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Il Grande Torino e quel Senso di appartenenza granata

Appuntamento alla biblioteca Antonelliana di Senigallia con l'ultimo libro del prof. Severini dell'ASC

La copertina del libro di Marco Severini, intitolato “Senso di appartenenza granata”

Le storie migliori – ha detto uno storico inglese – sono quelle raccontate bene”. Se è davvero così, l’appuntamento di giovedì 9 marzo alla Biblioteca “Antonelliana” (ore 17.30) promette più di un motivo d’interesse. Di scena è l’ultimo libro del professor Marco Severini, intitolato “Senso di appartenenza granata” (Ed. Zefiro, 2017, pp. 144).

Un libro “neanche tanto diverso dagli altri che ho scritto” – riferisce l’autore – poiché si tratta pur sempre di un libro di storia”. Presenta Silvia Santarelli e dialogano con l’autore Omar Colombo, Enrico Pergolesi (autore dell’Introduzione dell’opera) e Andrea Pongetti.

I due microcosmi tra i più gettonati del nostro tempo (la famiglia e la passione calcistica) sono al centro di una ricostruzione piana e lineare che parte da una grigia mattinata a Bra, in provincia di Cuneo, nel gennaio 1928: un ventunenne di Sassoferrato, buona mezzala sui campi di periferia, sta applicandosi agli esercizi previsti dalla Scuola Allievi Ufficiali di Complenento quando lo sfiora la storia con l’iniziale maiuscola, che si materializza tramite due osservatori della squadra campione d’Italia, il Torino. Da qui scaturisce un complesso di vicende che concerne tre generazioni del Novecento, interpretate da uomini e donne unite, appunto, dall’attaccamento ai valori familiari e dalla passione granata, quella del Torino delle origini, poi del Grande Torino perito a Superga il 4 maggio 1949, per continuare con i “gemelli del gol” Pulici-Graziani, fino al “canto granata del Gallo”, cioè all’attuale capocannoniere della serie A, Andrea Belotti, che pare valere ben più dei 100 milioni di euro clausolati dal presidente Cairo.
In mezzo transitano le guerre mondiali, l’avvicendarsi di regimi politici, l’affermazione delle donne e tutti i rivoli a volte drammatici a volte meno del secolo scorso. Emerge indubbiamente “l’ultimo idolo della Maratona”, quel Paolino Pulici da Roncello che a 17 anni viene scartato dal “mago” Herrera perché gli sembra più adatto a correre i 100 metri che a giocare a calcio: Pulici, che all’epoca (1967) corre i 100 metri in 10 secondi e 5 primi, ma con indosso “le scarpe da calcio”, si prende largamente la sua rivincita, partendo da quel 6 aprile 1969 quando segna il suo primo gol in serie A: ovviamente contro l’Inter.
Non tutti hanno avuto la fortuna e l’impegno di “Puliciclone”: ma il protagonista iniziale ha trasmesso la passione per il calcio alle successive generazioni fino al nipote che, pure lui mezzala, ha vestito la casacca vigorina ai tempi di mister Morganti. Certe storie sembrano proprio ripetersi.

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