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“Fascista io ce l’ho scritto in fronte!”. Senigallia avamposto di Salò?

Paolo Battisti (L'Altra Senigallia con la Sinistra) contro la mozione per intitolare un luogo pubblico a Giorgio Almirante

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Paolo Battisti nella redazione di Senigallia Notizie

Martedì 29 ottobre 2019, si riunirà il Consiglio Comunale di Senigallia. Uno degli ordini del giorno riguarda una mozione presentata dal Consigliere Da Ros (prima Lega ora Fratelli d’Italia), dove si chiede di intitolare un posto pubblico (via, piazza, giardino) ad Enrico Berlinguer e uno a Giorgio Almirante.

Noi non ci siamo mai sognati di chiedere di intitolare una strada a qualche nipotino di Stalin o Pol Pot (come Almirante lo era di Mussolini ed Hitler), perché da 10 anni lottiamo per le cose importanti, cioè i diritti di tutti i senigalliesi (sanità in primis, lavoro, case popolari, verde, trasporto pubblico, inquinamento, amianto, piste ciclabili). La speranza è che il Consiglio Comunale rigetti questa insana proposta perché Senigallia non ha bisogno di essere pacificata, ha l’esigenza di essere governata bene.

Ma andiamo per ordine. Ecco cosa scrive il Da Ros:

“…E’ indubbio che gli onorevoli Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer, siano state due eccezionali figure istituzionali e politiche della Repubblica Italiana…”.

“….Due uomini politici che hanno rappresentato, checché se ne dica o checché ne dicano altri, gran parte del popolo italiano, interpretandone i sogni, le speranze, le idee…”.

Ma che ruolo ha avuto Almirante nella storia della Repubblica? Il suo unico ruolo da protagonista è stato l’incarico di tenere vive e unite le storie e le vicende, le passioni e i rancori, le amarezze e le speranze di un pezzetto d’Italia che non ha accettato lo svolgimento storico dalla fine della Seconda guerra mondiale. E’ stato il capo indiscusso di nostalgie imbarazzanti talvolta nutrite dall’illusione di aver ancora davanti un futuro. Insomma, il capo vero dei nostalgici e dei ragazzi di Salò. Un gruppo il cui rilievo politico non è mai diventato decisivo in Italia e non ha mai avuto una funzione politica determinante. Nella mozione il consigliere comunale di estrema destra paragona un segretario di un partito al 4-5 per cento ad Enrico Berlinguer, che guidò il più grande partito comunista dell’occidente e fu il primo a prendere le distanze dalla dittatura Sovietica. Una differenza enorme tra i due.

Ma ripassiamo un po’ di storia:

Giorgio Almirante è stato tra i firmatari nel 1938 del Manifesto della razza e dal 1938 al 1942 collaborò alla rivista La difesa della razza come segretario di redazione.

Il 10 aprile 1944, è apparso un manifesto firmato da Almirante in cui si decretava la pena della fucilazione per tutti i partigiani che non avessero deposto le armi e non si fossero prontamente arresi.

Dopo l’8 settembre, Almirante aderisce alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Il 30 aprile 1944 viene nominato capo gabinetto del ministero della Cultura Popolare presieduto da Fernando Mezzasoma. Diventa poi tenente della brigata nera e si occupa della lotta contro i partigiani, in particolare nella Val d’Ossola e nel grossetano.

Il 5 maggio 1958 al termine di un comizio a Trieste, Almirante è denunciato dalla Questura per “Vilipendio degli Organi Costituzionali dello Stato”.

Il 16 giugno 1971 il Procuratore della Repubblica di Spoleto Vincenzo De Franco chiede alla Camera dei Deputati l’autorizzazione a procedere contro Giorgio Almirante per i reati di “Pubblica Istigazione ad Attentato contro la Costituzioneed Insurrezione Armata contro i Poteri dello Stato”.

Così, nel 1974 ne parla la questura di Roma: “Il dr. Giorgio Almirante, segretario della giunta esecutiva del Movimento Sociale italiano, già redattore capo di ‘Il Tevere’ e di ‘Difesa della razza’, capo Gabinetto del ministero della Cultura popolare della pseudo Repubblica di Salò, è stato deferito alla   Commissione Provinciale per il confino quale elemento pericoloso all’esercizio delle libertà democratiche, non solo per    l’acceso fanatismo fascista dimostrato sotto il passato regime e particolarmente in periodo repubblichino, ma più ancora per le sue recenti manifestazioni politiche di esaltazione dell’infausto ventennio fascista e di propaganda di principi sovvertitori delle istituzioni democratiche ai quali informa la sua attività, tendente a far rivivere istituzioni deleterie alle pubbliche libertà e alla dignità del paese”.

Ricordiamo le felicitazioni di Almirante ad Augusto Pinochet dopo il golpe contro Allende, per le quali fu pubblicamente ringraziato dallo stesso generale.

Di certo, il fascismo non lo rinnegò mai. Attento navigatore della Repubblica e profondo conoscitore delle debolezze del ceto politico (fu deputato per 40 anni filati), si preoccupò di avvertire: “A chi mi chiede: tu sei fascista? Rispondo per ora e per sempre: la parola fascista io ce l’ho scritta in fronte.

da Paolo Battisti (Portavoce l’Altra Senigallia con la Sinistra)

Commenti
Ci sono 2 commenti
Gnagnolo
Gnagnolo 2019-10-28 14:38:16
Caro Battisti, la tua è una battaglia di retroguardia. Ti ostini a ripassare la storia, a fare dei distinguo. Non hai capito che questa è l'epoca dei pari e patta?
Pari e patta tra fascisti e antifascisti. Pari e patta tra partigiani e repubblichini, d'altronde chi non conosce un nipote di qualche onesto gerarca di paese fucilato dai partigiani? E vuoi che qualche partigiano non si sia macchiato di crimini orrendi? Certo che sì, e allora dagli ai partigiani tutti assassini, dagli all'ANPI, dagli alla Costituzione e al venticinque aprile.
Pari e patta tra campi di concentramento e foibe.
Per finire, ché le tragedie si ripetono sempre in forma di farsa, con i pari e patta tra costituzionalisti con la laurea e quelli del “governo non eletto dal popolo”, tra scienziati e no-vax, tra bravi e somari.
Tutto in nome della memoria condivisa e della pacificazione nazionale, s’intende.
fredvargas
fredvargas 2019-10-28 17:52:52
Troppo complesso, gnagnolo, il suo ragionamento per le menti che esprimono le loro proposte a suon di “checché”, attente comunque a non omettere l’accento finale a difesa dell’italico e maschio onore che trova il suo fascistissimo simbolo nel Giorgio nazionale. Agli altri dico: magari provate a non farla passare questa mozione e finisce tutto
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