A Senigallia il secondo atto del Novecento di Bertolucci
Giovedì 28 novembre alla Piccola Fenice
Giovedì 28 novembre ore 21.15, alla Piccola Fenice, prosegue l’omaggio a Bernardo Bertolucci, ad un anno dalla morte, con la proiezione di Novecento Atto II.
Negli anni ’30 le strade di Olmo e Alfredo si separano. Il primo, vedovo, fa il norcino e continua la lotta; il secondo si rinchiude nel privato. Il 25 aprile 1945 si processano i padroni, e i due si ricongiungono. L’appuntamento è organizzato da Confluenze e Comune di Senigallia, con il sostegno di Italia Nostra.
Ingresso: soci Confluenze e Italia Nostra, giovani fino a 25 anni, 2 euro, non soci 4 euro.
Con l’attribuzione della Palma d’oro del Festival di Cannes alla carriera (2011), Bernardo Bertolucci ha chiuso il cerchio. Nell”88 aveva vinto l’Oscar per la regia dell’Ultimo imperatore (oltre agli altri otto toccati al film), e nel 2007 il Leone veneziano alla carriera. Così il regista parmigiano ha toccato i tre grandi premi del cinema del mondo, quelli che contano davvero. Non c’è dubbio che Bertolucci si sia accreditato per meritare questi riconoscimenti.
I titoli che identificano i momenti fondamentali del regista appartengono a epoche diverse. Degli anni Settanta, è ricordabile Il conformista, storia di un antifascista che vive a Parigi, perseguitato dal Regime. Il fascismo è un tema che sta a cuore a Bertolucci, in quel quadro rientra la produzione di Novecento atto I e II. Un vero colosso che abbraccia quasi mezzo secolo di storia italiana. Tanta ideologia con un compromesso finale: il padrone De Niro e il contadino Depardieu, che dopo essersi scontrati, anche a botte, per tutta la vita, si ritrovano più amici che nemici. Una certa intelligenza, certo affezionata a Bertolucci, disapprovò.
Ma il grande salto, quello che gli permette di diventare autore internazionale, il regista lo deve a Ultimo tango a Parigi. Quel titolo è in tutte le memorie del cinema, anche in quella popolare, anche per le vicende che subì, censura, processi, macerazione della pellicola. Per fortuna, alla fine, la pellicola è stata salvata ed è stata possibile l’edizione in Dvd
Nel 1987 con L’ultimo imperatore, Bertolucci andò addirittura a sfiorare il record di Oscar di Via col vento. Lo mancò per un numero: nove contro dieci. Era, ancora una volta, la storia di un cambiamento. Estremo questa volta: Pu-yi, semidio delle Cina, diventa un comune, triste cittadino, un numero fra un miliardo, con l’avvento di Mao e della sua rivoluzione culturale. Un’altra ricerca estrema è quella di Piccolo Buddha, l’identificazione del nuovo Dalai Lama. Ma il meglio, Bertolucci sembra averlo già dato. Con The Dreamers ripercorre la sua prima strada, le protesta giovanile. È il 2002. Il regista sbarcò davanti al palazzo del cinema alzando il pugno.
Il segnale di nostalgia di un sessantenne che voleva ancora dare indicazioni. A Venezia Bertolucci ha ritirato il suo premio sulla sedia a rotelle, dove lo costringe la malattia. “Lo dedico all’Italia che si indigna” ha dichiarato. Le parole sono sacrosante, “indignarsi” è il primo sentimento che deve appartenere a un artista. Indignarsi, e poi fare pro Bertolucci.
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!