Sentenza Predieri, le parti offese: “Dimostrati tutti i fatti, sono di una portata devastante”
Avvocati Liso e Paradisi: "Condanna solo per abusi sessuali, ma riconoscendo riduzione in schiavitù si poteva fare giurisprudenza"
E’ arrivata da un paio di giorni la sentenza che, in primo grado, ha condannato Alessandro Predieri a otto anni e sei mesi di reclusione per gli abusi sessuali nei confronti di Alessia Chiarenza, la sua ex che ha avanzato querela di parte, nell’ambito del procedimento portato avanti in primis dalla famiglia Bertolini di Senigallia.
A prendere la parola, dopo che la difesa di Predieri ha già fatto pervenire le sue dichiarazioni e la sua intenzione di ricorrere in appello, sono ora gli Avvocati Domenico Liso e Roberto Paradisi, legali, rispettivamente, della stessa Chiarenza e della famiglia Bertolini.
“Vogliamo ringraziare il PM Paolo Gubinelli – affermano entrambi i legali – per il grande lavoro svolto. Un percorso, quello intrapreso dal PM, che lo ha portato ad esprimere vera e propria incredulità dopo quello che è stato il momento risolutivo e che ha rivelato senza ombra di dubbio quelli che sono stati fatti devastanti per Alessia, ovvero al termine dell’incidente probatorio, che ha impegnato per ore la ragazza, quando si è trovata sotto il fuoco di fila delle domande delle varie parti in causa”.
In quella occasione, la giovane di Senigallia aveva raccontato tutta la sua relazione con l’imputato e tutto ciò che le era accaduto: “Nei suoi confronti c’è stato un letterale saccheggio. – afferma Liso – E’ stata saccheggiata la sua vita: Alessia è stata sottoposta al divieto di avere relazioni con sorella e amiche, spogliata del suo guardaroba, privata del suo telefono, soprattutto abusata sessualmente in circostanze estreme. L’entità di questa sentenza, che oltre alla detenzione prevede l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e un risarcimento pecuniario alla giovane, il cui acconto è fissato in trentamila euro, ci dice che tutti i fatti sono stati adeguatamente confermati”.
“Tutte le circostanze contestate nei confronti di tutte e tre le ragazze sono state di noi provate. – prosegue Paradisi – Non solo verso Alessia Chiarenza, ma anche verso un’altra ragazza di Fano e verso Jessica Bertolini, divenuta poi moglie di Alessandro Predieri. Tutto è stato dimostrato chiaramente e precisamente, ma se non si è arrivati a poter incasellare gli addebiti nel reato di riduzione in schiavitù è perchè in questa storia ci sono delle mancanze.
E’ mancata la prova principe, dato che da parte di Jessica Bertolini non si è levata alcuna accusa a suo marito. E’ mancata la querela di parte della ragazza di Fano, che aveva raccontato gli stessi tipi di abusi alla Polizia e poi non ha portato le sue istanze davanti al giudice. E’ mancata l’interpretazione, che sarebbe stata coraggiosa ma coerente, da parte della Corte, che non ha ‘fatto giurisprudenza’, come avevamo invece richiesto, inquadrando tutti i fatti nel reato di riduzione in schiavitù, che non è stato riconosciuto. Sarebbe stata l’occasione per dare anche ad altre donne l’opportunità di essere salvate da relazioni malate a cui esse non riescono a dire basta.“
“Ma all’interno della condanna per violenza sessuale sono rientrate tutte le circostanze da noi provate: tutte quelle cose sono accadute. Non possiamo perciò non dire che giustizia è stata fatta, – conclude Paradisi – ma dalle motivazioni della sentenza, che saranno rese pubbliche entro 90 giorni, mi aspetto che, soprattutto, emerga la restituzione dell’onore alla famiglia Bertolini, ai genitori di Jessica, Marco e Sandra, che durante questi mesi sono stati infangati“.
Allegati
Aggiornamento rispetto al contenuto: con sentenza della Corte di Assise di Ancona del giorno 20/12/2018, il sig. Alessandro Predieri è stato assolto o comunque prosciolto da ogni accusa, eccezion fatta per un capo di imputazione relativo alla violenza sessuale, per il quale è stato condannato con medesima sentenza ad anni 8 e mesi 6 e ad il risarcimento in favore della parte civile costituita. La difesa dell’imputato, respingendo ogni accusa, ha impugnato la sentenza.
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