Fusione Senigallia-Morro d’Alba, chi passa sopra la volontà dei cittadini?
"L'amministrazione comunale di Senigallia continua a muoversi come se nessun referendum fosse stato fatto"
Il progetto di fondere i comuni di Senigalla e Morro d’Alba – o, meglio, di incorporare un piccolo comune in uno più grosso – era stato presentato a fine estate dell’anno scorso come un’idea lungimirante e un’opportunità da cogliere. Una commissione eterogenea non certamente obiettiva e non specificamente competente aveva lavorato a fari spenti per mettere le popolazioni di fronte al progetto compiuto; poi due mesi stretti per preparare ilreferendum Fusione Sì / Fusione No. Referendum senza quorum e consultivo, beninteso, non sia mai che a un referendum popolare si consenta di decidere qualcosa.
La città restava fredda sulla proposta, per quanto il documento comunale si inventasse di tutto: la grande affinità storica e attuale delle due popolazioni, le straordinarie sinergie che ne sarebbero derivate, quando anche un bambino sapeva che lo scopo vero era arraffare gli incentivi che lo stato metteva a disposizione per simili operazioni a fronte di un bilancio comunale (quello di Senigallia) che faceva acqua da tutte le parti.
Tutta qui la grande lungimiranza e l’occasione da cogliere in cambio di un processo di fusione stabilito come “irreversibile”. Perché qua le cose si fanno per avere gli incentivi, non il contrario come dovrebbe essere. Successe poi quello che ognuno sa: non solo i Morresi votarono No in modo quasi unanime, ma anche i Senigalliesi (ossia i cittadini del comune incorporante, è questa era una novità assoluta) si pronunciarono per il No. Il voto ebbe, tra gli altri, il merito di ristabilire la verità delle cose: no alla fusione, ossia no a una proposta che era apparsa alla generalità dei cittadini talmente forzosa e balzana che molti non si sono mossi nemmeno di casa per andarla a votare. Chissà: sarà stata la troppa lungimiranza a tenerli lontani?
Il risultato comunque rendeva alle due comunità la ragionevole speranza che la Regione, competente in materia, volesse rispettare la volontà espressa dai cittadini anche se solo consultiva; tanto è vero che, per consolidarla, il 29 marzo di quest’anno, i consiglieri Elisabetta Palma, Stefania Martinangeli e Giorgio Sartini chiesero al Consiglio Comunale che prendesse atto dell’esito del referendum e riconoscesse come propria la volontà espressa col voto. Sindaco e maggioranza non vollero farlo, accampando che un simile pronunciamento sarebbe stato inutile. Anche se entrambi sapevano bene che una risoluzione del Comune di Senigallia a favore della volontà espressa dai cittadini avrebbe reso difficile alle autorità regionali ignorarla e passarci sopra.
Cosa fa invece l’amministrazione comunale di Senigallia? Continua a muoversi come se nessun referendum fosse stato fatto e nessuna volontà contraria fosse stata espressa. Silenziosamente distacca il personale dirigenziale – il dirigente dell’area tecnica Serenelli e addirittura il segretario comunale Morganti – part-time nel comune che voleva mangiarsi e che vorrebbe tuttora mangiarsi.
Questo vuol dire che intendono passare sopra la volontà dei loro amministrati. Perché intanto le due amministrazioni, Comune e Regione, si parlano, ma per via di partito, non per via istituzionale. Non sono forse governate dallo stesso medesimo renzismo?
Del resto quando uno è lungimirante sa dove guardare ma talvolta non fa caso dove mette i piedi.
da Leonardo Badioli, referente Comitato per il NO
inaugurazioni. Tutto ha un'inizio ma anche una fine e la tua fine "politica" e' vicinissima, (...omissis...) !!!!
Nel tempo che hanno speso per parlare di questa cosa, sai quante volte lo avevano fatto???
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