Nuovo ponte 2 Giugno: “Proposta ad arco, ma meno anonima, quella idonea per Senigallia”
Le riflessioni dell'Architetto Silvio Argentati: "Bandire un concorso o creare un gruppo di lavoro e discuterne con i cittadini"
Stiamo tutti parlando del ponte in seguito alla proposta del Consorzio di Bonifica delle Marche, di due soluzioni da scegliere per la sua ricostruzione nell’ambito degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nel Misa.
Si tratta di una opportunità per la città che non si può non cogliere, visto lo stato di degrado e forte criticità del ponte esistente.
Dal punto di vista del Consorzio, il ponte è semplicemente un’opera idraulica finalizzata a migliorare il deflusso delle acque e ridurre il rischio di straripamenti.
La scelta di un ponte a campata unica e con le strutture portanti principali sopra l’impalcato, detto “a via inferiore”, risulta la conseguenza logica; sono di questo tipo infatti, ad arco e a travata rovescia, le due proposte presentate.
Se la visione del ponte come opera idraulica risulta legittimamente sufficiente per il Consorzio e il suo ruolo istituzionale, non può essere esaustiva invece per la Città, per la quale il nuovo ponte, come è stato fortemente sottolineato all’interno della discussione di questi giorni nei media, dovrebbe acquisire un valore identitario sullo stesso piano dei suoi monumenti principali.
Quale vogliamo che sia la funzione urbana del nuovo ponte 2 giugno oltre quella primaria di attraversamento del fiume e di unione della città?
Oltre questo, momento di continuità della promenade Corso-Via Carducci, potrebbe certamente diventare un punto di incontro in città particolare, di sosta contemplativa del fiume come del paesaggio urbano circostante, luogo per attività temporanee, una piazza distesa sul Misa: un ponte piazza. Per questo, pur con una immagine leggera, dovrebbe avere, contrariamente a quanto pensano molti, un forte e caratterizzato impatto visivo, alla pari di una importante scultura urbana capace di qualificare in modo nuovo la percezione del luogo e di attrarre cittadini e turisti.
Penso che la tipologia più idonea al nostro caso sia quella ad arco in acciaio, all’occorrenza anche carrabile; tale tipologia risulta, fra quelle esistenti, quella meglio in grado di fornire le prestazioni necessarie, sia come opera idraulica, sia come opera architettonica della città antica.
Il tipo a travata rovescia va scartato in quanto configura uno spazio canalizzato che limita fortemente le visuali e forma una barriera visiva lungo l’asse del fiume; esattamente il contrario di ciò che a mio parere dovrebbe essere.
Molte però possono essere le interpretazioni architettoniche di un ponte ad arco; dovremmo quindi elaborarne, alle condizioni date, un’altra versione, che vada oltre quella forse un po’ anonima proposta dal Consorzio e far diventare il nuovo ponte il “Ponte 2 giugno di Senigallia”.
Ad esempio: il disegno architettonico potrebbe prevedere la disposizione degli archi, non ai lati come nel caso proposto, ma in una posizione intermedia articolando la sezione trasversale in tre parti: quella centrale tra gli archi anche carrabile all’occorrenza, lasciando le due fasce laterali con la visuale completamente libera da elementi strutturali. Gli archi potrebbero essere convergenti verso l’alto, come nel ponte Bac de Roda a Barcellona o invece divergenti verso l’alto come nel ponte J. Joyce a Dublino o ancora come il Ponte della Musica a Roma, ecc.; non è questa la sede per progettare.
Le configurazioni non cambierebbero di molto se si volesse fare il ponte solo ciclo-pedonale, a meno di non ridurlo ad un semplice passerella.
Nei vari commenti e critiche apparsi sui media nei giorni scorsi, emergono spesso giudizi negativi circa la forma (l’arco), il colore (bianco), il materiale (acciaio); conseguentemente viene ritenuto che un nuovo ponte possa addirittura “deturpare” cioè rovinare l’immagine consolidata del luogo.
Se però osserviamo con attenzione lo spazio urbano nel quale il ponte sarà collocato, scopriamo che in realtà è proprio la figura dell’arco che lo caratterizza; ad arco sono i fornici dei Portici Ercolani, ad arco è la Porta Lambertina, ad arco sono le ali del Foro Annonario che danno forma alla piazza interna; e, guarda caso, tutta questa sinfonia di archi è prevalentemente in pietra “bianca” d’Istria; l’acciaio, che è il migliore materiale per realizzare questo tipo di ponte, trova infine un precedente nel ponte in ferro che dall’800 al primo decennio del ‘900 attraversava il fiume al posto di quello attuale.
E’ importante ricordare che nel ‘700, prima della realizzazione dei portici, dal ponte in legno allora esistente, avremmo visto un paesaggio completamente diverso da quello odierno, caratterizzato sulla sponda destra del lungofiume dalla, già antica per allora, cinta muraria malatestiana.
Le ampliazioni settecentesche con la edificazione dei portici sulle mura antiche e successivamente la costruzione del foro annonario, trasformano in modo travolgente tutta la città sul fiume, si passa “dalla città fortezza alla città mercato”, consegnandoci una architettura della città di grande bellezza e ancora perfettamente attuale dopo secoli dalla sua realizzazione, intensamente vissuta soprattutto in estate.
Con lo stesso coraggio e con la consapevolezza di essere nel giusto, possiamo e dobbiamo, con l’occasione e anche attraverso la ricostruzione del ponte 2 giugno con un’architettura che non può che essere assolutamente contemporanea, dopo altri due secoli e mezzo dalle innovazioni settecentesche, dare alla città sul fiume una forma nuova.
Per scegliere la migliore soluzione l’ideale sarebbe bandire un concorso di progettazione.
Se ciò non è possibile, il Comune potrebbe formare un gruppo di lavoro interdisciplinare (architettura, ingegneria, geologia, storia urbana, light design, fotografia), il quale, ascoltata la città in un incontro pubblico aperto, elabori un progetto alternativo da discutere nuovamente con i cittadini e quindi da proporre al Consorzio, il quale, da quello che ho letto, sarebbe disponibile a valutare.
Se fosse necessario un po’ di tempo in più, vista l’importanza dell’opera in discussione, forse vale la pena spenderlo per un intervento che sarà un landmark della città per i prossimi secoli; come dice Renzo Piano “un ponte che non può crollare mai”.
da Arch. Silvio Argentati, progettista del Teatro La Fenice
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!