“Scelta di Renzi errore grossolano e incomprensibile”
Il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi sulla scissione nel Pd: "Renzi è allergico al dibattito e al confronto"
L’improvvisa decisione presa da Matteo Renzi di lasciare il Partito Democratico per fondare un nuovo soggetto politico non è solo un grossolano errore strategico che rischia di mettere già in crisi il governo appena formatosi, ma anche un pericoloso azzardo che potrebbe avere ripercussioni funeste sull’intero centrosinistra e spalancare in un futuro non troppo lontano la vittoria alla peggiore destra della storia repubblicana.
Una scelta peraltro incomprensibile, considerato che le ragioni da egli evocate sono subito apparse a tutti piuttosto incerte e traballanti. Tanto per intenderci, come fa Renzi a sostenere di essere stato considerato un intruso all’interno del Partito Democratico avendo ricoperto l’incarico di segretario nazionale e, contemporaneamente, quello di presidente del consiglio dei ministri? Per non parlare poi della sua vecchia idea, oggi rispolverata per l’occasione, che la sconfitta al referendum istituzionale del 2016 maturò a causa del cosiddetto “fuoco amico”, senza neppure fare un minimo di autocritica e prendere in considerazione il ruolo negativo svolto dalla sua esasperata (ed esasperante) volontà di personalizzare quel passaggio.
Un atto che riuscì nell’impresa di compattare la maggioranza degli italiani proprio contro sé stesso, finendo poi per incidere in maniera ancora più grave e determinante sulla debacle elettorale del 2018.
La verità è che le parole pronunciate da Renzi in queste ore sono difficilmente spiegabili al di fuori di un’allergia per il dibattito e il confronto politico che ha costantemente caratterizzato il suo agire all’interno del Partito Democratico e che, come ha fatto notare il sindaco di Milano Giuseppe Sala, è stato sempre dettato dalla sua pretesa di governare un sistema pienamente rispondente alla sua persona. Del resto, lo dimostra chiaramente la costruzione delle liste che hanno portato alla elezione degli attuali gruppi parlamentari, parte dei quali ora gli consentono di ipotecare il futuro del governo.
Di che cosa sarà foriero ciò che sta accadendo è difficile dirlo. Di sicuro c’è che la scissione renziana non è in alcun modo utile a rilanciare quel necessario processo che, anche attraverso il programma di governo redatto insieme al Movimento 5 Stelle e a Leu, dovrebbe rimettere al centro dell’agenda politica un’azione riformatrice capace di rispondere ai bisogni reali del Paese e asciugare la palude in cui cresce e si agita il populismo xenofobo della Lega.
Spero che alla fine prevalga da parte di tutti il senso di responsabilità, oggi e ancor di più nei prossimi mesi. In questo senso trovo molto fondamentale la risposta che sta arrivando dai territori e, in particolare, da molti sindaci, anche di importanti città, intenzionati a non cedere al richiamo delle sirene scissioniste e a riconfermare la fiducia posta in fase congressuale nel percorso tracciato dal segretario Nicola Zingaretti.
Un percorso difficile e insidioso, ma di certo l’unico credibile per ricostruire un ampio schieramento riformista e progressista, capace di dare un futuro all’Italia e all’Europa.
Maurizio Mangialardi
Sindaco di Senigallia
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