanno rimesso la vita!
Ho parlato con un anziano della zona, proprietario di una casa nella parte alta di via Tevere, quasi all’incrocio con via Po sotto l’Ospedale, il quale mi ha assicurato che fino agli anni settanta nell’area dell’ansa fluviale c’erano pochissime costruzioni per lo più disposte lungo lo Stradone Misa e lungo via Po, eppure lo Stradone Misa era rimasto già allagato dalle acque che scendevano dalla zona di via del Camposanto Vecchio durante la seconda alluvione del 1955 (vedi G. Santoni – R. Morici, Misa amaro, parte 2ª, p. 101). Quindi tutto il quartiere è di costruzione recente, sorto dagli anni ‘70 in poi. Non sappiano se sia rimasto allagato dall’alluvione del 1976, perché via Adige e via Tevere forse ancora non esistevano, però lo Stradone Misa rimase allagato nel 1976, come si può leggere nel Resto del Carlino, del 19-08-1976, pag. 4, intitolato “Allagamenti, frane e drammatici salvataggi”.
Nella foto di apertura, ecco come si presentava la zona nel pomeriggio del 17 settembre 2022 in una foto scattata da un drone dal Dr. Paolo Primieri, attuale Direttore dell’Azienda Agraria Mastai Ferretti: quasi completamente sommersa di fango.
E qui finisco, perché mi sembra di avere già scritto troppo sulla irresponsabilità di molti, protrattasi negli anni.
Per quanto esposto chiediamo un vostro intervento incisivo presso l’Amm.ne Regionale e Comunale nel rispettare il protocollo della Protezione civile non applicato nella zona di cui in oggetto come dalle AMMINISTRAZIONI PRECEDENTI di cui oggi subiamo le CONSEGUENZE..
in caso di piena del fiume o forti temporali riversano acqua e fango nella zona abitata. .
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