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Senigallia: presentazione di “Non si muore mai abbastanza” di Rovaldi l’11 novembre

Nell'ambito dell'Enrico Dignani Show anche un racconto di Matthias Canapini e una mostra nella Galleria Expo-Ex

La modella-Opera di Enrico Dignani

Nell’ambito dell’”Enrico Dignani Show! Festa dell’Arte”, racconti di viaggio venerdì 11 novembre 2016 ore 18, Expo Ex, giardini della Rocca Roveresca, Senigallia “Non si muore mai abbastanza”, romanzo di Roberto Rovaldi, venturaedizioni, lettura a cura di Christian Cantori.


Roberto Rovaldi, appassionato di letteratura e viaggi, è alla sua quarta prova letteraria. Il primo libro “Sopra le nuvole non piove mai” casa editrice Marcelli è uscito nel 2010. Con la casa editrice Pequod pubblica “Appunti di una vita disordinata” e “Il poeta delle porte sfondate” rispettivamente nel 2012 e 2014. Attualmente vive a Senigallia, con la sua compagna e tre ragazzi, davanti al mare.

“Il volto dell’altro”, “Verso est” viaggi in Estremo Oriente con i mezzi pubblici di Matthias Canapini, Prospero editore. L’autore racconta il progetto che dalle Marche lo ha portato in Nepal passando per Balcani, Ucraina, Russia, Mongolia, Cina, Giappone, Vietnam, Laos, Cambogia, Thailandia, Birmania e India.

Matthias Canapini è nato nel 1992 a Fano (PU). Si occupa di reportage fotogiornalistici muovendosi come freelance appoggiandosi a ONG nazionali ed internazionali.

Racconto e proiezione fotografica a cura di Matthias Canapini. Ingresso libero.

IL POETA E PITTORE CHE SA REINTERPRETARE IL SENSO DELLE IMMAGINI
Le opere di Enrico Dignani, poeta e pittore sono invece esposte a Senigallia presso la Galleria Expo Ex dal 10 al 18 novembre prossimi, tutti i giorni, ore 16-20. Testo visivo che mescola invettiva con ironia, drammaticità con umorismo, creando così una tensione che non è solo visiva, ma intuitivamente riflessiva. Pin up dai colori sgargianti o interni dalla tessitura decorativa ossessivamente declinata, oggetti quotidiani che divengono pure forme di sculto-pittura su di un palcoscenico pittorico che non disdegna l’incongruenza, perché ciò che conta è il senso che queste forme veicolano.
Parlando della pittura di Dignani occorre definire alcune modalità interpretative; pur adottando una grammatica iconografica di matrice Pop, tuttavia egli se ne discosta attuando una prassi operativa di chiara marca personale. Vero è che l’assetto iconografico è desumibile dalla diffusività mediale delle immagini a cui egli si ispira, ma è anche vero che l’artista le riscrive all’interno di una propria visone adottando una sorta di personale sincretismo visivo.
Quindi la questione espressiva non attiene semplicemente ad una presunta unità stilistica figurale, quanto ad una attitudine creativa che sottende l’uso di una tecnica pienamente personale.
Nella pittura la tecnica è anche il linguaggio sotteso all’immagine e quindi la scelta inusuale di rinsaldare le sue figure con una volumetria reale, pure adottando una modalità chiaramente pittorica, permette di realizzare figure dal leggero rilievo, creando così una forma visiva che fuoriesce dalla superficie del dipinto.
La scelta non è senza conseguenze poiché l’immagine risulta fortemente connotata dalla volumetria che la conforma, inoltre mantiene intatto il senso pittorico che non è solamente descrittivo, ma si sviluppa in senso cromatico configurando superfici pittoriche di grande efficacia.
Nei dipinti di Dignani come in una sorta di palinsesto si articolano oltre che elementi figurali, anche sovrapposizioni di sensi che adottano valori allegorici, metaforici, icastici, in una ridondanza di significati che vanno ben oltre alla semplice raffigurazione pittorica.
Ogni dipinto è una storia, narra un evento, che sia immaginale, emozionale o vissuto poco importa perché la tensione narrativa rimane la stessa, così come appare intensa la certosina abilità pittorica che in una sorta di horror vacui, riempie la superficie del dipinto con segni, figure, frammentidecorativi sino a intessere un campo pittorico dato dal sovrapporsi di forme e sensi. La sua però non è mera narrazione, ma testo visivo che mescola invettiva con ironia, drammaticità con umorismo, creando così una tensione che non è solo visiva, ma intuitivamente riflessiva. Lo stigma che l’artista imprime nel suo lavoro gli permette di muoversi in una sorta di trasversalità visuale utilizzando tutto il materiale iconografico che ritiene utile al suo scopo, spaziando così da foto di moda, fotografie personali, persino icone di grandi personaggi storici, intridendo il tutto con la sua personale cifra operativa e stilistica e reinterpretando così il senso originario delle immagini.

Ecco apparire pin up dai colori sgargianti o interni dalla tessitura decorativa ossessivamente declinata, oggetti quotidiani che divengono pure forme di sculto-pittura su di un palcoscenico pittorico che non di- sdegna l’incongruenza, non cerca l’attendibilità della rappresentazione, perché ciò che conta è il senso che queste forme veicolano.
Anche il senso si stratifica in una fitta rete di corrispondenze intrecciando concetti filosofici con considerazioni personali, constatazioni umorali, con riflessioni esistenziali, in un turbinio di pensiero che ha la stessa consistenza materica della pittura che lo supporta.
Anche nella poesia seppure in senso più controllato da una secca versificazione, appaiono  l’intersecarsi di visioni reali, di fantasie, di asserzioni etiche e morali mostrano nella poesia una tecnica che in fondo non è dissimile da quella adottata nella pittura; come in questa la prima ambivalenza è percettiva (forme pittoriche che sono anche bassorilievi), così nella poesia la parola e la frase sono ciò che dicono ma alludono ad altro, frammenti di vita vissuta, desiderata e immaginata in un continuum discorsivo che non si pausa.
Dignani mostra che la pittura è in fondo un linguaggio che può parlare ed esprimere idee, così come la poesia può avvalersi della parola per suggerire immagini, si può quindi rilevare una consonanza tra le parole e l’immagine, tra la scrittura e la pittura poiché entrambe attengono al mondo interiore e fortemente espressivo che caratterizza la ricerca dell’artista.
(Maurizio Cesarini)

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