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La vittoria di Bezzecca e l'”obbedisco” di Giuseppe Garibaldi

Duilio Marchetti rievoca un fatto storico

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Giuseppe Garibaldi

Bezzecca, un piccolo comune in provincia di Trento, famoso per l’evento garibaldino.


L’Italia in guerra contro l’Austria nel 1.866 alla conquista del Veneto, perdeva su tutta la linea, sconfitta il 24 giugno a Custoza. Il governo La Marmora si dimise, il re Vittorio Emanuele II nominò Bettino Ricasoli primo ministro, il quale formò un governo di unità nazionale appoggiato dalla sinistra parlamentare. In quel momento di difficoltà sul piano militare occorrevano dei volontari. Alla prima chiamata se ne presentarono 15.000, ma quando si seppe che il Ricasoli nominò Garibaldi al comando dell’esercito se ne presentarono ancora altri 15.000, e di seguito altri 8.000. Le armi sono scadenti. Il nizzardo fece indossare ai volontari la camicia rossa come divisa militare, è stata la prima volta per le formazioni dell’esercito regolare. Gli fu assegnato il campo d’azione: il “trentino”.

Il piano d’azione del generale era benvisto dal re. I garibaldini respingono il 21 luglio un furioso attacco nemico, numericamente superiore di quattro volte a quello garibaldino, per ricacciare poi gli austriaci nelle valli. Gli altri quattro eserciti italiani in ritirata, sconfitti.

L’unico successo della sfortunata campagna del ’66 fu ottenuta dal leone di Caprera.

L’impresa di Bezzecca fu paragonata a quella di Calatafimi del generale.

Ma il capo di stato maggiore La Marmora con telegramma chiese a Garibaldi di sospendere le azioni di avanzata perchè l’Italia aveva firmato l’armistizio con il nemico. Il nizzardo con telegramma rispose con una sola parola: “obbedisco”. In seguito alla III guerra d’indipendenza contro l’Austria, l’Italia riuscì a realizzare anche l’annessione del Veneto, soprattutto grazie alla vittoria riportata da Garibaldi con i suoi “cacciatori delle Alpi” a Bezzecca il 21 luglio 1.866.

La sua fama aveva superato ogni limite, le genti, i politici, gli uomini di cultura affermavano che in lui v’erano tre persone: “il padre della patria, il figliolo del popolo, lo spirito della libertà”.

Da

Duilio Marchetti

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