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Senigallia: uno spaccato dell’Iran nella nuova proiezione del Circolo Linea d’Ombra

Martedì 17 gennaio alla Piccola Fenice "Close-up", di Abbas Kiarostami

Close up, locandina film

Nuova proiezione del circolo Linea d’Ombra martedì 17 gennaio, alle ore 21.15, presso la sala della Piccola Fenice di Senigallia.
In programmazione stavolta il film “Close up”, di Abbas Kiarostami.


Trama e Recensione
È il 1990 e il successo di film come “Dov’è la casa del mio amico” ha ormai varcato i confini della Repubblica Islamica, segnalando il nome di Abbas Kiarostami all’attenzione del pubblico occidentale più cinefilo.
Il regista sta lavorando ad uno dei suoi tipici soggetti, su un gruppo di bambini alle prese coi pochi spiccioli di cui dispongono, quando la cronaca impone un repentino mutamento di rotta.
L’autore non riesce infatti a non pensare a quell’uomo che, per scopi imprecisati, si è introdotto in casa altrui, facendosi passare per un altro celebre regista: Mohsen Makhmalbaf. Una storia che incarna una serie di spunti ideali per essere trasformati in un film di Kiarostami.
È l’alba di “Close-Up”, film che, oltre a unire i due massimi esponenti del Nuovo Cinema Iraniano, ne costituisce una sorta di compendio. Nella vicenda dell’impostore Sabzian possiamo infatti trovare una riflessione sui rapporti tra la realtà persiana contemporanea e il potere attrattivo del cinema, nonché sulla labilità del confine tra realtà e finzione.
La prima parte racchiude in sé l’intera poetica del regista. Il giornalista Farazmand ha avuto la soffiata della sua vita e, per realizzare uno scoop “alla Oriana Fallaci”, non esita a denunciare Sabzian. Nel reporter è possibile, per molti versi, intravedere un alter-ego di Kiarostami: per la povertà di mezzi con cui entrambi sono costretti a lavorare.
Scene fittamente dialogate lasciano il campo a silenzi; a fugaci tasselli della triste vita dei soldati, quello di leva che sente nostalgia di casa, quello che non sa nulla del mondo, men che meno del cinema; a squarci di inaspettata poesia, con Farazmand che raccoglie alcuni splendidi fiori da un mucchio di foglie morte e ne fa un mazzetto (qualcuno ricorda il fiore tra le pagine di un quaderno, nell’ultima inquadratura di “Dov’è la casa del mio amico”?).
E all’attesa: quella dei militari, quella dello spettatore, quella di una bomboletta spray che, scalciata dal giornalista, percorre lentamente una discesa, con la telecamera che la segue pazientemente. Tutti ad aspettare l’ovvio epilogo del prologo.
È dunque un film di fiction, quello che i titoli di testa, a un quarto d’ora dall’inizio della pellicola, stanno introducendo, sovraimpressi alle rotative del giornale di Farazmand che titola “Arrestato il falso Makhmalbahf?” No, non lo è.
Potrebbe invece tramutarsi in un documentario, dal momento che lo stesso Kiarostami entra in gioco, va a intervistare i personaggi coinvolti nel caso e ottiene l’autorizzazione a filmare il processo per truffa che vede imputato lo stesso Sabzian.
Ciò che preme al regista è, da un lato, svelare immediatamente il processo filmico, chiedendo di poter intervenire in prima persona nel dibattimento e spiegando i dispositivi tecnici utilizzati per le riprese; dall’altro affiancare all’indagine giudiziaria quella psicologica, scavando coi suoi close-up (è il termine inglese che indica il primo piano) nella mente dell’imputato.
Mentre la ricostruzione prosegue, lo spettatore ha modo di rendersi conto di quanto sia misera la condizione dei nostri eroi.
Uno spaccato impietoso dell’Iran dell’epoca, un Paese appena uscito da un’estenuante guerra con l’Iraq che lo ha spossato economicamente e socialmente.
In un contesto tale, il mondo del cinema diventa un miraggio per chiunque cerchi il successo come scappatoia, per uscire dalle difficoltà quotidiane. Così, membri di una famiglia istruita e borghese accettano di fare gli attori per un ovvio millantatore.
Tra chi ha studiato questa pellicola, quasi nessuno si è soffermato sul titolo scelto da Sabzian per il film che vuole realizzare: “La casa del ragno”. Si tratta di un’immagine che, nella tradizione islamica, ha un duplice rimando: significa protezione se ricondotta a una leggenda che riguarda l’egira di Maometto, oppure fragile rifugio per chi ha rifiutato la dimora di Dio se si guarda a una sura del Corano. In ogni caso, a meno che non si tratti di una trovata di Kiarostami, è evidente la scelta “autobiografica” da parte di Sabzian, accompagnata dalla convinzione che i suoi attori, più colti di lui, non si accorgano della relazione tra il titolo e il raggiro che stanno subendo. Insomma, il protagonista di “Close-Up” è molto meno ingenuo di quanto voglia apparire. Crea una simile messinscena per godere, almeno una volta nella vita, del privilegio, del prestigio, del potere di essere ascoltato e obbedito da tutti.
Il film, in patria, colpisce molto pubblico e critica e dà il via a un dibattito tra i due registi coinvolti, proprio sul tema del realismo, con Kiarostami a sostenere che l’intera sceneggiatura gli si sia presentata davanti e che egli abbia dovuto esclusivamente filmarla e Makhmalbaf a ribattere che ciò che vediamo sullo schermo è soltanto una delle possibili interpretazioni dell’accaduto: quella dell’autore.
Anche Nanni Moretti omaggia questo film, nel cortometraggio “Il giorno della prima di Close-Up”, che spiega le difficoltà nel programmare al cinema una simile pellicola.

Close Up
regia Abbas Kiarostami
Anno 1987 – 83 minuti

cast: Hossain Sabzian, Mohsen Makhmalbaf, Abolfazl Ahankhah
produzione: The Institute for the Intellectual Development of Children & Young Adults
sceneggiatura: Abbas Kiarostami
fotografia: Ali Reza Zarrindast
montaggio: Abbas Kiarostami
musiche: Ahmad Asgari

Ingresso gratuito con tessera FICC.
Possibilità di tesseramento presso il cinema Piccola Fenice prima delle proiezioni.
La tessera ha validità annuale (Gennaio – Dicembre).
Quando possibile, proiezioni sempre in lingua originala con sottotitoli.
Sala Piccola Fenice c/o Teatro la Fenice, via Cesare Battisti Senigallia.

Inizio ore 21.15.

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