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“Antonio ha vinto la sua battaglia, ma mai più calvari simili”

Il consigliere regionale senigalliese Mangialardi sul fine vita

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Maurizio Mangialardi

Suicidio assistito, Mangialardi sul via libera per Antonio: “Mai più calvari simili, il consiglio regionale approvi quanto prima la nostra proposta di legge per garantire tempi e modalità certe sull’accesso al fine vita”.


“Antonio ha vinto la sua battaglia. Dopo quasi due anni, grazie anche al forte sostegno dell’Associazione Luca Coscioni, è riuscito a far valere il suo diritto ad accedere al suicidio medicalmente assistito nelle modalità sancite dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale e ora potrà liberamente dare corso alla volontà di porre fine alle sue sofferenze in maniera serena, con il conforto dei propri cari al suo fianco”.
Così il capogruppo regionale del Partito Democratico Maurizio Mangialardi commenta il via libera dato dall’Asur Marche ad Antonio per all’accesso al suicidio mediclamente assistito.
“Nonostante l’esito favorevole del percorso – aggiunge Mangialardi – è davvero difficile non stigmatizzare il comportamento della giunta Acquaroli e del servizio sanitario regionale che, come avvenuto in precedenza nei casi di Federico Carboni e Fabio Ridolfi, hanno ostacolato in ogni modo la volontà di Antonio, nonostante il Comitato etico gli avesse riconosciuto tutti i requisiti previsti dalla suddetta sentenza. Ribadisco ancora una volta che questo crudele accanimento della destra, la quale non esita a giocare con la vita e il dolore dei cittadini, non è più accettabile di fronte a dispositivi di legge che attualmente permettono l’accesso al fine vita per determinate categorie di persone. Per tale motivo auspico che il consiglio regionale discuta e approvi quanto prima la proposta di legge elaborata dall’Associazione Luca Coscioni e presentata dal gruppo assembleare del Partito Democratico per individuare tempi certi nell’iter amministrativo di coloro che chiedono di ricorrere al suicidio medicalmente assistito.

L’obiettivo è garantire l’esigibilità di questo diritto in un lasso di tempo di venti giorni, a fronte dei circa due anni che occorrono oggi, evitando così che le personali convinzioni ideologiche di chi governa la Regione possano rappresentare un freno all’applicazione della legge”.

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