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Sulla scomparsa dei piccoli negozi di quartiere

Prof. Virginio Villani: "Maggiore considerazione di questo aspetto del problema"

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Corso 2 giugno a Senigallia

Fino agli anni ’60 del secolo scorso i quartieri della città, sia il centro storico, che la prima periferia, somigliavano ancora per molti aspetti ai borghi di paese.

Tutti i servizi necessari alla vita quotidiana dei residenti erano, quando più quando meno, a portata di mano: trovavi a poca distanza il negozio di generi alimentari, la macelleria, il fruttivendolo, il panettiere, il macellaio, la merceria, il barbiere o la parrucchiera e quanto altro.

Numerose erano poi anche le botteghe degli artigiani, soprattutto sartorie e calzolerie, ma anche falegnamerie, officine di idraulici, meccanici, fabbri ecc.  Quindi le attività commerciali e artigiane si mescolavano strettamente alla vita quotidiana della popolazione residente e tutto questo, oltre a costituire una comodità per gli abitanti, favoriva una vita sociale intensa, perché i negozi e le botteghe artigiane costituivano un’occasione di incontro, di scambi, di chiacchiere insomma di relazioni umane.

Oggi la situazione è molto cambiata. Il centro storico e i quartieri storici adiacenti hanno perso parte degli abitanti, sia per la diminuzione della densità demografica in seguito all’invecchiamento della popolazione, sia per lo spostamento dei più giovani nelle nuove periferie in abitazioni più funzionali, sia per il progressivo degrado di non pochi edifici.

La diminuzione di popolazione ha avuto un ovvio impatto negativo sui negozi legati alle necessità primarie della vita quotidiana. Ma si sono spostate anche molte botteghe artigiane, per l’insufficienza degli spazi.

Poi un impatto via via più evidente sui piccoli negozi di quartiere, prima quelli della città storica, poi anche quelli delle periferie, è venuto dalla diffusione della grande distribuzione e dei centri commerciali ad un ritmo sempre più accelerato: sono in via di realizzazione due nuovi supermercati in via Capanna e presso il Campo Sportivo.

Il venir meno di questi piccole attività e di queste occasioni di socializzazione contribuisce sicuramente all’impoverimento del tessuto sociale dei quartieri, che rischiano di somigliare sempre più a dormitori; aumentano le difficoltà per le persone più deboli, soprattutto gli anziani, che spesso non sono in grado di spostarsi presso i supermercati; dequalifica il lavoro sostituendo alla piccola impresa familiare lavoratori generici; penalizza le produzioni ortofrutticole locali a km zero e standardizza la qualità del prodotto.

Per quanto riguarda poi il centro storico, non basta l’aumento dei negozi di abbigliamento lungo il Corso a compensare la perdita della varietà delle categorie commerciali, mentre la miriade di piccoli ristoranti, pizzerie, gelaterie che animano i fine settimana e la stagione estiva introduce una mutazione che non favorisce certamente il mantenimento del tessuto sociale e abitativo. Così il centro storico sembra diventare sempre più il luogo dello spettacolo e dell’animazione teatrale, che della residenza.

Certo questo quadro può sembrare, e forse lo è, un po’ troppo di maniera e pessimistico. Certo i cambiamenti sono inevitabili e hanno anche i loro risvolti positivi, quali la creazione di nuovi posti di lavoro, la diminuzione dei costi e la maggiore offerta dei prodotti, la realizzazione di opere pubbliche con gli oneri di urbanizzazione ecc.

Ma è indubbio che si tratta di un cambiamento significativo e come ogni cambiamento va preso in considerazione e governato sulla base di un chiaro progetto di città e tenendo presente che l’obbiettivo deve essere sempre quello di una città a misura d’uomo. Quindi è d’obbligo un richiamo ad una maggiore considerazione di questo aspetto del problema da parte degli amministratori della città, troppo spesso presi dai problemi immediati e troppo distratti rispetto ai temi generali.

di Prof. Virginio Villani

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