Il mio diario dall’ospedale di Senigallia. Attenzione: piatti forti!
Franco Giannini, "inviato forzato" nel nosocomio cittadino, ci parla di tagli, accorpamenti, "voci di corsia" e vitto
Ci eravamo lasciati con il descrivere le mie esperienze al PS dell’Ospedale (ops… poliambulatorio, perché altro oramai non è di più) e credevo di averne viste in circa 7 ore di permanenza, assai, da rendere difficile l’ arricchire una ulteriore indagine.
Invece, mai dire mai.
Dopo pochi giorni eccomi ricoverato di nuovo, questa volta in Nefrologia e seppur credevo per una toccata e fuga, la permanenza si è protratta per 25 giorni.
Ordunque dopo quanto racconterò, premetto e sottolineo che rimane un profondo rispetto ed infinita riconoscenza per tutte quelle Organizzazioni che si battono affinché il nostro povero nosocomio non vada cancellato dalla lista degli Ospedali qualificati. Onore dunque al loro merito, seppur devo dire che analizzando ogni giorno e toccando con mano, ascoltando come se fossi un confessore, chi vi opera all’interno della struttura, confrontandolo con quello che “abbiamo” rispetto a quello che hanno “assegnato” alla struttura ospedaliera jesina, si comprende come il nostro sia in una speciale fase, come dire, di “concordato preventivo”. Senza se e senza ma! Solo un miracolo lo potrebbe salvare da una chiusura, e visto che sono ateo che più ateo non si può, io a due cose non ho mai creduto, né ai miracoli e né alle promesse dei Politucoli nostrani in principal modo alla vigilia di mandate elettorali. Dicevo che non ho mai creduto e non comincerò di certo ora. Pensare di capovolgere il processo innescato anni fa sarebbe un po’ come nascondere (ingenuamente) la testa sotto la sabbia. Una specie di battaglia contro i mulini a vento descritti dal Cervantes.
Basterebbe vedere e raffrontarle con il nostro, le dimensioni dell’ingresso centrale del Carlo Urbani, che anche la Malpensa gli invidia, con quel box informazioni che si perde al suo interno. Non parliamo poi del numero delle casse e dei sportelli all’accettazione, che paragonarle con le sparute senigalliesi già da sè fa comprendere quanto siamo calcolati in Regione e quanto i politici si sono battuti perché l’ Ospedale di Senigallia restasse quello che era: se non quell’Eccellenza che riempie le bocche di tanti venditori di fumo e professionisti del taglio di nastri, quantomeno un punto di riferimento per i cittadini di Senigallia.
Seppur anche loro, parlo del Carlo Urbani, hanno di già i loro problemi, se non altro di comunicazione. Una stupidaggine se non fosse che risalta come un biglietto da visita mal riuscito: a quel che sembra il dialetto jesino è la lingua più usata nell’interno delle “stanze”. Le porte sono fermate a metà con fermi metallici nichelati e l’altra metà con fogli di cartone ondulato. Sembra quasi un avvertimento di non dare mai una Ferrari in mano a chi fino a ieri ha usato solo il carro trainato dai buoi, previo un lungo periodo di apprendistato.
Il nostro nosocomio, poverino, invece, “venduto” a suo tempo, “dimenticato totalmente” da quella gentucola che uscita dal portone, dopo aver creato solo danni in ambito sanitario regionale, ora ha anche la faccia tosta di sputare sul piatto di minestra su cui ancora mangia e spera di continuare a mangiare, cerca di rientrare, senza in benché minimo briciolo di dignità, dalla finestra. Le eminenze grigie (pura eufemia), sono affaccendate in altri affari personali di carriera (politica) e di quello che accade all’interno di queste camere di dolore, non gliene può fregar di meno, sempre che prima gliene avesse fregato qualche cosa ed avessero toccato con mano quanto accadeva!
Ci sarà tempo poi ad aprile 2020, insediatisi (io mi auguro di no!) in quegli scranni che contano, ritornare a prometterci quello che continueranno a mantenere solo a livello di parola, che vista da che bocche esce continuerà ad avere valore zero.
Si è già scritto sulla vergogna dei premi di fine anno ai dirigenti che hanno tagliato di più sulle spese sulla pelle dei pazienti. Si è già scritto della vergogna della limitazione del servizio di Aria condizionata, ritornata a funzionare solo dopo l’intervento dei Carabinieri sollecitato da parenti di pazienti ? Pazienti stessi? Forse dagli stessi operatori che non ce la facevano più a svolgere il loro lavoro nel migliore dei modi ?
Ma i tagli silenziosamente sono continuati in altre forme: esempio? Accorpamento di Nefrologia-Cardiologia a cui non soddisfatti, i settecervelli della nostra sanità locale, hanno pensato bene di aggiungere anche alcuni letti della medicina a lunga degenza. E per giorni, durante le ore notturne, ci siamo sciroppati il grido lancinante e ripetitivo di “Aiuto!” o di “Mamma vieni qui” (Non dico fesserie, ed ho le registrazioni!). Cosa che in un reparto di cardiopatici dove la quiete dovrebbe essere sovrana, era l’elisir delle nottate.
Incompetente quale sono, credo che forse sarebbe stato più indicato che i pochi letti (sempre che i tagli si dovessero fare!) si sarebbero potuti accorpare magari ad un reparto di “ortopedia” dove è meno necessario il silenzio (seppur è giusto precisare che in Ospedale nessun reparto è occupato da “vacanzieri”, ma solo da ammalati) . Ma poi questi accorpamenti sono stati fatti solamente perché il personale è già scarso da tempo, non lo si assume per raggiungere e garantirsi il “famigerato” premio, lo è diventato ancor più con il “problema” ferie (che non è un problema, bensì un diritto dei lavoratori!) e con la conclusione del periodo di apprendistato dei ragazzi della scuola infermieristica di Ancona. Certo che avere degli aiuti, per di più a costo zero a questi “speculatori” da quattro soldi, è una cosa che è sempre piaciuta. Ma è cosa risaputa, e come tale programmabile nel tempo, onde alla fine non fare la figura di “formaggini” piuttosto che Amministratori di provata esperienza.
Hanno raschiato il fondo quando hanno fatto interpellare (dalle coordinatrici di reparto) le persone in ferie per sapere se c’era qualcuno disposto a rientrare o magari fare qualche ora di straordinario. Persone coscienti e responsabili ce ne sono e qualcuna di queste ha accettato, dal momento che non era partita per lidi esotici (non tutti hanno il premio per il raggiungimento dell’obiettivo). Dopo però alcuni giorni queste persone responsabili (non so in quanti) si sono viste arrivare lettere dall’amministrazione che chiedeva (a colui che si era prestato con coscienza) se con le ore di straordinario rientrasse in non so quale tipologia di parametro che non inficiasse la questione economica. Prima l’Amministrazione chiede, poi, almeno questa è l’impressione che se ne ricava, è che si cerchi il cavillo per tirare indietro il lato “B” sostenuta da quella mancanza di riconoscenza che cervelli abituati a ragionare con “Aziende” e quindi “Utili” dimenticano che la Sanità non è un’Azienda bensi è (o dovrebbe essere) un “Servizio”. Tutto questo per cercare il cavillo per non pagare? Non lo credo e non voglio crederlo, ma certo è che l’impressione che se ricava, lascia l’amaro in bocca. Ma perché non si approfondisce prima, se la persona responsabile che ha accettato di offrire la sua presenza rientra nei parametri magari aggiunto ad un grazie (che non c’è mai) della Direzione per la Fattiva Collaborazione.
A proposito di voci…
Si parla, ma all’interno del nosocomio le voci sono quelle “anonime” (perché provengono dal precariato con contratti in scadenza; vorrei vedere i settecervelli come si comporterebbero posti nello stesso piano!) ma ben informate (quasi più di una voce di Dio!), che il servizio di trasporto (una persona per turno) all’interno dei reparti per portare un paziente a fare gli esami (es.: TAC. Eco, Risonanza, ecc) a settembre cesserà. Le persone adibite a questa mansione (precarie) non so quale fine faranno ed il servizio verrà affidato alle OOSS di reparto che saranno costrette ad accettare passivamente ed in silenzio questo nuovo incarico, sempre non perdendo di vista i loro contratti in scadenza. Una volta questi atteggiamenti si sarebbero definiti con un termine “forse” offensivo, ma che credo di poterlo sostituire con quello più educato di “carenza fisiologica del cuore di leone”.
Anche del problema “chiusura” del bar se ne è parlato e quindi non ritorno sulla cosa, ma mi offre la possibilità di parlare di una “Mensa” che non c’è (mancavano gli spazi per la locazione… si disse a suo tempo), della qualità, quantità e tipologia del vitto riservato ai pazienti.
Anche di questo, voci di popolo sussurrano, che anche le cucine che attualmente preparano dette vivande, forse… ripeto il forse… verranno sostituite con cibi sotto vuoto spinto, provenienti da cooperative non di certo a km. 0
Se dopo neppure tre, quattro giorni di permanenza in reparto, qualcuno mi avesse chiesto com’è il vitto, senza pensarci su tanto, avrei risposto, considerando che mi trovavo in un Ospedale e non in un ristorante a tre stelle, che era accettabile, se non altro perché arrivava sempre fumante e bollente. Del resto è senza sale, c’è una dieta da rispettare e di conseguenza le porzioni si basano sul numero quasi sempre ripetitivo degli 80 grammi. Le abbuffate ritornerai a farle a casa tua quando ti dimetteranno.
Poi, mi chiedono di compilare un modulo del menù preferenziale per l’intera settimana. Ed è da qui che cominciano i dolori, perché l’Economo proposto evidentemente sarà anche un “abile” amministratore, ma è monotono negli acquisti, forse scapolo, di conseguenza non essendo mai entrato in un supermercato ad accompagnare la compagna a fare acquisti.
Alla voce “frutta” era indicato “Frutta cotta polpa” ed io ingenuamente sono caduto a piedi pari credendo ingenuamente di trovarmi non una pera, mela, cotta bensì solo ed esclusivamente una mousse, ma non sempre e solo sempre quella, sia pranzo che a cena, di mela. L’economo evidentemente non sa che a pari prezzo le mousse al supermercato ci sono anche di altre tipologie di frutta. Non una questione di prezzo, ma di logica… lo so questa al supermercato, la logica, l’hanno terminata e non si sa quando rifaranno le scorte!
Non parliamo poi della pastina in brodo, che a quanto sembra, lo stesso Economo, non sa che oltre ai suoi quintali di “miarine”, “pallini”, “pepeti” (non so quale sia il termine esatto, di cui ha riempito la dispensa ospedaliera, esistono altre tipi di pasta (sempre allo stesso prezzo) come farfalline, conchiglie, fiocchetti, stelline, punte d’ago. Ohhh si guardi bene, che il brodo con queste nuove scelte di pastina non ne verrebbe a guadagnare, brodaglia è e brodaglia rimarrebbe, ma sarebbe solo un piccolo valore aggiunto a costo zero ad un vitto non di certo esaltante. Sarebbe come un sorriso il mattino quando ti augurano il buongiorno, non una cura, ma qualche cosa che ti fa sembrare di star meglio. Un pizzico di minor monotonia che potrebbe aiutare come quella operata (una genialità che va riconosciuta al Cesare di turno) nella scelta di certe voci di menù, altisonanti, ma che alla fine ti prendono, a lungo andare (logicamente per chi deve sopportare lunghe degenze) un po’ per i fondelli. Indubbiamente si presentano bene con il menù del giorno posto sul vassoio e con l’augurio di Buon Appetito, un apparire che surclassa come sempre poi la realtà dei fatti. Ecco le varie voci più eclatanti del menù che lasciano a bocca aperta: “Sogliola prezzemolata” – evidentemente sono cuochi, ma no di certo pescatori, non conoscendo come è fatta una sogliola, salvo che non provenga da lidi esotici – “verdure mediterranee al vapore”, “coscette di pollo alla cacciatora”, “cosce di pollo aromatiche al forno” – se non è zuppa è pan bagnato sostituendo al pomodoro il rosmarino – “Palombo Gratinato”… che per mangiarlo, si consiglia prima di scoperchiare il piatto di turarsi il naso per i “miasmi” dovuti al suo profumo per via della sua freschezza (surgelato, quindi più fresco di così si muore!), “sogliola alla Catalana” – ovvero lessa, con un po’ di pomodoro ed una sola oliva nera a guarnizione… per il termine “sogliola”, rimando a quello detto sopra.
Malgrado tutto credo che la cucina, visto quanto l’Economato le offre, si meriti un voto di piena sufficienza.
Quello che invece non avrei voluto sapere, è che sul vitto che resta non consumato, per dimissioni improvvise o per passaggi a miglior vita, o altro, c’è una specie di accaparramento degli “avanzi” che qualcuno fa (fortunatamente in pochi) per riservarli, non essendoci una mensa, a chi ne fa richiesta (diciamo così). Come sempre tutti sanno, ed essendo divenuta quasi un’abitudine, si gira la testa dall’altra parte. E si guardi bene, non sono scandalizzato da chi opera in questo modo, perché evita che vitto consumabile, alla fin fine finisca nei contenitori dell’umido. Provo solo vergogna verso chi non è ancora, da allora, riuscito a trovare uno spazio idoneo a creare uno spazio idoneo per allestire una mensa. Ma forse non è che non sia riuscito (meglio sarebbe parlare al plurale) se n’è strafregato dal farlo visto che il suo obiettivo è quello… di tagliare il traguardo di fine anno… ma poi se si deve chiudere, che senso ha ricrearci su una mensa.
Ho la documentazione, le foto, di quanto ho scritto, per le voci di popolo che restano tali, altri dovrebbero indagare se solo tenessero minimamente a cuore la dignità di un vecchio Ospedale oramai in coma e senza neppure una bombola di ossigeno che gli dia speranza di allungare di qualche ora la vita. Qui, quelli che contano, hanno preferito optare per il “Non Accanimento Terapeutico”.
Venne fatto un accordo sottobanco con una forza sindacale , per far si che un suo esponente dell'epoca diventasse MOBILITY MANAGER, figura certo che per il nostro Ospedale non era necessaria, infatti oggi non esiste piu'.
Quella mansione era anche ben remunerata, in cambio l'Azienda con il benestare dei sindacati ha chiuso la mensa risparmiando dei denari.
Questo sulla pelle dei lavoratori, e delle persone che volevano usufruire della mensa.
Tutti gli Ospedali ne hanno una, tranne il nostro, un motivo ci sara'?
Chi ne beneficia ?
Chi usufruisce in maggior modo oggi dei tichet restorant ?
Queste domande andrebbero rivolte ai Sindacati ed ai VERTICI AZIENDALI.
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