Verso il 2 Giugno nell’anno del Covid-19. Una riflessione della Scuola di Pace su donne, diritti, ambiente
"Relazione tra oppressione delle donne e dominio della natura. Connivenza tra ordine patriarcale androcentrico e capitalismo"
Negli ultimi tre anni la Festa della Repubblica ha rappresentato per la nostra città un momento in cui la comunità si è riunita intorno a valori fondamentali in cui si riconosce. Anche se quest’anno non potremo farlo in presenza al Parco della Pace, vogliamo aprire una riflessione in ambito cittadino su temi che riteniamo fondamentali.
Donne, diritti, ambiente
Cosa hanno a che fare queste tre parole insieme? Cosa ci dicono nel contesto epocale e globale di ciò che stiamo vivendo con questa pandemia?
Ci dicono ciò che le donne, analizzando la storia della condizione femminile nel mondo, hanno ben osservato ed evidenziato ormai da decenni, e cioè che c’è una relazione tra l’oppressione delle donne e il dominio della natura, c’è un intreccio tra i sistemi di dominio di genere, di razza, di classe, di specie, c’è una connivenza tra l’ordine patriarcale androcentrico che ha governato e governa il mondo e il sistema capitalistico che ha ridotto il rapporto con l’ “alterità” a mero sfruttamento di risorse utili al proprio sostentamento.
Sono le donne che per prime hanno denunciato la stortura di queste logiche e che in prima linea in tutto il mondo attraverso pratiche di resistenza nonviolenta hanno da sempre lottato e difeso l’ambiente nella sua biodiversità e tutte le forme di vita nelle loro differenti manifestazioni contro la violenza del colonialismo, della globalizzazione e delle “monoculture della mente”, per usare la felice espressione dell’attivista e teorica dell’ecologia sociale, Vadana Shiva.
L’esperienza di questa pandemia, senza dubbio, ha avuto il merito di aver rovesciato i parametri con cui abbiamo ragionato finora: una struttura valoriale che si è capovolta ed è crollata inesorabilmente come un castello di carte, proprio di fronte alla dimensione della necessità, che ha invece posto e imposto come elemento emergente tutto ciò che era stato oscurato, svalutato e negato: il corpo, innanzi tutto, che ci riporta alla nostra dimensione di “natura”, nelle sue molteplici necessità: della salute, del diritto ad essa e all’accesso alle cure; della vulnerabilità, come dimensione ontologica degli esseri umani proprio in quanto costituiti da un corpo-materia; della dipendenza di esso dalla dimensione della cura e della relazione.
Da ciò ne è conseguita l’emersione di tutte quelle professioni e pratiche formali e informali che sono strettamente legate e/o deputate alle funzioni di cura e che sono venute alla ribalta in questi mesi e che fanno parte di tutto quel mondo che da sempre lavora in silenzio, svalutato e svilito a livello sociale e a livello economico, ma che impiega un esercito di persone, donne, in grandissima parte, nella sanità, nei servizi sociali, nella cura degli anziani, della casa, dei figli, colf, badanti e…madri: processo di produzione e ri-produzione della vita, un vero e proprio lavoro, di cui le donne si fanno carico da sempre e da sempre scarsamente riconosciuto.
Dall’esperienza della reclusione forzata all’interno dell’ambito domestico delle nostre famiglie, è emerso, inoltre, con dolorosa evidenza, ciò che già sapevamo ma che facciamo fatica a vedere, perché scomodo e contrastante con una certa tradizione familistica, tipica della nostra cultura italiana, che idealizza la famiglia come luogo protetto e sicuro, ma che invece ha mostrato essere troppo spesso lo scenario di violenze contro le donne e di violenza subita e assistita da parte di molte bambine e bambini (i centri antiviolenza hanno registrato un’impennata consistente delle chiamate ai loro numeri nella fase di lockdown e sono undici le donne uccise per mano di mariti o ex-compagni durante la quarantena).
Un’altra evidenza è emersa dalla necessità dettata da questa pandemia: quella dell’istruzione e della formazione e del diritto all’accesso senza distinzioni per tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze. La scuola, nel momento in cui è stata chiusa, sospesa, interrotta ha evidenziato con forza il suo valore come luogo nel quale prioritariamente si costruiscono relazioni. L’esperienza di una didattica surrogata e a distanza, ha messo in risalto come il processo di insegnamento-apprendimento, perché sia efficace e lasci un segno, non può che passare attraverso la dimensione dei corpi in relazione e la co-costruzione dei saperi in un continuo dialogo tra docenti e alunne e alunni e tra pari. Consideriamo il fatto che anche in questo settore, soprattutto nei gradi primari dell’istruzione, la presenza femminile arriva anche al 90 per cento rispetto agli uomini.
La festa del 2 Giugno, allora, ci riporta concretamente alla nostra Carta Costituzionale che fonda la nostra Repubblica, dalla quale vogliamo ripartire, non per un ritorno alla normalità, se quella normalità è la vera causa di tutti gli squilibri (ambientali, sociali, economici, politici) prodotti nel nostro Pianeta dalla logica tutta maschile del profitto economico, della dominazione e della violenza sulle donne e sugli altri popoli, delle guerre, della predazione della natura, ma dal rispetto e dal compimento dell’ art. 3 della nostra Costituzione: Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori (e le lavoratrici) all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Non è un caso che questo articolo, come gli altri che compongono la prima parte della Carta Costituzionale, quella dei principi fondativi della nostra Repubblica, è stata voluto ed elaborato proprio dalla donne, dalle 21 Madri Costituenti che hanno formato assieme agli uomini l’Assemblea Costituente.
Che questo 2 giugno 2020 sia l’inizio di una fase nuova della nostra Repubblica, che veda le donne protagoniste, assieme agli uomini, di un cambio di rotta verso la costruzione di un mondo dove ci sia giustizia, uguaglianza, pace e libertà per tutte e tutti.
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