Protesta di Spazio Arvultùra e Potere al Popolo su carovita e conflitto in Ucraina
"Parlare oggi di disarmo vuol dire fermare l'escalation del conflitto e l'economia di guerra"
Giovedì mattina al mercato Spazio Comune Autogestito Arvultura e Potere al Popolo-Senigallia hanno portato la voce di tante e tanti lavoratori, schiacciati dal presente, dal carovita e dalle scuse di un modello di sviluppo in conflitto con la vita.
Prima la pandemia, poi la guerra, chi continua a pagare l’attuale emergenza sociale sono le fasce più vulnerabili della popolazione: operai a tutele decrescenti, operatori sociali, false partite iva, lavoratrici e lavoratori della stagione, autonomi, multiservizi, pensioni al minimo. Giovani e meno giovani che pagano con salari da fame, turni massacranti e stipendi che non arrivano, figurati gli straordinari!
Tante le persone che hanno scelto di prendere parola per raccontare la propria storia e rivendicare salario minimo di almeno 10€ l’ora, diritti sociali, manutenzione e gestione ordinaria del territorio.
Nel pomeriggio installazioni spontanee davanti ai supermercati hanno raccontato le stesse difficoltà e necessità: cassette della frutta vuote e filo spinato, lo scenario che ci attende se continuiamo ad alzare le armi e abbassare i salari.
A FINE STIPENDIO MANCA TROPPO MESE
Dopo decenni di tagli e due anni di Covid-19, il Governo Draghi decide in maniera scellerata di aumentare le spese militari fino al 2% del PIL, anziché investire in scuola, sanità e servizi. E se le lavoratrici e i lavoratori, così come le fasce più vulnerabili della popolazione arrivano sempre più con fatica a fine mese, le conseguenze nella gestione politica di pandemia e guerra non esitano a mostrarsi in termini di carovita e riduzione di servizi pubblici e infrastrutture.
Condanniamo l’intervento militare russo e l’assetto guerrafondaio e muscolare di NATO e USA che insieme all’Unione Europea scelgono deliberatamente la via delle armi e del sacrificio. Il rischio di un’estensione mondiale e nucleare del conflitto continua a essere alle porte, e quando servirebbe mettere il freno a mano all’escalation militare che porta l’umanità sull’orlo del baratro, le nostre classi dirigenti soffiano sul fuoco del conflitto armato.
Il Governo italiano guidato dall’atlantista Draghi fin da subito si è messo l’elmetto, il PD persino la mimetica, allineandosi alla decisione della NATO di portare le spese per armamenti al 2% del PIL. Quando servirebbe aumentare gli investimenti nel progresso sociale e nello sviluppo sostenibile, il Documento di Economia e Finanza ci parla di tagli a sanità e istruzione, già martoriate da decenni di governi neoliberisti e da anni di austerità. Di pari passo, la retorica di guerra ci fa arretrare di decenni, tornando addirittura a parlare di energia fossile mentre manutenzione e gestione ordinaria del territorio escono sempre di più dal dibattito pubblico, allontanando l’attenzione dalla necessaria risposta alla crisi ambientale.
Non a caso, secondo l’ISTAT, i prezzi a marzo 2022 erano più alti del 6,7% rispetto a un anno fa. Gas, luce, benzina, pane, pasta, uova: beni di uso quotidiano trasformati in beni di lusso. Da aprile 2021 ad aprile 2022, ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina, il prezzo del grano è aumentato del 31%, quello del petrolio del 60%, del 500% per il gas e del 100% per i fertilizzanti. E nell’estate ‘più fresca’ dei prossimi anni, si continua a parlare di docce e razionamenti, dando la colpa dell’attuale emergenza idrica al singolo, mentre dalla sorgente al rubinetto il 42% di acqua potabile viene disperso a causa di tubature vecchie e obsolete, mai adeguate al fabbisogno idrico della nostra popolazione. Parallelamente, dal 1990, i salari italiani sono addirittura diminuiti: un bel record il nostro in Europa.
L’invasione russa dell’Ucraina ha messo in evidenza ancora una volta le contraddizioni di un modello di sviluppo che da sempre vede nella guerra lo strumento per superare le proprie crisi (ri)produttive, accelerando però sempre di più la possibilità di un conflitto globale.
Parlare oggi di disarmo vuol dire fermare l’escalation del conflitto e l’economia di guerra che strozza salari e diritti sociali sul fronte interno e contemporaneamente alimenta terrore e devastazioni sul fronte esterno.
Quindi rivendichiamo:
- – fuori l’Italia dalla guerra, fuori l’Italia dalla NATO, fuori la NATO dall’Italia;
- – finanziamenti pubblici per scuola, sanità, sociale, trasporti;
- – gestione pubblica dell’acqua e manutenzione del territorio;
- – salario minimo a 10 € l’ora!
- – redditi e pensioni collegate al costo della vita;
- – redistribuzione della ricchezza e patrimoniale sui grandi redditi.
- Ora più che mai, abbiamo bisogno di svuotare gli arsenali e riempire i granai.
Potere al Popolo – Senigallia
Spazio Comune Autogestito Arvultura
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