L’8 maggio è la giornata mondiale della Croce e Mezzaluna Rossa
Anche il comitato di Senigallia celebrerà la nascita della CRI con un omaggio al fondatore Henry Dunant
Anche le guerre hanno un limite. Questo concetto umanitario, che nasce dal sogno utopistico di Henry Dunant, il fondatore del movimento internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, si sviluppa compiutamente a partire dalla metà del XIX secolo, quando i popoli e i governi assorbono i principi ispiratori dei diritti dell’uomo.
Nasce quello che oggi chiamiamo Diritto Internazionale Umanitario (DIU). Si tratta di tutte quelle norme, convenzioni e consuetudini che mirano a proteggere le vittime dei conflitti e puntano a limitare l’uso di armi e tecniche di guerra che provochino “mali superflui e sofferenze inutili”. Proporzionalità negli attacchi e distinzione tra combattenti e civili sono le colonne portanti del DIU.
Dal famoso episodio della battaglia di Solferino durante la II guerra di indipendenza, quando gli abitanti dei paesi di Solferino stessa, San Martino e Castiglione delle Stiviere si organizzarono per raccogliere le migliaia di soldati feriti senza guardare al colore della loro divisa; o, prima ancora, quando Ferdinando Palasciano, giovane ufficiale medico borbonico, rischiò la fucilazione per aver curato i prigionieri messinesi feriti durante i moti siciliani del 1848, molto tempo è passato.
Grazie all’opera di Henry Dunant il miracolo di Solferino prende forma con la nascita della Croce Rossa, emblema che già con la prima Convenzione di Ginevra nel 1864 viene riconosciuto come simbolo universale di protezione durante i conflitti armati. Gli Stati prendono l’impegno di raccogliere e curare i feriti in battaglia, senza distinzione di nazionalità. Pochi anni dopo, a San Pietroburgo, viene sancito che “gli Stati non hanno un potere illimitato nella scelta di mezzi e metodi di guerra”. Il movimento di Croce Rossa si espande in tutto il mondo, anche col nome di Mezzaluna Rossa.
Si arriva nel tempo alle attuali 4 Convenzioni di Ginevra del 1949, che raccolgono il dolore provocato dalle distruzioni e dalle devastazioni della II guerra mondiale (oltre 55 milioni di morti, più della metà civili) per articolare un complesso corpo normativo, a protezione di combattenti, prigionieri di guerra e popolazione civile. In questi decenni una serie di trattati ha posto all’indice numerosi tipi di armamento, quali le mine antiuomo o le bombe a grappolo, anche se certi paesi non hanno ancora aderito, segno di quanto lavoro resti da fare. Dal 1948 al 2008 si sono registrati nel mondo almeno 248 conflitti locali solo per motivi religiosi; nello stesso periodo le guerre, soprattutto regionali, hanno causato più di 20 milioni di morti e 60 milioni di feriti, oltre a decine di milioni di rifugiati. La guerra civile che sta devastando la Siria dal 2011 è solo l’esempio più eclatante, per non citare lo Yemen o il Sud Sudan o la Somalia. “Umanizzare la guerra è come umanizzare l’inferno”, sosteneva l’Ammiraglio inglese Lord Fisher, e se pensiamo a quanto sia difficile far rispettare anche semplici norme di convivenza civile quotidiana, possiamo immaginare la difficoltà per garantire il rispetto delle leggi di guerra, compito che le Convenzioni del 1949 affidano proprio alla Croce Rossa. In questa ottica, nel 2002, con lo Statuto di Roma, prende vita la Corte Penale Internazionale, tribunale indipendente che interviene per reprimere i reati di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, riconosciuto oggi da 124 Paesi. Come dicevamo: anche le guerre hanno un limite.
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