Nella Notte dei Musei a Senigallia, l’occasione per scoprire l’arte di Corrado Gabani – FOTO
Sabato 19 maggio, alle 18.45 a Palazzetto Baviera, l'esposizione delle opere del pittore senigalliese vissuto tra '800 e '900
Sabato 19 maggio alle ore 18,45, nell’ ambito della manifestazione “La notte dei Musei”, tra le varie proposte coordinate dal Comune di Senigallia è degna di attenzione l’esposizione al Palazzetto Baviera di una ventina di quadri del pittore Corrado Gabani (Senigallia, 7 febbraio 1872 – Roma, 11 febbraio 1936).
Una mostra di ciò che era rimasto di questo bravo pittore era stata fatta alla Rocca Roveresca nell’estate del 1997, con la presentazione di Pietro Zampetti, famoso storico dell’arte. Per volontà della figlia del pittore, deceduta nel 2005, queste opere dovrebbero essere destinate alla pubblica fruizione, possibilmente a Senigallia. Di realizzare questo desiderio si è incaricato il figlio Leo Winkler, che presenta questa esposizione.
Ciò che il pubblico vedrà è di alta qualità, ma è solo quanto è rimasto di un’opera dispersa, ora difficilmente ricomponibile, e che ha avuto la singolare avventura di scampare al bombardamento di Ancona, nell’ottobre 1943: altrimenti non sarebbe rimasta traccia di questo pittore tranne che nei ricordi familiari. Oggi alla voce “Corrado Gabani” internet è muta: non esiste. E invece ora i senigalliesi potranno riscoprire alcune viste della Senigallia prima del disastroso terremoto del 1930, e ammirare una pittura degna di essere salvata dall’oblio.
Da meditare è la vicenda personale del pittore: nato in una famiglia benestante di Senigallia, finiti gli studi liceali andò a Roma ad adempiere al servizio militare, che fece anche per il fratello Rodolfo, avviato alla carriera di giornalista (nel 1910 aprì e diresse la redazione de Il Resto del Carlino in Ancona). A Roma dal 1889 frequentò l’Accademia di San Luca, dove fu in contatto con grandi maestri come Antonio Mancini (1852-1930) e Domenico Morelli (1832-1901) e dove strinse amicizia con altri pittori, amici di una vita.
Ma Roma significò anche poter frequentare lo zio Giuseppe Gabani (1846-1900), che gli fu maestro d’arte e di vita. Dopo aver partecipato alla battaglia di Custoza e alla presa di Roma, era stato valente pittore di soggetti militari e della campagna romana, aveva collaborato alla decorazione della volta del Teatro dell’ Opera di Roma, e aveva avuto la medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Melbourne nel 1880. Un suo quadro fu lodato da D’Annunzio.
Corrado Gabani, legato ai valori risorgimentali, nel 1897, insieme ad altri senigalliesi, fu garibaldino con Ricciotti Garibaldi nella lotta per la libertà della Grecia e combattè nella battaglia di Domokos. Ma quello stesso anno fu cruciale nella sua vita: il padre fu ucciso nella campagna di Senigallia, causando un repentino mutamento delle fortune familiari. Il doversi occupare degli affari di famiglia fu un forte ostacolo alla sua realizzazione come artista. Pure in questi anni continua a dipingere e realizza i suoi quadri più belli. Nel 1904 è tra i curatori della Esposizione Generale Marchigiana a Senigallia, a cui partecipa con il quadro Ottobre (che si potrà ammirare al Palazzetto Baviera). Nel 1906 partecipa all’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Milano, per l’inaugurazione del traforo del Sempione, un fatto di grande risonanza, e nel 1913-14 a altre esposizioni nazionali a Genova e Milano. Intanto vive ritirato a Scapezzano, occupandosi della campagna, le cui atmosfere diventano oggetto della sua pittura. Resta il desiderio di tornare a occuparsi d’arte in una grande città. Ma nel 1920 è colpito da una nuova sventura: Anna, la sua diletta moglie, sposata con rito civile nel 1908, muore di spagnola (egli stesso sta malissimo, e dipinge l’Autoritratto, il suo testamento pittorico), e resta solo ad accudire i due figli bambini, Grazia e Aristide, di 10 e 8 anni. Ora la sua preoccupazione principale è mantenere unita la famiglia. Si trasferisce a Senigallia per la scuola dei figli, ma nel 1930, il 30 ottobre, il terremoto gli distrugge la casa di via Marchetti. Resta un suo quadro con la vista verso la Rocca.
Dal 1929 è tornato a Roma, dove il figlio Aristide frequenta l’ Università. Grazie a un notevole occhio critico e alla sua perizia, nei mercatini sa riconoscere sotto croste poco leggibili quadri di pregio per collezioni private.
Dopo breve malattia, muore di tumore l’ 11 febbraio 1936. E’ il giorno della Conciliazione.
Fu uomo colto, di indole aristocratica, ma senza arroganza, di grande passione civile, laico (aderì alla Giordano Bruno, fino allo scioglimento operato dal fascismo) ma non irreligioso, di etica severa e nemico di ogni falsità e debolezza, capace di idee originali, socievole e interessato alle idee dei giovani. Fu di statura alta, corpo da atleta. Non si è mai lamentato dei colpi della sorte avversa.
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