“La sanità va ripensata e riorganizzata”
Riflessioni post coronavirus di Senigallia Bene Comune
È sconcertante vedere quello che sta succedendo con il coronavirus nelle Marche, in Lombardia e in generale nell’Italia. Nessuno se lo aspettava: pensavamo che essere “benestanti e sviluppati” ci poteva tenere al sicuro dalle epidemie e che queste si potevano sviluppare solo nei Paesi poveri…
Un’altra cosa che colpisce sono le affermazioni di alcuni “Deus Medicinae” che ritengono d’eccellenza il nostro sistema sanitario e invece questo sistema è stato rapidamente sopraffatto, o di altri “Deus Medicinae” che vogliono zittire chi dissente su alcune loro idee senza instaurarvi un benché minimo dialogo scientifico.
La globalizzazione funziona per tutto e per tutti includendo anche i virus: nessuno sulla faccia del pianeta oggi può pertanto considerarsi un’isola a se stante: può considerarsi al sicuro.
Il pianeta, la natura hanno dei limiti per potersi rinnovare e li abbiamo oltrepassati già da molti anni. Il prezzo che dovremo pagare sarà altissimo sia per noi ma soprattutto per i nostri figli e nipoti ed è per questo che occorre velocissimamente ripensare a programmare i piani sanitari nazionali, ma soprattutto quelli economici, tenendo presente per prima cosa la natura, il pianeta e cosa dobbiamo smettere di fare perché continui a poterci ospitare.
Nessuno di voi ha mai pensato che forse il sistema sanitario italiano non è cosi eccellente come tutti amano ripetere istigandoci così a pensarlo?
Abbiamo si medici e sanitari molto bravi e centri di eccellenza invidiabili, ma da anni la situazione non è più così lusinghiera; anzi è divenuta molto molto preoccupante.
La realtà è che il sistema sanitario italiano e soprattutto quello marchigiano è allo stremo, tira avanti solo per l’impegno sovrumano di alcuni medici, infermieri, tecnici ed OSS e quelli di Senigallia portano alta la bandiera sanitaria regionale.
Ma anche i cittadini senigalliesi sono in prima linea perché i non malati di coronavirus hanno visto sparire i servizi sanitari di cui prima usufruivano.
Abbiamo una gestione avulsa dalla realtà e dalle esigenze dei cittadini, ostaggio di giochi politici e di potere. Una classe medica divisa, con una parte che gode di vantaggi poco giustificabili e un’altra ostaggio di una medicina dettata dalla paura delle denunce e non dal bene del paziente. Realtà ospedaliere sovraccariche e servizi territoriali insufficienti (pensate ai Centri Psichiatrici, ai servizi per anziani, alle case di Riposo…).
Tutti insieme verso il disastro, disastro che oggi sembra essere arrivato con il coronavirus, ma il prossimo anno o i prossimi anni il disastro sarà un altro virus, un batterio o solo Dio sa che altro. Quindi evitiamo di essere sorpresi per ciò che accade ed evitiamo di essere riconoscenti ai nostri “salvatori politici attuali”.
Le premesse per questa catastrofe c’erano tutte negli oltre vent’anni che abbiamo vissuto, ma nessuno le ha volute vedere e i politici ci hanno sempre suonato la menata dell’eccellenza sanitaria marchigiana e italiana.
Siamo tanto al top che i sanitari dell’ospedale di Senigallia si sono ammazzati di lavoro prima, continuano a farlo ora e lo faranno in futuro, ma non ce la faranno mai: Covid-19 non è un problema clinico, è un problema di salute pubblica, di organizzazione dei servizi, di uso razionale delle risorse.
Abbiamo tante risorse, ma non infinite: per questo è ora che gridiamo ai quattro venti che: i famosi ‘tagli’ alla sanità siano fatti con razionalità e giustizia, non in base a chi urla di più o a chi ha più potere imprenditoriale e per questo pretende.
Il coronavirus ha dato uno scossone: servirà?
La sanità va ripensata.
Servono veri esperti di salute pubblica: era chiaro, dopo solo una settimana dal “caso 1”, che il virus era in giro da un po’ di tempo. Spuntavano infatti casi di anziani ovunque, come se tutti i nostri anziani fossero passati tutti per Codogno in provincia di Lodi.
Era chiaro da subito che serviva unità sul territorio perché i medici di base non erano né preparati né equipaggiati e infatti si sono ammalati e hanno diffuso il contagio.
Le risorse sono state concentrate sugli ospedali, (neanche vero perché ancora non si è visto nulla in concreto) mentre la vera battaglia è sul territorio, territorio che è stato lasciato a sé stesso.
Possiamo leggere post e discussioni di medici italiani e il livello di confusione tra le varie visioni su protocolli e approcci farmacologici è semplicemente pazzesco.
Il 20 marzo una circolare del Ministero della Salute nega il ruolo degli asintomatici nella diffusione del coronavirus… alla faccia dell’evidenza!
La sanità sul territorio va riorganizzata. Il medico singolo, indipendente e autonomo, non funziona più: la medicina è troppo complessa e ampia. Ospedale e territorio vanno integrati, la medicina di famiglia deve diventare il punto di riferimento, con l’ospedale come livello secondario di cura. Servono strutture sul territorio che gestiscano servizi di base, ambulatori, piccole urgenze, prevenzione, con medici di famiglia in équipe, supportati da specialisti a patto che i medici di famiglia mantengano la responsabilità primaria delle cure decise.
Infine, serve che tutti si rendano conto che se vogliamo servizi decenti per tutti, in proporzione ai bisogni e senza drenare le casse del servizio sanitario (a spese dei più deboli, incluse le future generazioni, ricordiamocelo bene), dobbiamo tutti fare un passo indietro e rinunciare a qualcosa che è superfluo ma che egoisticamente riteniamo importante, necessario e indispensabile.
Dobbiamo accettare che ci sono dei limiti a quello che si può pretendere e ottenere dai servizi sanitari: questo non vuol dire farne meno ma farli meglio, secondi i reali bisogni e non per “ottusa volontà politica”, come avvenuto negl’ultimi 20-30 anni.
Un grazie di cuore a tutti gli operatori sanitari del nostro ospedale e del territorio; da parte nostra assumiamo l’impegno che non ci dimenticheremo della “riorganizzazione” e di ciò che l’ospedale e voi avete bisogno per poterci assisterci nel modo migliore, senza stressarvi e mettervi in pericolo per svolgere il vostro lavoro e aiutare tutti noi cittadini.
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