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“Se n’è andato il Re del Portone”

Un toccante ricordo di Massimiliano "Niño" Caruso da parte di Simone Tranquilli

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Massimiliano "Niño" Caruso

Faccio fatica a battere sui tasti.
Non ho più un grammo di forza.
La frase del cazzo “Sono sempre i migliori che se ne vanno” questa volta è azzeccata.

Perchè questa volta ad andarsene per un tragico e quasi banale incidente è il migliore, perchè Massimiliano Caruso “El Niño” non era solo uno dei migliori ma il migliore in assoluto.

La prima volta che lo vidi, correva l’anno 1982 ed essendo tutti e due del ’68 facevamo entrambi, con esiti disastrosi, ragioneria.
Lui la Prima D, io la Prima C. Facevamo ginnastica insieme nella palestra dell’Istituto Tecnico Corinaldesi che affacciava sul parcheggio del Comunale.

Probabilmente dopo pochi minuti della prima lezione di ginnastica eravamo già a fare i piegamenti coi bastoni di ferro sulle spalle ordinati dal compianto professor Brunello Raffone ma chiunque lo abbia visto con in mano il grande amore della sua vita, ovvero il pallone, da pallavolo o da football, non può aver pensato che il Dio del calcio gli aveva dato dei piedi delle mani e una coordinazione da fuoriclasse.

Se non avesse avuto un amore smisurato anche per i piaceri della vita, che gli avevano regalato per buona parte di essa quei venti chili (abbondanti) di sovrappeso probabilmente avrebbe giocato in qualche squadra professionistica, ma sicuramente non sarebbe stato il Niño.

La sua goliardia e la sua allegria gli facevano amare invece i polverosi campi dei tornei meno che amatoriali seguiti da cene, bicchierate e sfottò con gli amici.

Sfottò che proseguivano nei bar, il bar del Portone era il suo regno perchè Massi era indiscutibilmente un re moderno, il re del Portone che era la sua seconda casa.

Sotto il televisore durante le partite della Serie A al Bar del Portone, ho assistito a prese per il culo all’ultimo sangue con la vittima di turno juventina o interista, ma finiva sempre, anche qui con grandi risate.

Perchè la risata, anzi il sorriso, sempre e comunque presente anche quando parlava di qualcosa che non era andato per il verso giusto, era il suo marchio di fabbrica e lo precedeva da prima che arrivasse con quella sua aria da Jeff Bridges senigalliese con quella testa di ricci che con gli anni della maturità avevano lasciato il posto al cranio rasato come una palla da biliardo e ad una barba da saggio che gli si confaceva.

El Niño era un gaudente, un felice, un epicureo e la sua felicità illuminava l’aria quando arrivava.
Era una di quelle persone che non poteva lasciare indifferenti.

Per anni è venuto al mare qui dove ho la mia edicola, per anni l’ho visto giocare per intere torride giornate estive a pallavolo sotto il chioppo del sole con quel suo palleggio felpato e la sua furbizia che lo faceva arrivare dove il fisico, seppure sensibilmente dimagrito, non arrivava più, perchè in fondo anche lui, come noi, era un ragazzo del ’68 e i cinquanta erano già stati superati da un po’.

A volte ci fermavamo a parlare quando passava qui davanti per andare allo scooter.
Mai una parola contro nessuno, mai una cattiveria, al limite qualche leggera presa in giro, tanta goliardia e tanta gioia di vivere.
Era appassionato di vecchi fumetti, soprattutto Tex, e ne acquistava nella mia edicola a mazzi di 10, arrivando con un foglietto dove aveva segnati quelli che aveva già.

Massimiliano Niño Caruso illuminava l’aria con la sua allegria.
Mi perdonino tutti gli altri, ma Massimiliano Niño Caruso era il Re del Portone e per tutti noi del quartiere, e per tutti noi della città da oggi si apre una voragine che nessuno colmerà.

Anche per chi lo incrociava una volta ogni tanto, anche per chi aveva un frequentazione non abituale perchè bastava quel poco vicino a lui per farti stare bene, per farti stare meglio.

Se sono sempre i migliori che se ne vanno, oggi se n’è andato il migliore.
Aiutaci da lassù con le tue mani grandi a percorrere questo pezzo di strada Massi, ne abbiamo bisogno ogni giorno di più.

R.I.P. caro amico.

Commenti
Solo un commento
alecerio77 2019-09-04 12:08:27
Sono passati pochi giorni dalla sua scomparsa e fatico ancora a credere che il Niño non ci sia più. Per me, che ho militato per anni al Bar del Portone, è difficile immaginarmi una partita di Serie A senza i suoi continui sfottò e le diatribe che poi finivano sempre con un sorriso, soprattutto con il suo. Anche se ultimamente ci vedevamo di rado, quando lo incrociavo era immancabile il suo "Ciao Ceriooo!", detto con quel vocione che lo faceva sembrare ancora più grosso di quello che era, perché il Niño era davvero grande, in tutti i sensi. Andandosene così prematuramente ha lasciato un vuoto e, viste le sue "dimensioni", credo sia davvero incolmabile.
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