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Il ricordo dei lavori di aratura dei terreni

Viaggio nel passato grazie a Marco Giardini

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buoi

Un tempo, dopo la mietitura, il periodo di riposo del terreno e lo spandimento del letame organico e le prime piogge di fine estate, iniziavano i lavori di aratura del terreno.

Oggi siamo avvezzi a vedere moderni trattori, ma anche qualche vecchio cingolato (non privo del suo antico fascino), arare subito dopo la trebbiatura.

Questo breve spazio però lo vorrei spendere per ricordare l’uomo ed i buoi da lavoro, che di storia ne vantano tanta, qualche millennio, ovvero da quando l’uomo ha iniziato ad allevare ed addomesticare alcuni animali.

Fino a poco più di mezzo secolo fa erano i buoi (in certe località anche muli e cavalli) ad arare i terreni agricoli ancora ricchi di humus, erano loro che trainavano i carri abbondantemente carichi di covoni, sacchi di grano o di farina, cumoli di fieno, legna, botti d’acqua, persone per cerimonie tipo matrimoni. In pratica tutto ciò che oggi è svolto da trattori, camion e autovetture.

Oggi certi buoi si possono vedere soltanto in fotografia oppure nei documentari girati in paesi poveri o durante la prima guerra mondiale.

Gli occhi stanchi dei buoi, dopo la lunga giornata lavorativa, erano così espressivi che non potevano passare inosservati. I buoi a volte subivano delle frustate, sicuramente non meritate, ma in genere il rapporto tra l’uomo e l’animale è sempre stato molto buono, in simbiosi si direbbe, bastava un lieve cenno alle corde (briglie), oppure una voce che pronunciasse qualche parola in codice come “léé” per fermarsi, “biò”, “faurì” o “galantì” per trovare un’intesa e capire ciò che il contadino desiderava: invertire la marcia, tenere una certa direzione, seguire il solco, fermarsi o ripartire.

Dopo la lunga giornata e il duro lavoro l’animale era stanco morto quanto il contadino, entrambi si guardavano e scoprivano che gli occhi dell’altro erano lacrimosi e i volti stanchi.

Non mancava in certe occasioni una lacrima vera da parte dell’uomo …e forse anche dell’animale.

Marco Giardini
Pubblicato Martedì 28 luglio, 2020 
alle ore 13:31
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