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Mercati finanziari: occhi puntati su inflazione USA, petrolio ed euro-dollaro

Non solo caro energia. Petrolio e materie prime ago della bilancia? Rafforzamento dollaro non aiuta importazioni

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Investire in borsa

Il dato sull’inflazione, come era facilmente intuibile, è divenuto ormai il driver macroeconomico di riferimento per le Banche Centrali.

Non è un caso se Jerome Powell, numero uno della FED, negli ultimi mesi ha più volte sottolineato che prima di ogni meeting FOMC non sarà più comunicata alcuna anticipazione in merito alle decisioni sui tassi, in quanto il Board è intenzionato a portare avanti un atteggiamento “wait and see”, per valutare di volta in volta a che punto si trova l’Economia statunitense in funzione dei livelli di inflazione e del mercato del lavoro.

E anche se con un po’ di ritardo la BCE si è collocata sulla stessa lunghezza d’onda dell’omologa USA: durante la riunione di Settembre, infatti, Christine Lagarde dopo l’annuncio sull’incremento del costo del denaro -75 bps, un record storico nell’Area Euro- ha informato i media che le comunicazioni continueranno ad essere data-dependent.

 

Inflazione USA: non solo caro energia

Come messo in evidenza anche da GiocareInBorsa, portale di formazione finanziaria, la dinamica inflattiva, oltre a impattare su imprese e consumatori, ormai ricopre un ruolo di primo piano anche sui mercati internazionali.

L’evidenza di tale affermazione è racchiusa nella reazione delle piazze finanziarie sull’uscita del dato dello scorso 13 settembre, relativo all’indice dei prezzi al consumo statunitense. Gli indici azionari e i benchmark obbligazionari fino a quel momento saldamente in territorio positivo, hanno virato rapidamente al ribasso, facendo registrare per il resto della seduta un performance giornaliera così negativa da riassorbire in poche ore il trend-up di un’ottava.

Sebbene in tanti ritengono che l’eccesso di volatilità sia attribuibile alla coincidenza del dato con l’imminenza delle scadenze tecniche di Settembre, è innegabile che l’inflazione USA desti più di qualche preoccupazione.

Difatti, come fanno notare anche molti esperti di mercato, l’aggregato della rilevazione mostra come, oltre che sulla componente oil and food, crescono le tensioni su salari e affitti, di certo non direttamente correlati al caro energia.

 

Inflazione: petrolio e materie prime ago della bilancia?

Naturalmente gli operatori di mercato guardano con grande attenzione all’evoluzione del settore energetico, in quanto una parte del spinta inflattiva è imputabile proprio dall’aumento dei prezzi delle materie prime del comparto.

E se i prezzi del gas si mantengono su livelli piuttosto elevati, le quotazioni del petrolio nel secondo semestre hanno iniziato un lento declino, riportandosi su valori sovrapponibili a quelli antecedenti il conflitto Russia-Ucraina.

Anche se i vari sistemi produttivi hanno avuto almeno una boccata d’ossigeno su questo fronte, la speranza è che le quotazioni dell’oro nero possano attestarsi almeno nell’area neutrale compresa tra 60 e 70 dollari al barile.

 

Il rafforzamento del dollaro non aiuta le importazioni di materie prime

Purtroppo l’Area Euro non è riuscita a beneficiare pienamente della flessione dei prezzi del petrolio poiché, sulla scia di quanto accaduto nell’ultimo anno, i rapporti di forza della coppia euro-dollaro USA sono profondamente cambiati, con un rafforzamento del biglietto verde nei confronti della moneta unica che ha portato alla parità; ed essendo le materie prime quotate in dollari, il minor costo per i nettisti Euro è stato compensato dal cambio. Secondo gli analisti finanziari, fino a quando la FED continuerà a sopravanzare la BCE nell’implementazione di una politica monetaria restrittiva, è molto probabile che il rapporto Eur/Usd non si discosterà troppo dagli attuali valori.

Il termometro degli effetti dell’inflazione sulle varie economie internazionali, a detta di molti, sarà rappresentato dai risultati, relativi al terzo trimestre, rilasciati dalle società quotate. La precedente earning season, infatti, aveva stupito tutti, in primis proprio i management delle aziende che avevano comunicato dati migliori delle stime.

Le proiezioni elaborate in precedenza, ovviamente, erano state rettificate dopo lo scoppio delle ostilità tra Russia e Ucraina e in concomitanza di un rapido deterioramento del quadro macro, ma erano più cupe del dovuto. La prossime trimestrali, quindi, rappresentano un valido banco di prova per capire come gli effetti della contrazione dei consumi e dell’aumento dei costi stanno impattando sulla congiuntura.

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