“Votare Sì per consentire all’Italia di riprendere in mano il proprio destino”
Mangialardi: "Una rivoluzione per un Paese come l’Italia, che rischia di affondare nel mare di inefficienze"
Alla fine di una lunga campagna referendaria, domenica 4 dicembre gli italiani si troveranno davanti a un bivio: da un lato il cambiamento e lo sguardo volto al futuro, dall’altro la conservazione e una Nazione arrancante nel fango della palude.
Si tratta di un’occasione fondamentale per l’Italia di riprendere in mano il proprio destino, ed è bene che di ciò tutti ne abbiano piena consapevolezza. Quella consapevolezza che, purtroppo, in questi mesi non è stata favorita da un serio approfondimento della riforma costituzionale.
In generale, infatti, la discussione non si è sviluppata, come sarebbe stato più corretto e opportuno, sul Sì e sul No, ma piuttosto sul Sì e sull’Anti, portando inevitabilmente il confronto sul fuorviante terreno dello scontro frontale, con l’obiettivo di strumentalizzare i contenuti del referendum per dividere gli italiani sul giudizio politico riguardante l’azione del governo.
Posso comprendere chi, in maniera dogmatica, ha scelto la via della difesa a oltranza della Costituzione da ogni tentativo di riforma. Ma correttezza avrebbe voluto che gli stessi si ricordassero, e ricordassero ai propri elettori, come la Costituzione, dal 1993 in avanti, avesse già subìto diverse modifiche, producendo indubbi benefici, ma anche risultati controversi.
Il punto vero è che oggi, di fronte alle sfide del mondo globalizzato, questa riforma dà importanti risposte, senza intaccare minimamente i dodici princìpi fondamentali che costituiscono l’architrave della nostra Costituzione, i quali ispirano costantemente il nostro agire quotidiano (nella difesa del diritto al lavoro, nella tutela dell’uguaglianza contro ogni tipo di discriminazione, nella promozione della cultura e della ricerca scientifica, nel perseguimento ostinato della pace) e che difenderemo strenuamente, come personalmente ho sempre dimostrato, fatto, da ogni attacco.
Ma questo non c’entra con la necessaria modernizzazione che passa dalla semplificazione del nostro modello istituzionale e il rafforzamento del Parlamento, attraverso il superamento di un bicameralismo paritario ormai anacronistico, proposta che peraltro da oltre un trentennio è presente nei programmi elettorali di quasi tutti i partiti, e che per nulla al mondo, se si è intellettualmente onesti, può essere scambiato per una restrizione degli spazi democratici. E non c’entra neppure con l’auspicata e universalmente invocata riduzione dei costi della politica.
Affermo ciò in maniera inequivocabile, anche sulla base della mia esperienza di sindaco che, come gli altri sindaci italiani, è chiamato a dare ogni giorno risposte immediate alla città, è costantemente in trincea per reperire le risorse a favore della comunità, in particolare delle fasce più deboli della popolazione, ed è costretto a fare i conti con le lentezze burocratiche che non tengono conto dei bisogni delle persone.
Si può discutere di tutto, ma non mistificare i fatti. E i fatti dicono che se il Sì vincerà solo il 3% delle leggi sarà discusso in sede bicamerale, le competenze tra Stato e Regioni saranno più chiare, abbattendo così i ricorsi (ben 1500 quelli presentati dal 2001 a oggi) che rallentano l’attività legislativa, e i parlamentari saranno finalmente ridotti a un numero più consono e in linea con quello degli altri Paesi europei, con significativo risparmio per le casse pubbliche.
Una rivoluzione per un Paese come l’Italia, che rischia di affondare nel mare di inefficienze, disfunzioni e, perché no?, privilegi, che ne stanno segnando drammaticamente il declino.
Una rivoluzione che domenica gli italiani, se lo vorranno davvero, potranno fare per sé stessi e per i propri figli nella cabina elettorale votando Sì. Sapendo, aggiungo, che se dovesse prevalere il No avremo solo una certezza che tutto resterà così com’è, immutato e immutabile per almeno altri dieci anni, con sistema istituzionale bloccato e il numero di parlamentari più alto d’Europa.
Un tempo che l’Italia non può certo permettersi, oltre il quale restano solo le varie facce dell’antipolitica: quella avversa alla democrazia, che considera le istituzioni repubblicane nate dalla Resistenza delle mere scatole vuote, quella intollerante e xenofoba dei predicanti di odio verso ogni forma di diversità, quella tutta luccichii e paillettes che ha tolto al nostro Paese ogni prestigio internazionale. Insomma, l’antipolitica che non vuole cambiare per scommettere sul fallimento dell’Italia e su esso continuare a prosperare.
Dunque, domenica 4 dicembre diciamo Sì per cambiare davvero, per ridare speranza e per guardare al futuro.
Senigallia, 1° dicembre 2016
da Maurizio Mangialardi
Sindaco di Senigallia
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!