Una riflessione sulla Giornata del rifugiato
Giancarlo Giuliani: "Per essere cristiani non c’è bisogno di essere 'contro' altre persone ma contro il male"
In occasione dell’importante Giornata del rifugiato, che si celebra oggi in tutto il mondo, don Giancarlo Giuliani, direttore Caritas Senigallia, fa una riflessione sull’integrazione e sul mondo complesso e variegato degli stranieri, della loro cultura e religione, ma anche sull’attuale mondo cristiano. Oggi (Ndr: 20 giugno) don Giancarlo sarà in diretta studio al TG3 Marche delle ore 14, proprio sul tema della Giornata mondiale del rifugiato. Come sempre dalla parte dell’incontro, dell’accoglienza e della cura verso i più deboli.
“È stato un bel momento quello della partecipazione alla festa di fine Ramadan, a Casa San
Benedetto, dove vivono alcune mamme con bambini. Si sono ritrovate con loro famiglie musulmane che sono state ospiti del progetto SPRAR, volontari e famiglie cristiane.
Qualcuno si è posto la domanda: Che c’entriamo noi cristiani? Perché non festeggiamo
Cristo?
A dire la verità Cristo lo festeggiamo tutte le domeniche, lo festeggiamo solennemente a Pasqua e Natale e in tante altre occasioni, Quaresima compresa. Se i cristiani non partecipano più tanto, non è certo per colpa dei musulmani, ma del fatto che non abbiamo più voglia di essere cristiani seri. Vedere il sincero anelito di fede per una vita più giusta dei fedeli islamici non può certo farci del male. Il beato Charles De Foucault, nobile francese, diventato agnostico durante la carriera militare, ritrovò la fede vedendo la preghiera intensa dei musulmani in
Algeria. Si convertì, divenne monaco e ispiratore di spiritualità per tutto il ventesimo secolo.
In fin dei conti, con Gesù, veneriamo lo stesso Dio, il Dio dei viventi: il Dio di Abramo, di Isacco e Ismaele e di Giacobbe. Il Dio che parla agli uomini per invitarli a essere giusti e misericordiosi. Ci sono mussulmani integralisti che vogliono eliminare i cristiani… Ci sono cristiani che hanno ucciso musulmani nel passato e nel presente… Non è questione di fede, ma di cattiveria umana che alberga dappertutto.
Nei Paesi in cui cristiani e musulmani vivono insieme è antica tradizione, nelle feste degli uni e degli altri, scambiarsi auguri e dolci, in segno di amicizia. Ricordo personalmente la nostalgia di questa tradizione dei ragazzi islamici profughi da Sarajevo ad Arcevia, quando è scoppiata la guerra nei Balcani. In ricordo di questo, partecipavano volentieri alle nostre cerimonie religiose con curioso interesse. Lo stesso con cui famiglie islamiche erano presenti anche alla S. Messa nella festa del Volontario, pochi giorni fa, sempre a Casa San Benedetto.
Anche alla lavanda dei piedi fatta dal Vescovo nel Giovedì santo hanno partecipato alcuni ragazzi musulmani. Capita anche spesso che, per l’elemosina ai poveri con cui sottolineano la fine del Ramadan, le offerte vengano portate in Caritas.
Del resto, Gesù ha portato a esempio di buon osservante della legge un samaritano eretico, che si è fatto prossimo del malcapitato derubato dai briganti, in contrapposizione al sacerdote e al levita, più preoccupati della purità rituale.
Per essere cristiani non c’è bisogno di essere “contro” altre persone e altri credenti, ma contro il male”.
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