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Sale da gioco “discriminate” anche per una richiesta di rimborso danni

Il Tar della Sicilia nega il contributo al proprietario di un immobile perchè "non svolge attività produttiva"

toghe, giudici, udienza, tribunale, processo

Ormai, quando si parla del mondo del gioco d’azzardo pubblico si sa già che si parla di “un Dio minore”.

Si sa che il gioco è da tempo, forse da troppo tempo, trattato in modo diverso e discriminato in relazione a qualsiasi altro settore: gli operatori se ne sono resi conto ed anche se hanno fatto e stanno facendo l’impossibile per farsi equiparare ad altri reparti commerciali ormai sanno che il loro settore dovrà lottare sempre di più per abbattere quelle forme di falso moralismo che ancora ai giorni nostri si incontra in una certa parte di cittadinanza che, magari, il gioco non lo conosce neppure… ma lo giudica male.

Intendiamoci, non è che si vuole dire che tutti ne parlano male, ma la maggior parte di coloro che l’azzardo ed i casino online non li conoscono proprio parlano per sentito dire, per aver letto, per aver sentito qualche notizia in TV… ma non hanno mai avuto una conoscenza diretta con questo mondo e, pur non sapendo nulla di concreto, emettono giudizi e sentenze. E questo ha portato ad oggi, alla vita del gioco pubblico che si dibatte tra tasse da versare allo Stato, a ristrettezze lavorative imposte dagli Enti Locali e dai Comuni che agiscono “in nome e per conto dello stesso Stato”.

Ma posto tutto questo retaggio che ormai il settore ludico “ha appiccicato addosso” non si pensava di vedere anche questo. Ci si trova davanti al Tar della Sicilia che così si è espressa relativamente ad una domanda di contributi a seguito dell’alluvione di Messina del 2009: possono richiedere i contributi per fronteggiare i danni subiti dopo l’alluvione avvenuta nella provincia di Messina solo attività produttive ed economiche, “di certo non le sale giochi”. E siamo veramente alla follia!

Con questa motivazione il Tar Sicilia ha respinto il ricorso del proprietario di un immobile che appunto ospitava una sala giochi ed era stato locato a terzi per la mancata concessione dei contributi previsti per legge. Il proprietario faceva espresso riferimento alla perdita dei guadagni, al danneggiamento dei beni strumentali, alla perdita delle scorte in magazzino. Il Tar motivava la sua decisione così: “Poiché risulta indiscusso che il ricorrente non svolga attività produttiva e che abbia invece chiesto l’erogazione del contributo al solo scopo di riparare i danni subiti dal proprio immobile, il motivo del ricorso deve essere dichiarato infondato”.

Ma quale discriminazione può essere maggiore quanto si asserisce che la sala da gioco non svolge attività produttiva? Perché il gioco non deve essere mai equiparato a qualsiasi altro settore commerciale che produce movimentazione di danaro, come un negozio di abbigliamento o di scarpe, e che impegna risorse umane quali le commesse od il direttore di una sala da gioco che ormai è diventato un “professionista” del gioco? Qualsiasi altro settore andrebbe ammesso alla richiesta di contributi ed il gioco no.

Eppure per il nostro caro Erario il gioco è un “riferimento” serio al quale rivolgersi per emettere nuove tasse e per raccogliere gli emolumenti che mano a mano vanno a finire nelle casse dello Stato! Ma per considerarlo uguale a qualsiasi altro settore di acqua sotto i ponti dovrà scorrerne ancora tanta a meno che dalla Conferenza Unificata non esca veramente “qualcosa di speciale” e che tutti questi retaggi e questi “affronti” subiti finiscano presto… Prima che sia in ogni caso troppo tardi.

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