“Oltre il carcere”: Agnese Moro e Grazia Grena raccontano la loro Giustizia Riparativa
Giovedì 17 maggio, alle 21, presso l'Auditorium San Rocco di Senigallia
Un incontro per capire cosa sia e come operi la Giustizia Riparativa, affrontando una delle pagine più dure della storia italiana, quella della lotta armata, e partendo dall’esperienza viva di due protagoniste: Agnese Moro, figlia del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978, e l’ex appartenente al gruppo armato Prima Linea, Maria Grazia Grena.
Questo è “Oltre il carcere: la giustizia che ripara“, la serata pubblica organizzata per giovedì 17 maggio, alle ore 21, presso l’Auditorium San Rocco di Senigallia (piazza Garibaldi, 1) dall’associazione Antigone Marche all’interno della terza edizione de “La Primavera della Legalità”, il cartellone di eventi messo a punto ogni anno, tra marzo e giugno, da una rete di oltre 20 associazioni, scuole e organizzazioni del territorio per riflettere sul tema del rispetto dei diritti e delle regole. A moderare l’incontro tra Moro e Grena, il coordinatore degli incontri di giustizia riparativa del centro di Milano, il gesuita e scrittore Padre Guido Bertagna.
Una serata per capire, dunque, partendo dalla constatazione che né i processi né i dibattiti mediatici del conflitto sono riusciti a sanare la ferita di quelle esperienze e che un gruppo numeroso di vittime, familiari di vittime e responsabili della lotta armata ha iniziato a incontrarsi per cercare una via altra alla ricomposizione di quella frattura che non smette di dolere. Una via che, ispirandosi all’esempio del Sud Africa post-apartheid, fa propria la lezione della giustizia riparativa, nella certezza che il fare giustizia non possa, e non debba, risolversi solamente nell’applicazione di una pena.
“Siamo estremamente soddisfatti – ha detto la Presidente di Antigone Marche, Giulia Torbidoni – di aver organizzato questo incontro pubblico e di replicarlo, il venerdì mattina, al liceo scientifico ‘Marconi’ di Pesaro. Ascoltare le parole delle persone che hanno determinati vissuti e che con coraggio praticano strade ‘altre’ non può che far bene, sia perché ci fanno avvicinare a pezzi importanti della storia di questo Paese, come è in questo caso, sia perché, attraverso le emozioni che ci comunicano, ci aiutano a sollevare dubbi e a porci domande. Una pratica, questa del conoscere e del mettere in discussione la realtà che ci circonda, che è il vero motore civile e democratico di una società”.
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