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PaP Senigallia: “Il candidato sindaco Volpini come lo smemorato di Collegno?”

La risposta alla perplessità del Presidente della Commissione Regionale Sanità al Fiera-Hospital di Civitanova Marche

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Fabrizio Volpini

Apprendiamo da un’intervista sulla stampa online che il presidente della Commissione Regionale Sanità, Fabrizio Volpini, candidato Sindaco per il centrosinistra alle prossime elezioni amministrative di Senigallia, nutre delle perplessità riguardo l’allestimento, in un padiglione del Centro Fiere di Civitanova Marche, della struttura Covid da circa 100 posti letto [diventati poi 84] di terapia intensiva e sub-intensiva.

Siamo contenti, nonostante i dubbi del presidente Volpini arrivino con notevole ritardo, dato che la delibera in merito viene firmata il 3 aprile e la Commissione Sanità viene convocata per “discuterne” solo venti giorno dopo.

Poco male, si dirà, meglio tardi che mai.

L’idea del Progetto 100, scopiazzato dalla Regione Lombardia e sponsorizzato con gli stessi slogan propagandistici dalla Regione Marche, è stato, infatti, già solennemente bocciato un po’ da tutti: dai medici ospedalieri ai medici di rianimazione, dall’Unione Sindacale di Base Marche come dai diversi comitati cittadini e solo ora, da buon ultimo, arrivano le perplessità del presidente della IV Commissione Sanità. In pratica a sostenere questa ennesima grande opera inutile pare sia rimasto solo l’attuale sindaco PD di Senigallia Mangialardi, prossimo candidato alla presidenza della Regione, il quale ha sostenuto profusamente l’importanza del Fiera-Hospital per la gestione dell’emergenza sanitaria marchigiana (Vivere Senigallia: 18 aprile 2020), insieme agli altrettanto soli Ceriscioli, Bertolaso e ormai pochissimi altri.

Tuttavia, quello che ci lascia allibiti sono le motivazioni addotte da Volpini.

Nell’intervista non vengono, infatti, messe minimamente in discussione né l’anomala procedura del finanziamento, né la forzata scelta logistica, né gli obiettivi di natura strategica, intrecciati a stretto filo con le solite scelte privatistiche di parte, né, tanto meno, si pretende un chiarimento rispetto all’utilizzo finale della struttura nella fase post-pandemia che, speriamo, ci aspetta (critiche, queste, che, a nostro avviso, avrebbero avuto una loro logica e un loro fondamento, nonostante il ritardo); bensì si accenna semplicemente al fatto che “ad inizio aprile eravamo nel pieno della fase acuta […] e quella struttura aveva un senso” che oggi non ha più (ndr).

Sorge spontanea, quindi, la domanda: veramente il presidente della Commissione Sanità alla Regione Marche pensa che sia solo una questione di tempi tecnici e andamenti della curva epidemica? Oltre alle evidenti difficoltà di reperire personale formato e strutture elettromedicali adeguate – ovviamente – cosa, questa, che però viene comunque messa in secondo piano rispetto al problema tempo.

Non possiamo allora non chiederci – se l’esempio da seguire è quello emiliano, come ribadito da Volpini – perché allora non proporre chiaramente ciò che comitati cittadini, sanitari ed esperti del settore indicano da tempo e che permetterebbe di garantire non solo un’adeguata risposta all’emergenza ma anche e soprattutto alla crisi sanitaria che la nostra Regione sta affrontando da anni? Ci riferiamo alla quanto mai attuale necessità di riaprire ospedali pubblici chiusi ma perfettamente operativi così come di riattivare i tanti reparti del nostro territorio ridimensionati. Forse, potremmo risponderci, perché scegliere questa strada implicherebbe sconfessare gli anni di politiche al ribasso che hanno distrutto il nostro sistema sanitario regionale, riducendo drasticamente i finanziamenti, bloccando le assunzioni, limitando significativamente l’accesso alle cure e le nostre possibilità di contenimento del contagio, smantellando, di fatto, la sanità pubblica a vantaggio dei privati.

A nostro parere, questa pandemia sta facendo emergere in tutta la sua gravità una situazione regionale falcidiata da almeno 15 anni di politiche di tagli ai servizi territoriali e socio-sanitari, ai posti letto, di riduzione del personale, di riorganizzazione efficiente ma non efficace della rete ospedaliera (secondo la formula, quanto mai infelice, se non supportata da una concreta assistenza territoriale di supporto, dell’ospedale unico). Scelte, queste, che rappresentano il terminale operativo di politiche nazionali di definanziamento e aziendalizzazione, diretta conseguenza delle politiche di austerità imposte dall’Unione Europea e dalle logiche della finanza speculativa che ne governano l’impianto, purtroppo, condivise e sostenute dalla nostra classe politica di centrodestra, come di centrosinistra.

Ma non solo. Sta mostrando, come in occasione di altri disastri naturali, il volto vacuo di una gestione dell’emergenza fatta di spot propagandistici e slogan elettorali: dal Covid-Hospital di Civitanova all’accordo tra Regione e Ospedalità Privata (Aiop), comunicato il 14 marzo 2020, per i 455 posti letto NO-COVID19. Di questo accordo, come dei suoi eventuali e mai dimostrati effetti pratici, non abbiamo più avuto traccia, nonostante il recente stanziamento da parte della Regione Marche di ulteriori 2 milioni di euro (DGR 360 del 18-03-2020) per la sua attuazione, a conferma del sistematico spostamento di risorse pubbliche verso la sanità privata.

Come Potere al Popolo, crediamo che il problema non sia semplicemente Ceriscioli, ma riteniamo che le responsabilità siano di un partito, il PD, e di una classe politica che da sempre governa questa regione, e che, da almeno quindici anni, escluse brevi parentesi, governa il paese. Di un partito che si è fatto sistema, mettendosi a completa disposizione di quelle che sono le indicazioni e gli interessi diretti delle istituzioni della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea. Parliamo di quello stesso partito che mentre sosteneva e metteva in pratica il massacro sociale che ha distrutto i settori strategici della nostra economia, costringendoci a precariato e disoccupazione, continuava a ripetere il mantra liberista e disimpegnato del “Ce lo chiede l’Europa”.

Come diceva il conduttore “la domanda sorge spontanea”: quando il Partito Democratico e il centrosinistra modificavano il titolo V in Costituzione nel 1999 delegando la sanità alle regioni, o quando, ancora prima, nel 1992, trasformava la sanità in aziende con criteri privatistici, quando si approvava il decreto Balduzzi, o si pianificavano i tagli ai posti letto… il signor Volpini dov’era? O ancora, dov’era il Presidente della Commissione Sanità quando si bloccava il turn-over del personale, quando si chiudevano i servizi territoriali e si ridimensionavano i servizi socio-sanitari, quando si appaltava ai privati e si chiudevano gli ospedali in Regione? Probabilmente, era troppo occupato a sostenere l’applicazione solerte dell’austerity montiana, responsabile, a partire dal 2011, del taglio draconiano al Servizio Sanitario Nazionale di ben 37 miliardi di euro, per rendersene conto.

Non meravigliamoci pertanto delle drammatiche condizioni in cui versa il nostro Sistema Sanitario, oggi, ma soprattutto, non nascondiamoci più dietro alle solite diatribe interne di partito in pre-campagna elettorale, per puntare gli occhi al dito invece che alla luna.

Il dramma di un Sistema Sanitario pubblico devastato e ridotto a merce dalla classe politica di cui lo stesso Partito Democratico è stato ed è tuttora un perno essenziale è sotto gli occhi tutti; il coronavirus ne è stato solo un doloroso detonatore.

da Potere al Popolo

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