“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
Messaggio per Pasqua del Vescovo di Senigallia, Mons. Manenti
Nei racconti pasquali la presenza delle donne riveste una particolare importanza. Sono loro le prime a muoversi, “di buon mattino”, per andare al sepolcro, con i profumi, per completare la sepoltura di Gesù, avvenuta in fretta due giorni prima; sono loro a portare la notizia che il sepolcro è vuoto e che Gesù è risorto.
I profumi che le donne portano con sé dicono il loro affetto per Gesù, che continuano ad amare, anche se ora giace in un sepolcro. I profumi dicono però che per loro Gesù è morto e ora lo possono solo onorare come si onora una persona morta. Il sepolcro al quale si stanno recando e che, tra l’altro, è chiuso con una grossa pietra che loro non sono in grado di rimuovere, custodisce non solo il cadavere di Gesù, ma anche le loro speranze deluse. L’impossibilità di togliere la grossa pietra che impedisce l’accesso al sepolcro sembra indicare l’irreparabilità della situazione, perché Gesù è morto e con lui sono morte le speranze di chi lo aveva seguito.
La pietra rimossa, il sepolcro vuoto, dicono che quanto sembrava irreparabile, definitivamente concluso, si riapre in modo del tutto nuovo: Gesù non è sparito dal sepolcro, né il suo corpo è stato trafugato, ma è risorto e con Gesù sono risorte le speranze dei suoi discepoli. A risuscitare Gesù non sono le speranze dei discepoli né i profumi delle donne, nemmeno le attese degli uomini, ma è il Padre di Gesù, che riconosce che quanto Gesù ha detto e compiuto con la sua esistenza, soprattutto con la sua morte in croce, parla di Lui, come di un Dio che non vuole essere risarcito dagli uomini che con i loro peccati lo hanno offeso, ma che desidera riavere accanto a sé i figli che se ne sono andati dalla casa del suo amore, che per questo non ha mai smesso di cercarli e ha accettato che il Figlio amatosi spingesse fin dove stanno loro – lontani da Dio – (questo rappresenta la morte in croce) per riportarli dove sta Lui, nella casa del Padre.
Il giorno di Pasqua ci augureremo a vicenda una “buona Pasqua”, una Pasqua cioè che rappresenti una buona ragione per continuare a investire sulla nostra vita, che di questi tempi, non sempre autorizza tante speranze. La buona ragione è data dal fatto che Gesù non è rimasto in quel sepolcro come un morto da onorare con i profumi del nostro amore, della nostra fede, certamente sinceri, ma spesso fragili e impacciati, inquinati dalle nostre paure, ma ne è uscito per incontrarci, per dire anche a noi come alle donne e ai discepoli di allora di non temere, per far tornare ad ardere di speranza e di gioia il nostro cuore come il cuore dei due discepoli delusi, intercettati sulla strada per Emmaus, per aprire i nostri occhi perché lo riconosciamo accanto a noi nei diversi percorsi della vita, come ha aperto gli occhi ai due discepoli nella locanda di Emmaus.
Il mio augurio è che la Pasqua di quest’anno sia veramente “buona” per tutti, soprattutto per quelli che faticano ad avere una speranza forte e rassicurante per la loro esistenza o, addirittura, l’hanno smarrita, abbandonata nel “sepolcro” delle delusioni, delle paure, delle sconfitte e delle prove della vita.
+ Franco Manenti
Vescovo di Senigallia
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