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Banca Marche: “Per l’ex Sacelit erogati 107 milioni di euro senza alcuna garanzia”

Canafoglia: "Come poteva sapere la banca che il Comune avrebbe cambiato la destinazione urbanistica di quell’area?"

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Banca Marche

Il 17 febbraio si è tenuta una nuova udienza del processo Banca Marche durante la quale è stato ascoltato il dr. Francesco Foti, consulente della Procura.

Incalzato per oltre 3 ore dalle domande dell’avv. Corrado Canafoglia, legale dell’Unione Nazionale Consumatori e di oltre 3.300 parti civili, Foti ha rivelato la modalità con cui venivano erogati i finanziamenti milionari ai costruttori in Banca Marche.

La banca per il solo cantiere ex Sacelit di Senigallia avrebbe erogato 107 milioni di euro senza alcuna garanzia ad una società del gruppo Lanari nata poco prima: unica garanzia per la banca sarebbe stata la sottoscrizione della società di un certificato di deposito per  27,4 milioni, che una volta arrivato a scadenza sarebbe rientrato nella disponibilità del gruppo Lanari.

In vari casi i finanziamenti venivano concessi a società aventi sede a San Marino o in Lussemburgo; spesso le società richiedenti non avevano alcun merito creditizio, ovvero sin dall’inizio difettavano dei requisiti base per restituire il denaro che la Banca erogava.

L’avv. Canafoglia ha introdotto un ulteriore elemento, confermato dal teste Foti, in merito alla destinazione urbanistica delle aree per le quali le ditte edili chiedevano finanziamenti milionari.

Il denominatore comune in molte pratiche, infatti, era che le aree avevano una destinazione urbanistica diversa rispetto a quella necessaria a sviluppare l’investimento immobiliare, il che secondo  il legale, comporterebbe un “coinvolgimento della politica”.

Sottolinea l’Avv. Canafoglia: “Come può una banca erogare un finanziamento milionario per costruire un villaggio turistico o un centro commerciale o un complesso residenziale con centinaia di appartamenti se al momento dell’erogazione quell’area era un semplice opificio o peggio ancora un semplice terreno agricolo?”Come poteva sapere la banca che il Comune avrebbe cambiato la destinazione urbanistica di quell’area per consentire un investimento immobiliare importante?

A questa domanda dell’Avv. Canafoglia, Foti ha risposto che la banca non avrebbe dovuto accogliere una pratica del genere, ricordando che in alcuni casi addirittura quel cambio di destinazione urbanistica non c’è stato, ma la ditta il finanziamento lo ha preso tutto senza poi restituirlo.

In vari casi, ha ricostruito Foti, vi erano forti carenze istruttorie nelle pratiche di finanziamento , che venivano superate in sede di comitato esecutivo o c.d.a.  per il fatto che si trattava di “imprenditori conosciuti dalla banca” senza però avere i presupposto finanziari per la restituzione del prestito milionario.

Tale prassi, ha concluso Foti, ha danneggiato gravemente gli azionisti. Il 24 febbraio sarà la volta dei test della P.W.C., la società di revisione che ha operato in Banca Marche , e di Lanari, l’imprenditore verso il quale l’Istituto bancario era maggiormente esposto per investimenti milionari, tra i quali l’area ex Sacelit.

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