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Palazzo Gherardi: “Ripartire da una fondazione ad ‘azionariato diffuso’”

Battistuzzo Cremonini: ‘L’iniziativa deve originare dai cittadini che possono diventare co-gestori del bene insieme al Comune.’

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Palazzo Gherardi - foto di Moreno David

L’ispezione dei consiglieri comunali Paradisi, Rebecchini e Canestrari, seguiti anche dall’assessore Monachesi, all’interno del Palazzo Gherardi, già sede storica del Liceo Classico ‘G. Perticari’, ha messo in luce e reso evidente per tutti – grazie ad una efficace diretta Facebook, – lo stato di degrado nel quale versa l’edificio di cui da anni tanto si parla.

In altro intervento proponevo la trasformazione parziale, con restauro perlopiù conservativo del Palazzo in un Conservatorio di Musica, sotto gli auspici di MIUR e MiBAC e con il reperimento di fondi nazionali e internazionali attraverso un oculato programma di scambio educativo inter-istituti; al contempo suggerivo la possibilità di realizzare, nel mezzanino del Palazzo, un Museo Interattivo della Scienza, sfruttando lo storico Gabinetto Scientifico del Perticari ancora allocato in quei locali.

La diretta del consigliere Paradisi è stata illuminante per una ragione soprattutto. Egli riporta la notizia secondo la quale l’edificio, pur minato da una pervasiva incuria, non sarebbe mai stato dichiarato davvero inagibile: se ciò fosse vero, si tratterebbe senza dubbio di un notevole punto di partenza cui appellarsi per spronare il Comune – proprietario del bene in quanto erede del conte Adolfo Gherardi, – a finalmente intraprendere dei lavori di ristrutturazione.

Tuttavia, sia che si voglia, come Paradisi, fare del Palazzo un polo culturale multifunzionale, sia che, come nel caso del sottoscritto, si auspichi per esso il ritorno ad essere una scuola con annesso museo, il nodo da sciogliere rimane senza dubbio quello della progettualità: come passare dalle parole ai fatti, nel momento in cui il Comune lamenta da anni l’impossibilità d’assumersi un onere economico così importante?

La soluzione più ovvia sembra quella di coinvolgere attivamente la cittadinanza. Lo strumento più utile potrebbe essere quello di una fondazione, ad ‘azionariato diffuso’ o meglio a partecipazione diffusa, grazie alla quale ogni cittadino che abbia a cuore Palazzo Gherardi possa ad un tempo divenire suo mecenate e fruitore.

Si potrebbe pertanto creare la Fondazione Culturale ‘Adolfo Gherardi’ che avrebbe lo scopo di aiutare il Comune nel reperimento dei fondi per il restauro, sia raccogliendo quote associative dai donatori/soci della fondazione stessa sia costruendo sinergie con altri enti no profit a livello nazionale ed internazionale. Ruolo della fondazione sarebbe quindi quello di prendere in effetti la gestione del Palazzo, rimanendo il Comune legittimo proprietario dell’edificio.

Tali esperimenti sono assai comuni nel mondo anglosassone ma cominciano a diffondersi anche in Italia. Nel 2014, a Venezia, il Demanio mise all’asta l’isola lagunare di Poveglia – molto amata dai veneziani che la raggiungono in barca la domenica per passarvi una giornata all’aria aperta, – che sarebbe probabilmente finita ad ospitare l’ennesimo grande albergo di lusso gestito magari da lontani proprietari a Dubai o a San Pietroburgo.

In pochi mesi fu creata un’associazione, dal nome di Poveglia per Tutti, che concorse alla gara di assegnazione dell’isola proponendo moltissimi progetti che garantissero la fruizione libera del bene senza peraltro mutarne radicalmente l’attuale aspetto: il singolo cittadino versava una quota di adesione all’associazione divenendone ‘azionista’ e contribuendo a raccogliere i soldi necessari alla licitazione. Ben presto l’iniziativa coinvolse singoli ed enti da tutto il mondo.

Se davvero pensiamo che Palazzo Gherardi non possa essere lasciato in uno stato di degrado che potrebbe preludere a chissà quali tragiche successive decisioni, serve che la cittadinanza tutta lo riconosca come parte della propria geografia emotiva ed esperienziale, riunendosi in una fondazione nel nome di quell’animo generoso che fu il conte Adolfo Gherardi. L’iniziativa deve originare dai cittadini che possono diventare co-gestori del bene insieme al Comune. Non è impossibile, se tutti lo vogliono.

da Gaspare Battistuzzo Cremonini (U.M.I.)

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