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“Recupero filologico o parco a tema?” Il “caso” di Piazza Simoncelli a Senigallia

"Pensare attentamente: che fare della piazza?"

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MC Coperture - Bonifica amianto, impermeabilizzazioni - Senigallia, Montecchio
Piazza Simoncelli

E’ materia d’esperienza comune che la Storia tenda a stratificarsi, a comporsi e farsi attraverso la sovrapposizione di veli successivi, sempre interessanti ma sempre sostituiti e coperti da quelli delle epoche che li seguono.

Un esempio non trascurabile potrebbe essere quello dei manufatti rinvenuti sotto il manto stradale di Via San Martino: pur se interessanti, essi saranno ricoperti al fine di permettere lo scorrere quotidiano della vita contemporanea.

Il progetto che il Comune ha presentato – varie testate locali hanno riportato la notizia, – per la riqualificazione di Piazza Simoncelli è senza dubbio interessante ed arguto. Con il ‘confronto’ dell’architetto Margherita Abbo Romani, la Giunta ha immaginato un modo sia per restaurare uno spazio pubblico sia per rendere omaggio alla comunità israelitica senigalliese che così tanta parte ha avuto nella storia della cittadina adriatica.

A quanto si evince tale progetto si realizzerebbe attraverso la costruzione d’un selciato pedonale che mimerebbe le pavimentazioni delle antiche case del ghetto ebraico (non più esistente, sorgeva appunto in luogo di Piazza Simoncelli), il quale contemplerebbe un disegno centrale a forma di Stella di David al cui vertice sorgerebbe infine una ‘fonte ebraica’ (ossia un simil pozzo per l’acqua), da cui partirebbero due muretti-sedili a significare un recinto ma anche l’accoglienza dell’altro.

Tale tipo di intervento andrebbe ad inserirsi nella più ampia – e meritoria, – attività di recupero delle piazze cittadine voluta da questa Giunta: dal Foro Annonario sino ad arrivare all’imponente lavoro svolto in Piazza Duomo. E tuttavia è proprio dall’esperienza di quest’ultima che origina un insopprimibile dubbio di ordine metodologico, non certo di principio in quanto, va ribadito, la riqualificazione del centro urbano ha sempre carattere, appunto, meritorio.

Quella che un tempo, sotto i Papi, chiamavasi Piazza Duomo, non per caso oggi si chiama Piazza Garibaldi. La Storia ha posto su di essa i suoi strati che sono andati a coprire – che possa piacere oppure no, – gli strati precedenti: al regime papale degli Stati Pontifici si sostituì quello sabaudo del Regno d’Italia ed infine quello Repubblicano post-bellico. Esso peraltro, e va sottolineato, non ha sentito la necessità di mutar di nome alla piazza ritenendo evidentemente che il Generale Garibaldi fosse un simbolo capace di sopravvivere al cambio di regime politico.

Altri simboli non hanno avuto questa fortuna o questa stessa sorte: quale dovrebbe essere pertanto il senso di aggiungere due stemmi papali ad una piazza che porta, per contro e non per caso, il nome di colui che l’Italia unita la fece in primis proprio contro gli Stati del Papa?

Si dirà che i Pontefici han fatto molto per Senigallia. E ciò nessuno vuol negarlo, anzi, si è oltremodo felici che svariate istituzioni cittadine questo segmento di storia patria lo ricordino con qualificate attività: il Palazzo Mastai, per dirne una, la Pinacoteca Diocesana ecc. Solo che se ci lasciassimo trasportare dal noto refrain ‘ma qualcosa di buono l’ha fatta anche lui…’rischieremmo non solo di andar fuori strada ma di fare cattivo servigio alla Storia, unico giudice degli eventi umani.

Se, per paradosso, portassimo avanti un simile ragionamento, potremmo dire che Senigallia ebbe molto da guadagnare con l’entrata nel Regno dei Savoia: saremmo quindi d’accordo di mutar di nuovo di nome al Corso 2 Giugno e a farlo tornare Corso Vittorio Emanuele? O ancora: è sotto gli occhi di tutti che la gran parte delle opere che rendono Senigallia una avveniristica località balneare siano iniziativa del Regime Fascista, basti citare la Rotonda a Mare, lo Stadio, persino lo slogan pubblicitario Senigallia spiaggia di Velluto; ciò vorrebbe dire che sarebbe sensato mutar di nuovo di nome alla Scuola Pascoli per farla tornare Scuola Elementare ‘Costanzo Ciano’? O magari giustificherebbe l’apposizione ‘filologica’ di fasci littori decorativi sulla Rotonda, com’era in origine?
Certamente no. E ciò perché la Storia ha giudicato tali regimi e nel bene o nel male li ha sostituiti con qualcos’altro. Ciò è successo anche con il pur incolpevole Ghetto di Senigallia: esso non esiste più da tantissimo tempo, quale significato potrebbe avere il ri-costruire una piazza di foggia orientaleggiante in una cittadina che negli ultimi due secoli ha assunto una morfologia affatto diversa?
Mi si obbietterà l’esempio della mia natia Venezia, ove il motto del sindaco primonovecentesco Pier Filippo Grimani – quel suo grido “com’era, dov’era!”,– servì a ricostruire il Campanile di San Marco crollato su se stesso e il Teatro La Fenice, bruciato in epoca più recente. Senza dubbio Grimani aveva ragione epperò il suo “com’era” ha un senso logico solo ove l’intervento architettonico di restauro e l’originale vita del manufatto siano separati da esiguo intermezzo temporale: ricostruire ex novo, con materiali non originali, manufatti scomparsi da secoli (se e quando esistiti, peraltro) ci mette più sul sentiero del parco a tema che non su quello del recupero filologico.
Facendo salve la buona fede e il giusto spirito di riqualificazione che muovono l’azione di questa Giunta, del sindaco Mangialardi e dell’assessore Monachesi, sembrerebbe utile riflettere su quale sia la nozione di ‘restauro filologico’ che si vuol applicare a Piazza Simoncelli: se per Piazza Garibaldi i giochi sono ormai fatti, per quest’altro spazio pubblico si è ancora in tempo per ripensare.

Gaspare Battistuzzo Cremonini
(UMI – Unione Monarchica Italiana)

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