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“Angoli di abbandono: a Senigallia gli edifici che costeggiano la vecchia darsena”

Italia Nostra sprona l'Amministrazione: "Si possono valorizzare: non si sprechi l'ennesima occasione per un'operazione di qualità"

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Veduta della antica darsena di Senigallia inizi '900

Ogni città ha i suoi angoli marginali di abbandono, dove edifici in rovina testimoniano un passato più fortunato e decoroso. Possono essere rovine mai sanate di eventi bellici, edifici industriali abbandonati, case non più abitate.

Al momento a Senigallia una situazione di questo tipo è rappresentata dagli edifici che costeggiano la vecchia darsena, abbandonati dopo la chiusura dell’Italcementi. Si tratta di edifici abitativi costruiti fra fine ‘800 e inizi ‘900, alcuni da privati, altri dai proprietari del cementificio per destinarli all’alloggio di maestranze ed impiegati. Inizialmente ancora a inizi ‘900 costeggiavano un ampio spazio vuoto destinato al ricovero e alla riparazione delle imbarcazioni (lo squero); poi davanti venne costruita la prima darsena, tuttora esistente, sebbene modificata, per le barche da pesca.

Veduta dell'approdo di Senigallia per le imbarcazioni fra '800 e '900La presenza di questi edifici in perfetto stile novecentesco, nonostante la presenza dell’ex albergo La Vela, pregevole in sé ma certamente decontestualizzato, conserva allo spazio circostante il suo sapore di antico approdo di mare e ne fa l’ultima testimonianza del porto storico. Perché allora trasformarli e non piuttosto restaurarli e valorizzarli anche a fini turistici per quello che rappresentano? Certo la cubatura attuale può essere non remunerativa a fini residenziali. Ma il valore, anche commerciale, di certi edifici e spazi storici non si misura a metri cubi.

Per gli interventi di demolizione/ricostruzione e trasformazione, come in questo caso, si usa sempre la parola “riqualificazione”, parola magica che dovrebbe significare miglioramento, ma che in sostanza serve solo ad abbellisce una operazione di edilizia speculativa, anche se mirata al legittimo profitto. Ma poi in sostanza il miglioramento architettonico ed estetico difficilmente viene raggiunto; basti pensare al brutto casermone costruito sul bastione di via Rodi, l’ultima testimonianza del sistema di fortificazione roveresco, che si poteva destinare va funzioni ben più nobili e qualificanti. Anche in quel caso venne usata in più occasioni da tecnici e amministratori (testimonianza personale) la parola magica riqualificazione! Che doveva giustificare tutto. Di quale riqualificazione si tratti è sotto gli occhi di tutti

Ma riqualificare può anche significare conservare e restaurare per valorizzare le potenzialità, in questo caso di quello che resta dell’antico porto cittadino, conservandone l’architettura di contesto per destinarla a funzioni connesse con la valorizzazione dell’offerta turistica e commerciale.

E’ questo che auspichiamo e sobriamente invitiamo a fare l’Amministrazione Comunale, evitando di sprecare l’ennesima occasione per un’operazione di qualità. C’è sempre tempo per le scelte sagge e coraggiose.

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