Il calore di Caritas ai terremotati
La situazione dei terremotati ospitati in due alberghi senigalliesi
Dalla settimana successiva alla tremenda scossa della mattina di domenica 30 ottobre la Caritas diocesana, già in prima linea nei luoghi del precedente terremoto con vari volontari, insieme a Croce Rossa Italiana, e parte attiva del COC (coordinamento comunale), si è attivata immediatamente per dare ospitalità a un ingente numero di persone colpite dal sisma.
Oggi, grazie anche a un intelligente gemellaggio tra parrocchia del Portone e della Pace, sono due le strutture alberghiere senigalliesi che ospitano i terremotati: l’hotel Le Querce, in zona Vivere Verde, e l’hotel Argentina, sul lungomare. Dopo la prima fase tecnica di sistemazione e di avvio delle procedure sanitarie, per assicurare ai terremotati le cure necessarie, mediche e psicologiche, siamo ora nella fase più sociale, in cui si cerca di mettere a contatto la comunità senigalliese con gli ospiti.
La visita del vescovo Monsignor Franco Manenti di sabato sera è servita a dare un segno chiaro e forte dell’affetto della città alle persone accolte, come ci spiega Gianni, referente della parrocchia della Pace per Caritas: “Gli ospiti dell’hotel La Querce sono ancora paralizzati dalla paura: un signore di 81 anni, che ha vissuto già varie scosse, ci ha raccontato che questo terremoto è stato davvero terribile. Se hanno accettato questa sistemazione è perché l’angoscia è troppo forte, le scosse continuano notte e giorno e così non si può vivere. Quello che noi, come comunità cerchiamo di dare, per alleviare i loro pensieri e la loro paura, è un po’ di calore, il nostro affetto, la nostra vicinanza. Domenica molti di loro sono venuti alla Messa alla Pace, piano piano ci piacerebbe che si sentissero a casa, nonostante la disperazione e il rimpianto del proprio paese”.
Alle Querce gli ospiti sono quasi 40, di Camerino, Fabriano e Muccia, alcuni hanno le case lesionate (e proprio in questi giorni si sta procedendo con le verifiche di stabilità), altri la casa non ce l’hanno più, distrutta integralmente. Tra i nuclei familiari alcuni sono divisi, come il padre con due bambini che ha lasciato la moglie insieme al figlio maggiore e ai due anziani genitori nei container perché la moglie sta lavorando: alla paura si unisce così anche il distacco dei propri cari.
All’hotel Argentina invece le famiglie sono 25, per un totale di una cinquantina di persone. Molti sono anziani e una decina i bambini piccoli (con età inferiore agli 11 anni), provengono per lo più da San Severino e da Camerino, qualcuno da Fiastra. “Qui stanno bene” ci dice Anna, referente per il Portone “e il clima abbastanza sereno che si è creato in albergo ci fa capire che stiamo creando una buona base per dar loro un po’ di pace e di affetto. Gli stessi gestori dei due alberghi sono gentilissimi e cercano di alleggerire il nostro lavoro soddisfacendo le esigenze dei terremotati ospiti. Abbiamo creato attività per i bambini e per gli anziani, mentre quelli che soffrono di più sono le persone di età media, che non possono lavorare né rendersi utili. Hanno tutti paura di non rivedere più la propria casa, e questo è un peso che si portano addosso, nonostante momenti di svago e di allegria”. Il lavoro è lungo, ancora, ma sicuramente il primo obiettivo di Caritas e delle parrocchie, quello di scaldare e di far sentire la propria premura e l’amorevolezza, è stato raggiunto.
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