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Lettera aperta all’assessora alle pari opportunità del Comune di Senigallia, Cinzia Petetta

L'Associazione Dalla Parte delle Donne intervenire sulle sue affermazioni postate sulla sua pagina facebook in merito alla giornata dell'uomo

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Marinelli Sisto - Restauri, protezione e colore in edilizia
donne, violenza sulle donne, femminicidio

Gentile assessora,
ci sembra opportuno intervenire sulle sue affermazioni postate sulla sua pagina facebook relative al commento nel quale sostiene che la Giornata Internazionale dell’ Uomo, che cade il 19 Novembre, debba avere la stessa visibilità e lo stesso riconoscimento attribuiti alla Festa della donna, celebrata l’8 marzo, questo perché anche gli uomini subiscono violenze e sono oggetto di omicidi e suicidi.


La questione ad una lettura superficiale sembrerebbe di poco conto, in realtà nasconde in modo insidioso stereotipi, pregiudizi e misconoscenze, cioè tutte quelle conoscenze errate, parziali, superficiali e generiche che abbiamo sulla realtà, che condizionano fortemente il nostro pensiero e allontanano da una visione corretta delle cose.

Perciò ci sembra opportuno e necessario fare chiarezza e lo faremo affrontando punto per punto. Punto primo: è sbagliato paragonare l’ 8 marzo, Giornata Internazionale delle Donne, istituita dall’ONU nel 1975, con la Giornata mondiale dell’Uomo, che non ha alcun tipo di riconoscimento ufficiale, mettendo così sullo stesso piano, cioè in una posizione di parità due eventi che hanno una rilevanza e un peso storico davvero molto distante. Inoltre chiamare “festa”, la ricorrenza
dell’8 marzo, significa accettare la traduzione che la società consumistica ne ha voluto dare e che molto spesso si esprime in modi e atteggiamenti che ne fanno invece il palcoscenico dei più macroscopici stereotipi sessisti.

Essa è invece la Giornata dedicata sia a fare tesoro di tutto il percorso che le donne hanno fatto nel corso dei secoli per conquistare diritti, spazi propri, libertà e
autodeterminazione nei confronti di un universo maschile che da sempre ha imposto loro uno status di subalternità e dipendenza materiale, politica e sociale, costrette molto spesso a subire diversificate forme di violenza, sia a fare luce sulle criticità attuali e sui ritardi gravi e pesanti della società presente nell’attuare quella parità sostanziale che ancora non viene di fatto praticata.

Punto secondo: è errata l’interpretazione che si dà al concetto di parità: espressione ambigua che, se non ben interpretata, rischia di oscurare le reali disuguaglianze. In nome della parità mettiamo tutto sullo stesso piano e non teniamo in nessun conto l’aspetto fondamentale delle condizioni di partenza. Non si può parlare di parità se ci sono soggetti che partono da una condizione già di sostanziale svantaggio: le donne in tutto il mondo, e l’Italia non fa eccezione, vivono in condizioni
sociali, culturali, economiche di forte svantaggio e marginalità (ci sono moltissime ricerche e dati ufficiali sul gap di genere, per tutti si veda il documento Gender Equality Index del 2020 che l’Istituto Europeo per la parità di genere- EIGE- redige ogni anno). Il concetto di parità, se malamente inteso, rischia solo di aumentare le disuguaglianze e quindi di alimentare discriminazioni e violenze. Si dovrebbe invece considerare e lavorare per l’equità, concetto diverso che tiene in considerazione tutte le differenze e lavora per ridurre gli svantaggi di partenza e creare opportunità per ogni soggetto di esprimersi e realizzare il proprio progetto di vita.

Punto terzo, forse il più difficile da riconoscere: l’origine della violenza. Mettere sullo stesso piano le violenze contro le donne e quelle che subiscono gli uomini significa misconoscere e non vedere la fonte dell’agito violento e fare una doppia violazione a tutte le donne che quelle violenze subiscono quotidianamente in famiglia, per strada, nei posti di lavoro, nei luoghi pubblici,  aggressioni e sfruttamenti sessuali e l’elenco potrebbe continuare. Che piaccia o no è un
gravissimo errore non considerare che la violenza ha una radice nell’universo maschile, gli autori che agiscono violenza sulle donne sono uomini e sono per la stragrande maggioranza uomini quelli che ammazzano gli altri uomini, prova ne è che nei penitenziari la percentuale di detenuti per omicidio soverchia in modo preponderante quella delle detenute per lo stesso reato.

Inoltre guerre, violenze, predazioni di terre e corpi nella storia e nel mondo sono state decise, pianificate agite e perpetrate esclusivamente da maschi, prevalentemente bianchi e occidentali. Le donne, essendo sempre state estromesse dai luoghi decisionali, hanno solo dovuto subire, assieme ad altri popoli e minoranze considerati inferiori gli abusi sui propri corpi e sulle proprie terre: è il motivo per cui il razzismo e il sessismo sono due facce della stessa medaglia che rispondono ad un’unica logica di potere.

Punto quarto: è sbagliato mettere sullo stesso piano la violenza subita dalle donne con quella subita dagli uomini, perché significa non riconoscere che esiste una forma specifica di violenza che è quella basata sul genere. Un uomo non subisce violenza o viene ammazzato in quanto appartenente al genere maschile, una donna sì. E’ il motivo per cui è stato coniato il sostantivo “femminicidio” e il concetto di “violenza di genere”. Le donne vengono fatte oggetto di violenze e uccise dalla mano di uomini, per la maggior parte mariti, ex, compagni, amici respinti, padri e fratelli, in quanto donne, a cui l’uomo non riconosce il diritto di scegliere per la propria vita e su cui deve esercitare e ripristinare il suo potere, qualora venga messo in discussione dalla libera scelta della donna.

Punto quinto: nel sottolineare l’aumento del tasso di suicidi di uomini in questi ultimi anni, se ne dà una lettura pericolosamente fuorviante che non corrisponde alla realtà sociale che stiamo vivendo. Se è vero che molti suicidi si sono verificati a causa della crisi economica e della perdita del lavoro, molti altri se ne sono verificati dopo lo sterminio di mogli, figlie e figli, un fenomeno questo recente e tutto ancora da analizzare. Inoltre riconducendo alle separazioni le cause dei problemi economici, di solitudine e isolamento che hanno portato alcuni uomini al suicidio, si rischia di cadere di nuovo nel luogo comune che attribuisce alle donne la totale responsabilità della condizione di disagio, di precarietà e di sofferenza degli uomini, messaggio che purtroppo viene fornito dal linguaggio giornalistico ogni volta che accadono fatti di cronaca, in cui la violenza perpetrata dall’uomo finisce sempre per essere in qualche modo giustificata dalle sue presunte condizioni di instabilità emotiva causate dalle scelte fatte dalle donne. Sarebbe più opportuno, invece, chiedersi la natura di questa fragilità maschile, occultata, mascherata e non riconosciuta, ma che non è altro che l’altra faccia della violenza e del bisogno di esercitare con essa il potere su un altro soggetto.

Allora noi ci auspichiamo che la prossima ricorrenza della Giornata dell’Uomo, se proprio la si volesse celebrare, sia un’occasione di autoriflessione e analisi critica a partire da sé, riconoscendo quanto la costruzione dell’identità maschile sia improntata ad un modello stereotipato di virilità basato ancora sulla forza fisica, sull’aggressività, sulla competizione, su una sessualità predatoria e sul dominio. E’ necessario che si creino modelli di maschilità plurali e differenti, liberati degli stessi stereotipi culturali e sociali che condizionano le donne e tutte le soggettività non conformi alle norme sessualmente accettate e che non sono altro che gabbie di genere che impediscono ogni individuo di essere ciò che è.

Ci auspichiamo inoltre che nel nostro Comune si attivino politiche di genere che promuovano azioni per il contrasto alla violenza sulle donne, che agiscano in modo da incidere sull’eliminazione di disuguaglianze e discriminazioni sulle donne e su tutti i soggetti esposti a maggior fragilità ed emarginazione, che favoriscano e diffondano la cultura di genere nelle scuole e in tutti i luoghi educativi: questo davvero andrebbe a vantaggio di tutta la cittadinanza, senza distinzione di
genere!

Le operatrici
dell’Associazione Dalla Parte delle Donne
Centro di ascolto antiviolenza di Senigallia

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Martedì 24 novembre, 2020 
alle ore 15:18
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