Tennistavolo 1979: lo scudetto, il rifiuto ed il sogno
Storia del Centro Olimpio: oggi l’impianto è un punto di riferimento per lo sport del tennistavolo in Italia e all’estero
Quarant’anni fa, al termine di uno spareggio al cardiopalma al Palasport di Terni, Il Tennistavolo Senigallia vince il secondo scudetto difronte a centinaia di suoi sostenitori venuti con bus ed una carovana di auto. E’ la consacrazione della scuola del Maestro Pettinelli che da sette anni influenza il ping-pong nazionale e produce i migliori atleti.
All’apice del successo (scudetti, Coppa Italia, titoli assoluti individuali e di doppio) e con alle spalle l’incarico federale di formare gli allenatori ed i giocatori italiani, Pettinelli lascia la panchina e si distacca emotivamente dalla società. La squadra gioca nel cortile interno di San Martino, uno spazio di 100 metri quadrati, ed in queste condizioni non ha futuro. I giocatori di vertice occupano tutto lo spazio disponibile della 3 del pomeriggio a notte fonda. Chi vuole giocare a ping-pong, e sono tanti, non può essere accolto.
E Pettinelli, per motivi etici, non ritiene giusto seguire un manipolo di giocatori senza poter accogliere le richieste di tanti altri. In seguito dirà che gli è rimasta impressa nella mente la scena di un ragazzino che è arrivato in palestra con la sua racchettina e se n’è andato dopo parecchie ore senza aver potuto giocare.
Il Tennistavolo in quel momento, sulla scia dei successi potrebbe ottenere qualsiasi palestra a discapito di altre società e di altri sport. Ma non lo fa, non toglie spazio a nessuno e segue una strada diversa. Pettinelli pensa ad un impianto esclusivo per il tennistavolo: un sogno ed una visione dal momento che in Italia non ci sono cose del genere. Realizza il progetto architettonico ed il Comune lo accoglie. La società si muove con il CONI e la federazione per contributi a fondo perduto, interviene il Credito Sportivo con due finanziamenti (uno non servirà) e la ditta costruttrice delle lottizzazione di via del Molinello con oneri di urbanizzazione. Il progetto è finanziato completamente e costa pochissimo (a moneta attuale 300.000€) per merito di un controllo feroce esercitato in ogni fase di progettazione e realizzazione, unitamente a scelte fortemente innovative, mai viste a quel tempo per impianti sportivi, che non sprecano nulla puntando all’essenziale.
Lì per lì l’impianto sembra un capannone industriale, non bello, con la copertura tipica delle fabbriche metalmeccaniche, costruito interamente in prefabbricato standard (per contenere i costi), con un prato a più livelli che sarebbe stato un bel parcheggio. E’ il CONI di Roma, due anni dopo, a scrivere la parola fine consacrandolo come il miglior impianto di specializzazione costruito in quell’anno in Italia e scegliendolo a rappresentare l’Italia internazionalmente.
Per la prima volta a Senigallia un impianto sportivo pubblico viene dato in gestione ad una società sportiva, anche questa volta anticipando di molti anni una prassi che oggi è diventata regola. Ma lo consegna nudo, vuoto: sarà la Società a provvedere alla sua messa in funzione acquistando attrezzatura fisse e mobili, arredo in ogni locale compresa l’infermeria e gli spogliatoi, punto ristoro e successivamente provvedendo alla insonorizzazione, intervenendo sull’impianto elettrico, sul riscaldamento e sulla pavimentazione della palestra, migliorando il giardino.
Oggi l’impianto è un punto di riferimento per lo sport del tennistavolo in Italia e all’estero, un’icona assoluta, dove hanno giocato i migliori atleti europei del ranking mondiale. Non più solo per le caratteristiche tecniche ma anche per il progetto sociale che è stato sviluppato intorno all’impianto. La Comunità Europea, e prima lo Stato Italiano, hanno riconosciuto la valenza di originalità e consistenza al progetto “Il villaggio del ping-pong” assegnando complessivamente sei volontari (4 italiani, un austriaco ed un portoghese).
I giovani volontari sono chiamati a dare il proprio contributo impegnandosi in prima persona per fornire ai giovani momenti di sport inseriti in un ambiente che li accoglie nel pomeriggio, permette loro di fare i compiti scolastici, coinvolge le famiglie. Uno spazio aperto che presuppone aggregazione e socializzazione, confronto generazionale ed interazione e che si svolge al di dentro e al di fuori della palestra. Nessuna barriera e nessuna discriminazione di sesso, età, razza, caratteristiche fisiche.
Questo progetto, che porta Senigallia ad essere un riferimento nazionale e che per certi versi ha anticipato le finalità ed i campi di intervento del nuovo CONI, è un’alternativa alla palestra pensata come spazio per guerrieri, luogo di addestramento per entrare poi in un immaginario Colosseo e dare battaglia trovandosi poi, una volta usciti dall’agone agonistico, senza uno spazio per una vita normale di crescita verso la maturità.
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