“Caso Cucchi, quanti silenzi ai vari livelli istituzionali”
Damiano Priante dei GD Senigallia: "non c'è solo fame di giustizia, ma anche necessità di difendere Stato di diritto"
La vicenda di Stefano Cucchi è arrivata a una svolta decisiva. La testimonianza del carabiniere Francesco Tedesco non è solo il possibile perno di una sentenza che acclari le singole responsabilità: è il racconto di chi c’era, di chi ha visto.
E ora, attraverso le sue parole, tutti possiamo vedere. Entrare in quella stanza del pestaggio, in quella notte dello Stato, tra il 15 e il 16 ottobre 2009.
Sono passati quasi nove anni e siamo ancora senza una pronuncia giudiziaria definitiva.
Il perché di questo ritardo riposa, malamente, in omissioni e depistaggi di singoli. Ma quello che forse più rileva, è che le piccole omertà di qualcuno sembrano suonare all’unisono con i tanti silenzi dei vari livelli istituzionali.
A scalfirli furono da principio delle foto da un letto di obitorio. Poi la determinazione della famiglia Cucchi e dell’avvocato Anselmo. E poi, una presa di coscienza generale: non bisogna mai far cadere nell’oblio queste vicende. Perché dimenticare, in questi casi, sembra troppo spesso far morire.
Come Giovanile del PD ascoltammo le parole di Ilaria Cucchi e dell’avvocato Fabio Anselmo in un incontro che portammo a Senigallia nell’estate del 2012. Un piccolo contributo il nostro, un fiammifero acceso, che insieme a migliaia di altri, accompagnò la lunga ricerca della verità. Un contributo che ci fece sentire non tanto utili, quanto più vicini a una vicenda che impone la solidarietà della collettività.
Non si tratta solo dell’implacabile fame di giustizia per la morte di un ragazzo. Si tratta di mettere punti fermi nei perimetri di uno Stato di diritto: contorni spesso coincidenti con l’esercizio della forza pubblica.
Uno strumento che sappiamo ineludibile per assicurare l’ordine pubblico, ma proprio per la sue specificità, necessita di regole chiare e nette. Regole che consentano di operare ad agenti che si trovano spesso in situazioni al limite, ma, al contempo, intransigenti verso ogni abuso.
E, prima ancora di tutto questo: non cadiamo nelle tifoserie. Diffidiamo di chi strumentalizza questa vicenda per assecondare simpatie politiche di pancia. Soltanto, dobbiamo per prima cosa realizzare – e affermare con forza – che il rispetto per le forze dell’ordine è fondamentale. Questo rispetto si fonda sull’operato di migliaia di persone che rischiano la vita, ogni giorno. E si fonda – si deve fondare – su una collettività di agenti che sappia riflettere su se stessa, non accontentandosi di additare “le mele marce”, ma rigettando sempre, e con forza, ogni strisciante corporativismo spacciato per senso di appartenenza.
Come Giovani Democratici continueremo a ricordalo. Come cittadini continueremo a pretenderlo.
Damiano Priante-Giovani Democratici
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