“Una città sicura, riflessioni sulla sicurezza”
Da Diritti al Futuro
Parlare di “sicurezza” è parlare di un tema molto complesso e non banale. Se ci riferiamo alla sicurezza urbana, ad esempio, affrontiamo il tema della qualità dell’ambiente in cui viviamo.
Ma all’interno del concetto di ambiente non esiste solo la cura di quello naturale. Vi sono altri, e non meno importanti elementi che entrano in gioco. Dalla prevenzione della criminalità, che di per sé merita un capitolo intero, tanto è sfaccettata, alla sicurezza sociale, al benessere individuale e diffuso, ad una mobilità ben organizzata, alle strade illuminate, ad un modo di costruire gli spazi che offra trasparenza e possibilità di guardare oltre la siepe. Ma anche quello che gli anglosassoni esprimono con il termine “welfare” rientra nel tema della sicurezza. Il benessere è un polo della sicurezza, perché chi soffre, chi non ha di che vivere sarà sempre un vulnus per la comunità in cui è inserito, anche se si trova ai margini. Insomma, la sicurezza non va limitata alle azioni di repressione dei reati, né va confusa con le azioni razziste volte ad istigare le folle alla cacciata dell’immigrato. E’ un tema molto più complesso e che non può essere trattato con risposte semplicistiche, come qualcuno sta facendo da qualche tempo.
Ecco perché, almeno secondo noi, occorre integrare sempre di più le politiche della sicurezza con quelle politiche di settore che in parte le integrano e le intersecano. Le politiche educative in primis: occorre iniziare dalla scuola ad educare, si pensi ai reati contro le donne ad esempio. Ma anche la riqualificazione del territorio, la trasformazione urbana, per esempio, creando spazi collettivi all’interno dei quali gestire i conflitti tra le diversità sociali, sono paradigmi su cui agire. In questo caso entra in gioco anche il discorso della immigrazione, vissuto da alcuni come un dramma, percepito come una minaccia da altri, grazie anche alla strumentalizzazione di media che fanno il gioco di certa parte politica. Tuttavia siamo convinti che, se ben gestiti, i flussi immigratori possono essere una forma di arricchimento culturale per tutti. Ovviamente il principio di uguaglianza di fronte alla legge senza distinzione alcuna deve essere sancito nella forma e praticato nella sostanza. E qui entra in ballo un mondo composto da magistratura, forze dell’ordine, ma soprattutto dalla politica.
Solo la politica infatti può dettare le condizioni affinchè si possa costruire un mondo all’interno del quale il concetto di sicurezza possa raggiungere il significato più elevato. Non serve installare una videocamera ad ogni angolo, (anche se – con le giuste risorse – può essere utile per il perseguimento di particolari tipologie di reati). E d’altronde non si possono neanche far sostare pattuglie di agenti ad ogni incrocio (anche se pensiamo che sia sempre auspicabile una coordinata collaborazione tra le polizie di ogni livello).
Partendo perciò dal presupposto che la sicurezza è un diritto primario del cittadino e che il livello di qualità della vita, nel contesto urbano, ne influenza sia la percezione che l’efficacia delle azioni a garanzia della civile convivenza, appare pertanto necessario mettere in campo tutte quelle azioni capaci di promuovere la pacifica vivibilità del territorio e la fruibilità collettiva degli spazi e dei servizi.
Per mettere in campo queste azioni crediamo che il cardine principale possa ritrovarsi nella collaborazione tra più soggetti istituzionali e associativi e in un rinnovato protagonismo attivo della comunità locale. Chi meglio dei residenti può essere in grado infatti di essere protagonista di politiche sociali di inclusione e di politiche integrate per la sicurezza degli spazi e delle persone?
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