Mandolini (M5S): “Difendere la Costituzione non è solo un diritto ma un dovere”
"Il cambiamento non ha un’accezione positiva in sé per definizione, il cambiamento può essere positivo o negativo"
Il 4 dicembre 2016 saremo tutti chiamati ad esprimerci sul Referendum confermativo per la riforma della Costituzione. Una riforma questa, talmente voluta dall’attuale Governo, da spingere il Presidente del Consiglio Matteo Renzi a trasformarla in un voto pro o contro di lui, tanto che in più di un’occasione ha affermato: “se perdo mi dimetto per dignità”; ipotesi questa, che non ci dispiacerebbe affatto, ma sappiamo già che sarà solo una delle sue solite bugie.
Siamo molto delusi dall’aver saputo che persone come Benigni, Cacciari, Lerner ecc.. pur ammettendo che “questa riforma, è scritta male, raffazzonata, pasticciata: ma se non votiamo sì, avremo perso tempo, avremo perso un’occasione, daremo l’impressione di non essere capaci di fare le riforme e partire con il cambiamento”, voteranno sì con la scusa del cambiamento, mentre la realtà è che gli è già stato promesso un posto in televisione (Gad Lerner ne è l’ultimo esempio: voterà sì, tornerà in Rai).
Ecco, questo è probabilmente l’argomento più fasullo utilizzato dai sostenitori del si: il cambiamento.
Il cambiamento non ha un’accezione positiva in sé per definizione, il cambiamento può essere positivo o negativo. Anche passare dalla democrazia alla dittatura è un cambiamento, oppure passare da un lavoro stabile ad uno precario è sempre un cambiamento, ma vederlo come un cambiamento positivo ci risulta piuttosto difficile. E con la riforma della Costituzione è la stessa cosa. Ci sarà un cambiamento, è vero, ma sicuramente in negativo, perché, di fatto, questa riforma ci spingerà verso un presidenzialismo mascherato e di seguito vi mostreremo come.
1. Il bicameralismo non scomparirà, perché il Senato sarà sempre lì. Quello che scomparirà, sarà invece il diritto che attualmente abbiamo di votare, e quindi scegliere, chi ci rappresenterà in Senato, perché i suoi componenti saranno nominati tra i Consiglieri Regionali e tra i Sindaci (ovviamente sarà il partito di maggioranza che inciderà sulle nomine).
I nuovi Senatori del progetto Renzi-Boschi-Verdini, non saranno rappresentativi né del popolo, (non essendo eletti direttamente), né delle «istituzioni territoriali» dalle quali provengono, essendo liberi nel loro mandato, con la comoda (per loro) aggiunta delle immunità parlamentari. Immaginatevi ad esempio un “personaggetto” come De Luca, che per le sue azioni indegne avrà come premio una bella immunità parlamentare. Ha già avuto la nomina di Commissario alla Sanità della Regione Campania come premio per aver incentivato il voto di scambio, figuriamoci cosa potrà fare dopo che gli sarà garantita l’immunità parlamentare.
Questo nuovo Senato non sarà il “Senato delle Regioni”, ma sarà il “Senato della Partitocrazia” tanto è vero che il nome “Senato delle Autonomie” inizialmente presente nel testo della riforma è stato respinto ed è tornato Senato della Repubblica. Anche perché, come potrebbe essere un Senato delle Autonomie, se le Regioni a Statuto Speciale ed anche la nostra Regione Marche prevedono, per regolamento, l’incompatibilità tra la carica di Consigliere Regionale e Parlamentare?
Ma c’è di peggio, il nuovo Senato non sarà in grado di funzionare, questo perché le competenze sono tante e tali da non consentirgli di non lavorare in modo permanente: si capisce bene leggendo l’art. 55: «Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione Europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato».
Sono funzioni queste che si possano svolgere part-time? Parrebbe proprio di no!
Insomma, i promotori del “sì” non si rendono conto né dell’impegno né tanto meno dei mezzi necessari che tali funzioni (se svolte in modo serio) necessitano.
Inoltre il nuovo Senato diventa una Camera sempre in continua modifica, in quanto il mandato dei nuovi Senatori, sarà legato al mandato che hanno nella Regione o nel Comune di appartenenza; quindi se decade una Giunta decade anche il Senatore, si capisce dunque la difficoltà di portare avanti i lavori se le figure all’interno del Senato dovessero cambiare.
2. Modifica dell’equilibrio tra Stato e Regioni. Prima di tutto non comprendiamo la scelta di allargare il divario tra Regioni Ordinarie e Regioni a Statuto Speciale. Queste ultime, infatti, non solo conserveranno la pienezza dei loro privilegi, ma potranno anche “trattare” con lo Stato, la propria specialità in sede di revisione dei propri Statuti. Ed inoltre, i limiti di spesa verranno introdotti per le sole Regioni ordinarie (quelle a Statuto speciale ne saranno invece esonerate) attraverso l’applicazione di indicatori dei costi standard. Ma soprattutto, ci preoccupa la «clausola di supremazia», grazie alla quale sarà lo Stato ad imporre le proprie scelte alle Regioni che non avranno più l’autonomia di impedire trivelle, inceneritori e quant’altro nel proprio territorio.
3. Svendita dell’Italia all’Europa. Questa Riforma determinerà infatti un’ulteriore cessione di sovranità del nostro paese alla UE, analoga a quella realizzata nel 2012 con l’approvazione dell’art. 81 sul pareggio in bilancio che, venendo costituzionalizzato, ha di fatto reso la Repubblica Italiana non più fondata sul lavoro bensì sulla stabilità dei conti pubblici, mutandone completamente (con un atto di forza del Governo Monti formalmente corretto, ma sostanzialmente illegittimo) sia l’anima che l’impianto. Infatti se andiamo a leggere le modifiche apportate agli art. 55 e 70, la modifica più eclatante è “la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea”, ma soprattutto all’art. 117 “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni (che non avranno più potere) nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea e dagli obblighi internazionali”, pertanto la sovranità italiana è, per esplicito precetto costituzionale, vincolata, per sempre, ad autolimitarsi attraverso l’adesione alla stessa UE che, per logica implicazione, diviene un obbligo costituzionalizzato.
Che cosa significa questo? Significa che la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea e del rispetto dei vincoli imposti da quest’ultima, diventa un dovere costituzionale (ad esempio la normativa Bolkestein dovrà essere recepita senza poter più obiettare nulla) e che, se l’Italia, in presenza di circostanze che lo rendano necessario o desiderabile, decidesse di non far più parte dell’UE, potrebbe non essere nelle condizioni di poterlo fare, dal momento che questa scelta potrebbe essere viziata da incostituzionalità, in quanto renderebbe impossibile per il Parlamento l’adempimento di una sua funzione. Non serve essere “euroscettici” per preoccuparsi del fatto che sia in atto una progressiva cessione di sovranità del nostro Paese verso istituzioni e organi sovranazionali di dubbia legittimità democratica. Una cessione di sovranità che non ha alcuna contropartita in termini di riforma e democratizzazione delle stesse istituzioni.
L’azione congiunta tra la riforma Renzi-Boschi-Verdini e la legge elettorale “Italicum” (già sospetta di incostituzionalità) vigente per la Camera dei Deputati, grazie ad un sostanzioso “premio di maggioranza” garantirà al partito vincente il 54% dei seggi (340) anche se esso rappresenterà solo il 25% dei votanti e determinerà quindi una silente svolta verticistica capace di trasformare il voto al partito di “maggioranza relativa”, in una investitura quasi diretta (“quasi diretta” perché sarà di fatto eletto dal popolo, ma all’insaputa del popolo) del suo leader a Capo del Governo, il quale avrà un potere incontrastato e incontrastabile.
Ad amplificare ulteriormente questo potere è la presenza dei cento capilista bloccati, che produrranno una Camera dei Deputati per il 60% nominata dalle segreteria dei vari partiti. Per cui con questo meccanismo diabolico il capo del partito diventerà il Capo assoluto del governo e del Parlamento stesso. Potrà scegliersi il presidente della Repubblica, ma anche i membri della Consulta e del Csm di nomina parlamentare, i componenti delle Autorità “indipendenti”, l’amministratore delegato e il Cda della Rai. E cambiare la Costituzione a suo piacimento ogni volta che vorrà. E’ evidente che si perderanno totalmente gli idonei e fondamentali contrappesi.
Si rafforzeranno quindi in questo modo i canali di approvazione dei disegni di legge di iniziativa governativa, prevedendo per essi “corsie preferenziali”. Secondo la maggior parte dei costituzionalisti, il bicameralismo proposto dal progetto di riforma non è più efficiente di quello attuale; ma se anche lo fosse, non è assolutamente detto che fare leggi più rapidamente sia una cosa positiva. Le leggi, devono essere poche e chiare, mentre in Italia sono troppe e di pessima qualità e questa Riforma, invece di snellire le procedure, renderà al contrario più complesso ed incerto il procedimento per la loro formazione. Infatti i possibili procedimenti legislativi, che oggi sono soltanto 2 (quello ordinario e quello costituzionale) diventerebbero addirittura 10.
Insomma si aprirà la porta dell’autoritarismo, oggi invece sigillata da una Costituzione rigida a tutela della sovranità del popolo.
4. Partecipazione popolare. Questo tema ci sta particolarmente a cuore e ci teniamo che sia chiaro a tutti, che quello che i sostenitori del sì dicono al riguardo è assolutamente falso. Oggi per presentare una legge di iniziativa popolare bastano 50 mila firme; in futuro ne occorreranno 150 mila (il triplo). Idem per i referendum abrogativi: in cambio di un modesto abbassamento del quorum (dal 50% più uno degli aventi diritto alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni per la Camera), le firme da raccogliere salgono da 500 mila a 800 mila. E’ evidente che quello che vogliono fare è diminuire ulteriormente il peso decisionale del cittadino nella vita politica nazionale, e se i cittadini non hanno potere decisionale, la casta potrà fare tutto quello che vorrà e abbiamo già capito che non saranno di certo tutelate le classi sociali più deboli, ma favoriti i poteri forti.
La nostra Costituzione può anche aver bisogno di essere aggiornata in alcuni suoi punti, ma solo per non permettere che accada ancora quello che è successo negli ultimi 5 anni, ovvero che persone non elette dal popolo possano prendere il controllo delle nostre vite. E sappiate che la riduzione di 50 milioni di euro che pubblicizzano (non 500 come dicono), per ogni italiano equivale a meno di un caffè all’anno. Se avessero davvero voluto abbattere i costi della politica, avrebbero potuto diminuire il numero di Parlamentari in maniera proporzionale alla Camera e al Senato, oppure avrebbero potuto ridurre le indennità e privilegi di tutti i Parlamentari con una semplice legge ordinaria, invece si sono tenuti il malloppo ed i privilegi. Con questa riforma, l’unica cosa che si ridurrà sarà la democrazia e la sovranità del Popolo Italiano. Non fatevi fregare, il 4 dicembre votate NO, perché difendere la Costituzione non è solo un diritto, ma anche e soprattutto un dovere.
da Riccardo Mandolini
Movimento 5 Stelle Senigallia.
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