Il saluto di fine 2017 a Senigallia. Mangialardi: “Grazie ai tanti al servizio della comunità”
In sala consiliare, momenti di commozione ricordando Paolo Simone e Patrizia Casagrande: "Simboli per la città"
Tutta la Giunta di Senigallia sui suoi scranni, i consiglieri di maggioranza, i comandanti delle Forze dell’Ordine, le parlamentari Amati e Brignone, il consigliere regionale Volpini, i sindaci Conigli e Principi, di Trecastelli e Corinaldo, gli ex sindaci Mariani e Angeloni, i rappresentanti di tante associazioni del territorio. Questa la platea presente la mattina del 31 dicembre per i saluti di fine 2017 del sindaco di Senigallia.
Un discorso che, contrariamente ai precedenti, non aveva al suo interno il resoconto di quanto fatto nell’anno che si chiude e quanto da fare nel prossimo, ma si concentrato in gran parte al senso di comunità costruita e da costruire, passando, nel suo punto cruciale al ricordo di due figure scomparse nel 2017, che sono simboliche per l’impegno verso la comunità: Paolo Simone e Patrizia Casagrande. Un momento di grande commozione anche per lo stesso Mangialardi.
Quello che il sindaco ha ripercorso, attraverso i tanti ringraziamenti rivolti a presenti e non, è l’anno di lavoro, a volte a compenso zero, di tante altre persone che proprio per la comunità si sono spese: volontari, associazioni, dipendenti comunali, forze dell’ordine, consiglieri delegati, maggioranza e opposizione. Impegno profuso per portare a casa risultati a vantaggio di tutti. A questa schiera, al termine, si è associato anche lo stesso Mangialardi, che, ha assicurato, non ha nessuna intenzione di dimettersi prima del termine del suo mandato: “Resto al mio posto, non vado da nessuna parte, continuerò a lavorare per Senigallia”. E promette, nei prossimi giorni, un’altra occasione di incontro per annunciare il programma dei prossimi mille giorni di governo della città.
Di seguito il testo del discorso del sindaco, inoltratoci dal Comune di Senigallia.
Buon giorno e benvenuti a questo nostro tradizionale incontro del 31 dicembre, quest’anno in versione festiva visto che coincide con la domenica.
La fine di un anno si sa è tempo di bilanci ed allora siamo un po’ tutti alla ricerca spasmodica di un concetto, di una parola chiave capace di racchiudere il senso più autentico del tempo che ci lasciamo alle spalle ed il sentimento di speranza con il quale guardiamo all’anno che sta per cominciare.
Alcune ricerche sociologiche hanno individuato nel rancore il sentimento prevalente tra le persone in questa travagliata stagione della nostra storia. Ed infatti è un po’ così. Il rancore domina le nostre vite private e quelle pubbliche.
E’ il sentimento di chi spacca il naso con una testata ad un giornalista venuto ad intervistarlo; di chi vieta con un’ordinanza di fare la carità ai mendicanti; il rancore di chi riserva alle idee degli altri solo sistematici insulti personali, aggressioni mediatiche, ingiurie espresse attraverso la copertura della rete. E’ come se i problemi che le persone sono costrette ad affrontare dipendessero tutti dalle azioni di qualcun altro, dai privilegi della casta, dalle ruberie del vicino di casa, dagli inganni degli imprenditori, dai soprusi dei politici e così via. Personalmente tra le parole chiave per descrivere lo spirito dei tempi inserirei un esasperato individualismo che nasce anche a mio parere dall’uso e dall’abuso della rete e dei social media. Vedete, l’avvento della rete è stato salutato da tutti come una straordinaria opportunità dalle persone. Per la prima volta nella storia c’era la materiale possibilità che singole persone, indipendentemente dalla propria condizione personale, dalla propria preparazione culturale, al di fuori dei partiti o delle organizzazioni tradizionali, potessero con i propri interventi influenzare il dibattito pubblico.
Tutti i cittadini avevano finalmente la possibilità di far sentire la propria voce.
Una grande vittoria della democrazia si disse. Ma è andata fino in fondo così? Certamente la rete rappresenta il nostro presente ed anche il nostro futuro, tutta la nostra quotidianità ed il nostro lavoro sono immersi nelle rete con enormi benefici in termini di efficacia, velocità, semplicità. Tuttavia nel dibattito pubblico alcune speranze a mio parere sono state disattese. Nessuno aveva previsto che nei social le persone più che far ascoltare la propria voce avrebbero fatto sentire le proprie urla scomposte; ed invece purtroppo è andata un po’ così: più che le parole ci hanno indirizzato le loro parolacce. E soprattutto la rete ha generato una specie di culto dell’individuo, la scomparsa di qualsiasi forma di mediazione, il mancato riconoscimento di qualsiasi autorevolezza culturale, scientifica, sociale. Tutti possono parlare con uguale appropriatezza scientifica di vaccini, con eguale forza giuridica di diritto costituzionale, con la medesima precisione di letteratura o di storia dell’arte. Non valgono curricula o percorsi professionali perché uno vale uno. La profondità di ogni pensiero non deve ormai superare la lunghezza di un tweet. E tutto questo ha fatalmente indebolito il senso di appartenenza ad una comunità, ad un gruppo ed ogni bisogno, ogni interesse, qualsiasi istanza non è più funzionale ad un’idea, magari anche arbitraria, di interesse pubblico ma si ricollega esclusivamente ad una dimensione di tornaconto personale.
Insomma siamo tutti un po’ più arrabbiati ed un po’ più rinchiusi in noi stessi. E questa non è una bella notizia.
Visto che parliamo di una comunità come la nostra, mi chiedo cosa possa fare una comunità come Senigallia per resistere a questo vento fastidioso che soffia in questo periodo storico? Cosa deve fare per sollevarsi dal dibattito astioso e rancoroso ed aprirsi all’ascolto ed al rispetto reciproco?
Questa volta ce l’ho io la parola chiave: si chiama esempio. Non belle dichiarazioni di principio, non imposizione dei propri punti di vista, non indifferenza no. Esempio. Vale a dire: avere una propria visione del mondo, dei valori autentici nei quali credere ed agire coerentemente nel proprio spazio e nella propria esperienza con la certezza che prima o poi quei valori potranno diventare patrimonio di tutti.
Ecco io credo che la città di Senigallia, tutta insieme con le sue articolazioni politiche, sociali, culturali, economiche, sia stata e sia un bell’esempio. Tutti noi siamo stati in grado di rispondere alla domanda di Robert Kennedy quando diceva che occorre vedere le cose che non sono ancora e chiedersi perché no.
Perché no? Ci siamo chiesti a Senigallia parecchi anni fa, perché persone dello stesso sesso che si amano non possono vedere riconosciuta la loro unione e tutelati i diritti che nascono dalla loro convivenza? Perché, ci siamo domandati combattendo una battaglia culturale insieme al nostro compianto concittadino Max Fanelli che ricordiamo tutti per lo straordinario coraggio con il quale ha affrontato la sua drammatica condizione personale, una persona in salute non può decidere sul grado di trattamento terapeutico che dovrà essergli applicato nel caso in cui una malattia lo renda incapace di intendere e di volere? Nessuno può disporre della sacralità della vita, ma ciascun uomo ha il diritto di evitare che ci si accanisca terapeuticamente sul proprio corpo. Non c’era a quel tempo una legge nazionale, ed anticipare a livello locale una regolamentazione così importante destinata ad incidere sui diritti delle persone appariva a molti un’eresia o peggio un provvedimento illegittimo. Il Consiglio Comunale di Senigallia ha voluto invece dare un esempio approvando quei regolamenti in mezzo a mille rischi e polemiche e quei regolamenti sono diventati con ben poche modifiche leggi dello stato. Eccola la forza dell’esempio.
Perché no? Ci siamo chiesti di fronte ad un’altra tendenza che sembrava inarrestabile nel nostro scenario nazionale per quanto riguarda le autonomie locali. La tendenza a rivendicare la propria identità territoriale a scapito di altre, quella di mettere sopra ogni altra cosa lo spirito di campanile. E perché invece, ci siamo chiesti, non guardare alle opportunità future di un territorio, all’economicità delle sue forme organizzative, alla loro funzionalità ed efficacia, alla sua forza attrattiva, alla possibilità di accedere più facilmente a finanziamenti statali? Sulla base di queste considerazioni è nata l’Unione dei Comuni della Marca Senone il cui statuto è stato proprio in questi giorni approvato dai Comuni di Senigallia, Ostra, Ostra Vetere, Trecastelli, Serra dè Conti, Arcevia e che vedrà da subito unite tra gli Enti aderenti le funzioni sociali e del Suap ma che tra breve metterà insieme altre importanti attribuzioni di competenza dei singoli Comuni.
Ed ancora perché non aggiungere all’identità culturale e turistica di Senigallia l’immagine di città delle grandi manifestazioni e città della bellezza? Sembrava un’eresia intaccare il tradizionale binomio sole mare sul quale era stato costruito il modello turistico della nostra città. Come se innovare significasse togliere invece che aggiungere. Ed invece la città nel suo insieme ha avuto la lungimiranza di valorizzare un aspetto che tutti noi conosciamo bene: il valore aggiunto di Senigallia rispetto ad altre località balneari sta infatti proprio nel valore artistico dei suoi monumenti, nell’armonia delle sue piazze e dei suoi palazzi, nella forza e suggestione delle sue opere d’arte. In una parola: sta nella sua bellezza. Ed allora perché no? Perché non puntare su questa bellezza della nostra città che sorprende? Perché non partire da qui per fare di Senigallia il teatro di manifestazioni di livello nazionale ed internazionale nate spesso dal talento artistico dei nostri concittadini, perché non investire per valorizzare e riqualificare luoghi storici urbani troppo spesso dimenticati? Dare l’esempio di una politica che decide di partire dalla cultura e dai beni culturali. Oggi Senigallia è la città delle grandi manifestazioni per le quali tutti ci conoscono e riconoscono, ed insieme alle quali ci promuoviamo in Italia ed all’estero.
Ma oggi Senigallia è, oltre alla tradizionale spiaggia di velluto, anche una delle città italiane inserite nel circuito dei luoghi d’arte. E’ una città che è riuscita, impresa che tutti ritenevano impossibile, a far registrare il segno più sulle presenze turistiche dell’estate anche in un annus horribilis come quello che seguiva il drammatico terremoto dell’autunno 2016. E se una grandissima azienda italiana decide di scegliere la nostra piazza Garibaldi (solo un brutto parcheggio fino a due anni fa) come immagine simbolo della bellezza italiana e farne la propria cartolina per gli auguri di Natale qualcosa deve pur voler dire.
Vuol dire che amministrare non equivale a sognare ma che tuttavia nessun obiettivo importante ed innovativo può essere raggiunto se non dopo aver coltivato e difeso ostinatamente un proprio sogno.
E sempre in ambito culturale ci siamo domandati perchè non elevare a sistema la grande esperienza artistica ed il grande profilo umano di Mario Giacomelli. Perché non legare sempre più saldamente a Senigallia quelle immagini famose in tutto il mondo nate dalla sua ispirazione poetica? Le bellissime immagini di Senigallia che vedete alle mie spalle sono di quel grande artista che è Lorenzo Cicconi Massi, allievo di Giacomelli e figlio della nostra grande tradizione in questo settore.
Perché non fare di Senigallia città della fotografia non un semplice slogan ma piuttosto un organico progetto culturale?
Tra pochi giorni dovrebbe essere emanata la legge regionale che riconosce ufficialmente Senigallia città della fotografia, designandola quindi come naturale sede di esposizioni, laboratori, progetti di grande qualità e spessore in questa disciplina artistica. E proprio tra tre mesi verrà inaugurata a Palazzo del Duca una mostra fotografica di uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi: Robert Doisneau, il cui famoso scatto del bacio che ha segnato l’immaginario di intere generazioni già campeggia nei manifesti affissi in tutta la regione.
E’ grazie agli esempi che è percepita come una comunità. La comunità di Senigallia, delle sue frazioni, del suo territorio. Ed a volte capita che alcuni dei valori che tengono insieme una comunità vengano incarnati in particolare da determinate persone, che la città riconosce. Ecco, è così che quelle persone diventano dei simboli. Quest’anno siamo tristi perché due di questi simboli ci hanno lasciato. Due persone diverse tra di loro, con professioni e compiti differenti eppure accomunate da un’umanità straripante e dalla volontà di lavorare per migliorare la vita delle persone favorendo l’instaurarsi di relazioni di pace e di giustizia.
Sto parlando di Paolo Simone e di Patrizia Casagrande.
Patrizia, da Presidente della Provincia ma soprattutto come amica di Senigallia occupava tradizionalmente nella cerimonia di fine anno quella sedia in prima fila. L’ abbiamo lasciata vuota questa mattina riempiendola di fiori.
La perdita di Patrizia e Paolo ci rende più fragili ma la loro memoria ci arricchirà; perché c’è una grande differenza tra essere personaggi ed essere dei simboli. I personaggi vanno e vengono ma i simboli no, quelli rimangono sempre nei nostri cuori e nei nostri pensieri, rimangono scolpiti nelle nostre anime anche quando non ci sono più. Grazie Paolo, grazie Patrizia per quello che avete saputo fare nella vostra troppo breve vita.
Anche in questo 2017 che sta per concludersi Senigallia ha dimostrato di essere una comunità più che una somma di individui, è riuscita cioè a conservare un tessuto connettivo, un sistema di relazioni che ci fa davvero sentire uniti. E questo è un bene prezioso che dobbiamo a tutte le nostre articolazioni sociali, culturali, economiche.
Questa è la comunità dei servizi alla persona, settore nel quale Senigallia è stata da sempre città all’avanguardia e lo è rimasta, a fronte di tanti sacrifici, anche quando tutti ci dicevano che eravamo dei pazzi a continuare ad investire nel sociale visto che diminuivano i trasferimenti statali e c’erano sempre minori risorse a disposizione.
Comunità e persone, non vi è contraddizione tra questi due elementi anzi vi è una stretta relazione dal momento che una città diventa comunità solo quando i diritti e la dignità delle singole persone sono salvaguardati e protetti. E così che siamo riusciti a costruire percorsi di accoglienza ed integrazione con i residenti stranieri nel rispetto delle regole che valgono per tutti e consapevoli che nostro dovere non è punire i poveri ma sconfiggere la povertà. Se siamo riusciti in questa valorizzazione del sociale lo dobbiamo in primo luogo alle tante nostre preziose associazioni e realtà del volontariato sociale, al loro lavoro silenzioso e costante, sotto il coordinamento della Consulta Comunale del Volontariato; lo dobbiamo alla Diocesi ed alla Caritas sempre in prima linea sul fronte del sostegno a coloro che vivono condizioni di povertà e disagio. E su questo mi sia consentito un ringraziamento speciale ed affettuoso al vescovo di Senigallia Monsignor Manenti che non fa mai mancare a Senigallia il bene prezioso del suo impegno pastorale.
Il raggiungimento di livelli di qualità dei servizi sociali nella nostra comunità è garantito anche dalla costante tutela del fondamentale diritto alla salute che si impernia sul ruolo di eccellenza dell’ospedale di Senigallia nella sua dimensione di ospedale di rete. Su questo argomento registriamo ad intervalli regolari delle grida d’allarme che annunciano rovinosi depotenziamenti dell’ospedale di Senigallia. Eppure, se ci limitiamo ad analizzare i dati oggettivi mettendo da parte le impressioni o peggio le strumentalizzazioni, ci accorgiamo che la tendenza che sembra delinearsi è esattamente quella opposta. Sono arrivati a livello di area vasta due nuovi primari mentre sono in corso le procedure selettive per reclutarne altri due. Ed ancora: c’è un potenziamento d’organico sia nell’ospedale che nei servizi territoriali, mentre sono in arrivo medici ed infermieri nei servizi di prevenzione, consultorio e poliambulatorio. Certamente ci sono situazioni critiche che noi, in stretta collaborazione con il direttore dell’area vasta, stiamo monitorando e che cercheremo di risolvere. Questa è la situazione reale che non giustifica preoccupazioni eccessive. A meno che dietro questi allarmi costanti non si celi una malcelata volontà di tornare indietro rispetto alla logica dell’area vasta e di ripristinare la mentalità della difesa dei campanili. Se fosse così abbiamo il dovere di ribadire come un simile ritorno al passato non è conforme agli orientamenti del governo, della regione, del Comune e non corrisponde soprattutto agli interessi dei malati che hanno diritto a prestazioni che rientrino nei parametri di qualità.
Se siamo comunità lo dobbiamo alle tante associazioni che nei vari settori coinvolgono migliaia di persone che gratuitamente svolgono una funzione di interesse comune a beneficio dei cittadini di Senigallia. E’ grazie a loro che riusciamo a costruire un calendario di eventi e manifestazioni in grado di esaltare il genius loci e di richiamare l’attenzione di residenti e turisti; e grazie a loro che riusciamo a tenere aperte le nostre strutture sportive e i nostri impianti che, per caratteristiche e dimensioni, non sono beni di rilevanza economica come qualche troppo solerte legislatore vorrebbe farci credere ma piuttosto luoghi della socialità dove un nucleo di appassionati riescono grazie alla passione a coinvolgere migliaia di ragazze e ragazzi stimolandone il protagonismo positivo; è grazie alle associazioni delle donne che riusciamo a valorizzare l’autentico valore aggiunto rappresentato dall’universo femminile.
Associazioni rappresentate da quell’efficacissimo strumento di raccordo e coordinamento che sono le Consulte: la Consulta della Cultura, del Volontariato, la Consulta dello Sport, la Consulta dei Giovani, la Consulta delle Donne, la Consulta degli immigrati e degli extracomunitari, la Consulta dei Gemellaggi e delle Relazioni europee. Se siamo una comunità autenticamente democratica lo dobbiamo anche all’importanza che attribuiamo al valore della partecipazione dal momento che, come cantava Giorgio Gaber, libertà è partecipazione. Partecipazione che vuol dire decentramento amministrativo, che significa valorizzazione delle frazioni. Non è un caso se continuiamo a riunire fisicamente la Giunta Municipale anche nelle frazioni e non solo nel Palazzo Comunale. E’ un segno anche simbolico della centralità che riconosciamo a queste articolazioni del nostro territorio.
E partecipazione significa anche trasparenza amministrativa. Perché, vedete, la trasparenza amministrativa non è data dalla somma degli accessi civici, ma dall’opportunità che viene offerta ai cittadini di seguire magari nelle nostre dirette streaming delle sedute consiliari o delle commissioni il dibattito e le scelte politiche ed amministrative sui problemi delle città, l’opportunità di avanzare proposte di formulare suggerimenti. Conoscere per cercare di dare il proprio contributo per migliorare la vita nella propria comunità. Questa è la funzione principale della trasparenza amministrativa.
Una comunità non può definirsi tale se non si preoccupa dei giovani, se non tiene cioè insieme la memoria e la tensione verso il futuro. Guardate, non sapete quanto piacere mi fa quando vado negli uffici per gli auguri di Natale vedere i ragazzi e le ragazze del servizio civile che svolgono il servizio nel nostro Comune. Siamo il Comune che ne ha di più nella regione. E’ bello perché non siamo tanto noi a dare, quanto piuttosto siamo noi che riceviamo da loro energia, un nuovo punto di vista sul mondo e sul lavoro, un grande entusiasmo e voglia di fare. In questa valorizzazione della popolazione giovanile Senigallia può contare sul grande apporto del mondo della scuola, sulla passione e competenza dei docenti, dei dirigenti, degli operatori scolastici. Con loro condividiamo iniziative importanti in materia di orientamento, come Banchi di Prova, o percorsi per conoscere e saper affrontare in maniera più consapevole problemi che investono i nostri ragazzi come il fenomeno del bullismo.
Tra i diritti fondamentali di una comunità c’è senz’altro quella della sicurezza. A Senigallia questo bene prezioso viene garantito ai cittadini grazie al lavoro costante ed efficace delle Forze dell’Ordine e della Polizia Municipale coordinate dal Prefetto che ringrazio di cuore. Un impegno reso ancora più gravoso dalla mutata concezione della sicurezza nell’opinione pubblica. Dopo gli attentati terroristici in Europa gli standard di sicurezza che ci vengono richiesti anche da parte dei cittadini sono di gran lunga più elevati che in passato, ed ogni manifestazione anche la più piccola richiede tutta una serie di misure e di costi ed un’attenzione moltiplicata. Anche per questo una realtà come Senigallia deve in materia di sicurezza poter contare su un numero più elevato di personale e sarà questa la richiesta che continuerò ad avanzare alle autorità preposte.
Una comunità locale riesce ad corrispondere in maniera più efficace ai bisogni dei propri cittadini nella misura in cui è in grado di raccordarsi agli organismi rappresentativi di livello superiore. Senigallia su questo è riuscita sempre in questi anni ad instaurare relazioni proficue con gli enti sovraordinati grazie al lavoro generoso dei propri rappresentanti all’interno delle Istituzioni. Permettetemi di ringraziare in modo speciale la senatrice Silvana Amati oggi che la legislatura sta volgendo al termine. Il suo, in questi due mandati da senatrice, è stato davvero un lavoro straordinario per la nostra comunità. Se Senigallia è diventata la città leader della nostra regione che conosciamo, se ha saputo intercettare fondi statali, accedere a canali di finanziamento, se ha saputo diventare una vetrina nazionale, lo si deve anche all’opera di raccordo e sensibilizzazione svolto da Silvana. Così come permettetemi di ringraziare il consigliere regionale, ex assessore comunale ed amico Fabrizio Volpini per il sostegno costante che riesce a darci soprattutto nelle complesse problematiche della sanità.
Vedo molti sindaci presenti questa mattina e voglio ringraziarli tutti per la disponibilità e lungimiranza con le quali lavorano insieme a me per costruire organiche forme di collaborazione tra enti, superando antiche divisioni e campanilismi, e per raggiungere una più elevata qualità di servizi da erogare ai cittadini.
Un saluto affettuoso anche agli ex sindaci: Orciari, Galavotti, Mariani ed Angeloni.
L’Istituzione Comunale che rappresenta la comunità si impernia su due attori principali: sui rappresentanti eletti chiamati ad esprimere le scelte e le soluzioni ai problemi della città e sulla macchina comunale incaricata di attuare sotto il profilo amministrativo quelle decisioni.Voglio ringraziare tutti i consiglieri comunali per l’impegno profuso nel dibattito politico e nel confronto delle idee, comunque la si pensi, consapevole che proprio nella dialettica maggioranza ed opposizione sta il sale della democrazia. Un grazie al presidente del Consiglio comunale Dario Romano per la sua funzione di coordinamento super partes ed un grazie ai consiglieri comunali con deleghe speciali: Luana Pedroni, Lorenzo Beccaceci, Ludovica Giuliani, Maurizio Perini, Mauro Pierfederici, Vilma Profili.
Lo stesso grazie mi sento di doverlo rivolgere agli uffici comunali che lavorano con zelo e competenza aiutando a superare quegli ingiusti luoghi comuni che troppo spesso accompagnano la funzione del dipendente pubblico.
E poi naturalmente loro la mia squadra di giunta. Un grazie particolarmente sentito per voi che con una passione ed impegno speciali mi supportate ed a volte mi sopportate pure. Grazie a Maurizio Memè, Simonetta Bucari, Ilaria Ramazzotti, Chantal Bomprezzi, Carlo Girolametti, Gennaro Campanile, Enzo Monachesi, grazie al mio portavoce Mario Cavallari.
Per gli auguri di fine anno scelgo l’immagine del bacio di Doisneau che esporremo nella mostra che aprirà a palazzo del Duca a fine marzo e che si intitola: il tempo ritrovato.
Ecco per il 2018 ormai alle porte vi auguro di ritrovare il vostro tempo. Quello più vero e prezioso che ora mettiamo solo alla fine della nostra agenda, soltanto negli intervalli della nostra vita.
Il tempo degli affetti, delle relazioni umane, delle nostre famiglie.
Che torni a occupare lo spazio che merita nelle nostre vite e forse allora la nostra vita, la società e magari anche la politica saranno migliori.
Buon anno a voi e a tutte le vostre famiglie
Ma che titoli possiede, da quale pulpito pontifica? Un capo di Stato?, un Premio Nobel? L'Ambasciatore delle Nazioni Unite? Macchè!, sindaco. Di Milano? Roma? "SInigallia, dico, Sinigallia!" (Principe De Curtis in "Totò e le donne" 1952).
Un saluto a tutti i lettori di Senigallia Notizie. Aggiungo i migliori auguri di fine anno.
Non si meravigli quindi, quando parla del rancore e della sfiducia, che si genera sui social network: dovrebbe chiedersi anzi, se abbia fatto qualcosa lei, per generarlo.
Onestamente mi auguro che il comune venga commissariato al piu' presto, guardi: lo preferisco. Almeno andate tutti a casa.
guardi che la cartolina a cui lei fa riferimento, ovvero quella della Ferrero, non si riferisce in alcun modo alla Piazza Garibaldi.
Infatti, gli edifici che si vedono in secondo piano rispetto al cioccolatino sono di una via, certamente non di Senigallia, che è stata copiata su entrambi i lati (i palazzi sono identici e messi a specchio uno di fronte all'altro) e quello con il tetto a punta non è né il Duomo né tanto meno San Rocco, basta osservare il piano terra, con quei portici.
Poi la stessa identica cartolina è stata dedicata a svariate altre città d'italia, in cui è stato cambiato solo il nome della città, lasciando inalterato tutto il resto.
Perché dice quindi che che si tratta di Piazza Garibaldi?
Non lo è affatto.
incollo di seguito il link all'immagine della cartolina:
http://www.senigallianotizie.it/articoli/2017/12/20171225-ferrero-ro.jpg
Basta guardare i palazzi, magari con un po' di umilta', e ve ne accorgerete.
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