La Rocca Roveresca di Senigallia sempre più contenitore di mostre
Rilevante il patrimonio Musinf nel campo della poesia visiva
Il recente incontro ad Urbino tra il direttore del Polo museale delle Marche, Peter Aufreiter, e il sindaco di Senigallia, Maurizio Mangialardi, che era accompagnato dall’assessore alla Cultura Simonetta Bucari, ha confermato il ruolo della Rocca Roveresca come contenitore di grandi mostre d’arte contemporanea.
Infatti, dopo il successo della mostra “Pittura Analitica: origine e continuità”, visitabile fino al 31 gennaio, sono già in preparazione la mostra annuale dell’Archivio di Poesia visiva (15 febbraio – 17 marzo) e la mostra annuale dell’Archivio Nazionale di Fotografia Stenopeica (29 marzo – 31 maggio).
Altre due importanti esposizioni, poi, caratterizzeranno l’estate di Senigallia: a luglio la mostra fotografica di Jed Fielding, che sarà curata dal Musinf in collaborazione con la Fondazione Città di Senigallia, e ad agosto la mostra fotografica dedicata al Summer Jamboree. E’ un evento che si svolgerà proprio durante il festival dedicato alla musica e alla cultura americana degli anni quaranta e cinquanta. In corso di definizione, infine, ci sono altre iniziative che si susseguiranno nei mesi autunnali e invernali.
“Quella presentata –come affermato dal sindaco Mangialardi – è una proposta di grande qualità che permetterà, anche nel 2019, di valorizzare al meglio la Rocca Roveresca, gioiello del nostro patrimonio culturale e artistico.
La mostra alla Rocca Roveresca, dedicata alla raccolta di poesia verbovisiva e al libro d’artista presenta una selezione delle centinaia di opere di settore conservate dal Musinf di Senigallia e intitolata a Mirella Bentivoglio ed Eugenio Miccini, che ne furono i fondatori”.
Quella del Musinf è considerata la più vasta raccolta italiana di poesia visiva e del libro d’artista. La mostra costituisce quindi un evento che fornisce l’ occasione per conoscere compiutamente l’ambito operativo dell’espressione verbovisiva, inteso come configurazione di lettere e parole, immagini, parole e slittamenti di senso. La raccolta comprende opere dei maggiori artisti, secondo una scelta compiuta dagli stessi Bentivoglio e Miccini. Basterà citare i nomi di Elisabetta Gut, Fernando Aguiar, Irma Blank, Jean-François Bory, Anna Boschi, Sara Campesan, Ugo Carrega, Magdalo Mussio, Luciano Caruso, Gianni Broi, Antonio Bueno, Giuseppe Chiari, Cesi Amoretti, Lamberto Pignotti, Fernando Andolcetti, Carla Bertola, Tomaso Binga, Julien Blaine, Vincezo Accame, Gisella Meo, Adriano Spatola, Chima Sunada, Shohachiro Takahashi, Guido Tatafiore, Franco Vaccari, Jiří Valoch, Nanni Varale, Franco,Verdi, Emilio Villa, Pat Grimshaw, Maria Lai, Sveva Lanza, Ketty La Rocca.
La mostra alla Rocca Roveresca è stata progettata dal prof. Carlo Emanuele Bugatti in occasione del compimento della catalogazione generale della raccolta.
E’ curata da Chiara Diamantini, Stefano Schiavoni, Alfonso Napolitano.
Il Musinf di Senigallia conserva la raccolta di poesia visiva e libro d’artista considerata come la più vasta a livello nazionale, ma conserva anche la raccolta donata dalla Lacava, che aveva svolto una qualificata attività di settore in campo galleristico ed editoriale.
Il prof. Bugatti premette che è stata Chiara Diamantini, con Mirella Bentivoglio ed Eugenio Miccini a consentire si desse vita all’ Archivio VerboVisivo del Museo d’arte moderna di Senigallia. La catalogazione di questa raccolta è stata completata recentemente ancora per merito di Chiara Diamantini.
La Diamantini è stata una collaboratrice di Mirella Bentivoglio. “E’ fondamentale” spiega il prof. Bugatti “leggere la biografia di Chiara Diamantini per capire come vita ed opera di Chiara Diamantini coincidano con la vicenda, singolare e vincente, della poesia verbovisiva e del libro d’artista”. Si tratta di una vicenda di cui Chiara non ha mancato, anche a livello internazionale, nessuna delle tappe espositive significative. E’ stata a fianco di Mirella Bentivoglio anche nella preparazione ed allestimento di tante storiche mostre organizzate da Mirella Bentivoglio. Tra queste tutti ricordano quella intitolata Volùmina, il libro oggetto rivisitato dalla donna artista del nostro secolo. Tale Mostra fu allestita alla Rocca Roveresca nel 1990. “C’è da credere a un rapporto profondo tra la donna e l’alfabeto, e non solo perché per prima ne trasmette la forma ai figli” aveva scritto Mirella Bentivoglio nell’introduzione a “Materializzazione del linguaggio” per la Biennale di Venezia del 1978.
Mirella Bentivoglio, poetessa e artista verbovisiva era nata a Klagenfurt (Austria) nel 1922. Figlia di Margherita Cavalli e dello scienziato Ernesto Bertarelli, dopo aver trascorso gli anni dell’infanzia a Milano, studiò nella Svizzera tedesca e in Inghilterra fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1949 sposò Ludovico Matteo Bentivoglio, professore di diritto spaziale ed esperto presso l’ONU di problemi concernenti lo spazio cosmico. Dal loro matrimonio sono nate tre figlie, Marina (1950), Leonetta (1952) e Ilaria (1960). Nel 1943 pubblico’ la sua prima raccolta di poesie Giardino (Scheiwiller), seguita da Calendario (Vallecchi) 1968. Dopo aver seguito un seminario di studi americani a Salisburgo nel 1959, iniziò a occuparsi di critica d’arte, realizzando un lavoro monografico su Ben Shahn, pubblicato da De Luca nel 1963. Nel ’68 ottenne l’idoneità all’insegnamento di Estetica e Storia dell’arte nelle Accademie italiane.
Per prima in Italia, a partire dagli anni Settanta, coinvolse le artiste in mostre internazionali. Aveva scelto fin dagli anni Sessanta l’ambito operativo dell’espressione verbovisiva, inteso come configurazione di lettere e parole. Quindi inteso come Poesia Concreta e coniugazione di immagini e parole. Ha organizzato numerose mostre collettive incentrate su questi temi e il suo lavoro sul femminile nell’arte si è espresso con l’organizzazione di eventi considerati riferimento fondamentale per il tema di genere. Nel 1971 organizzò l’Esposizione Internazionale di Operatrici Visuali al Centro Tool di Milano.
Di conseguenza fu invitata a curare la mostra “Materializzazione del linguaggio” per la Biennale di Venezia del ’78. Nel catalogo spiegò come la donna fosse stata smaterializzata in passato nella sublimità astratta della sua pubblica immagine, parallela ad una pubblica assenza, essendo privatamente confinata nel contatto quotidiano e esclusivo con le materie. Aveva chiarito come la donna fosse finita con il porre tutta se stessa in un mondo derealizzato nei meccanismi ripetitivi. Concludendo che “le nuove forme di poesia risultavano la riappropriazione di ciò che, insieme con l’uomo, la donna ha elaborato dalle sedi primarie dell’esistenza”. E’ in tale contesto che il linguaggio, scrittura-spazio e suono-tempo riescono a ricreare l’unità sotto il segno di uno strano ritmo intessuto. Una connotazione veramente particolare di queste operazioni femminili è di trasformare il linguaggio in tessile, forse come prova di penetrazione nell’inconscio e dell’incontro della donna con il suo mito. Quello del Il filo delle Parche, di Arianna, di Aracne. Filo di un discorso spezzato, che sembra venire ripreso. Tra le tantissime mostre organizzate da Mirella Bentivoglio si possono ricordare, oltre al citato Volùmina, Post scriptum. Artiste italiane tra linguaggio e immagine negli anni Sessanta e Settanta (Ferrara, 1998), (S)cripturae. Le scritture segrete: artiste tra linguaggio e immagine, (Padova, 2001) e la recente Poesia visiva, dedicata alla donazione di Mirella Bentivoglio al MART (Rovereto, 2011). Va ricordato che Mirella Bentivoglio ha inoltre curato varie mostre sulle futuriste italiane nelle arti visive in Italia e all’estero.
Nella sua attività teorica ha coniato neologismi come il Librismo, termine varato nel 1990 per indicare spinta a portare nel libro il mondo della comunicazione. E’ stata chiamata ad esporre numerose volte alla Biennale di Venezia, alla Biennale di San Paolo del Brasile, al Centre Pompidou di Parigi, a Documenta, al Moma, a Palazzo Pitti. Le sue opere sono entrate a far parte di collezioni, come quella del Getty Institute di Los Angeles, del Museo della donna di Washington. Numerose sono state le sue esperienze nel campo della performance e della poesia fonetica (Lettura come poesia, Gubbio 1979, Into the blue, Los Angeles 1994, ecc.). La sua ricerca, inizialmente orientata sulla Poesia concreta, è poi diventata Visiva. Memorabili sono Gabbia (Ho) del ’66, Il cuore della consumatrice ubbidiente del ’75, Ti amo del ’70. Il suo lavoro si configura come una riflessione continua sul linguaggio e sugli slittamenti di senso possibili con il gioco di frammentazione e spostamento, come avviene nella cartella Monumento del ’68 (con Annalisa Alloatti). In questa opera l’artista intende smantellare il Monumento attraverso le lettere del suo nome. Si tratta di una storia costruita con gli elementi alfabetici di quella sola parola. Anagrammando il termine riesce a trovarne altri che contribuiscono a rendere precaria l’identità del codice scrittorio, mettendo sempre in pratica uno sforzo di “segretezza rivelatrice” vicino all’ambito enigmistico, ricco di valore poetico. Anche la tridimensionalità entra nella sua opera con I trucchi della scrittura del ’72 in cui gioca con le parole “Essere sul punto di” in senso spaziale. Il livello sperimentale delle sue opere, approfondito dalla interazione con le immagini, si è mostrato particolarmente interessato a figure archetipiche come l’uovo, simbolo di origine primigenia, che utilizza in diversi contesti e tecniche come nell’ Ovo di Gubbio, una grande opera ambientale in pietra del ’76, Operazione Orfeo (L’uovo nella caverna) dell’ 82-85, Da uovo a zero, opera a tecnica mista dell’84, la scultura in legno Hyper Ovum dell’87, il libro-oggetto Il seme del libro dell’82, fino allo Strip tease alchemico (Armature) dell’89, montaggio fotografico da un’azione dello stesso anno.
Per la Bibliografia ricordiamo “Mirella Bentivoglio, dalla parola al simbolo”, catalogo mostra a cura di M.G. Tolomeo, R. Barilli, Palazzo delle Esposizioni di Roma, 1996 (De Luca), Poesia visiva. La donazione di Mirella Bentivoglio al Mart, catalogo della mostra a cura di D. Ferrari, Mart, Rovereto, 2012 (SilvanaEditoriale).
Chiara Diamantini è nata, nel 1949, a Senigallia. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Urbino e ha iniziato nel ’72 le sue sperimentazioni tra linguaggio e immagine. Il primo libro d’artista di Chiara Diamantini è stato un itinerario poetico-fotografico realizzato a Parigi sulla traccia del romanzo Nadja di Andre’ Breton. Ha ricevuto, nell’ambito del XVI Premio Nazionale Arti Visive, il premio acquisto “Citta’ di Gallarate” per la Poesia visiva.
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