Pio IX, Severini cala la sentenza: “610 è fatto storico”
E replica a chi critica la ricostruzione storica: "il mestiere di storico non si improvvisa"
Non posso far a meno di notare che la questione del 610, o meglio sei uno zero rivolto a Pio IX a Senigallia nel 1857, abbia attirato l’indispettita reazione di una serie di personaggi che tutto fanno di professione meno che gli storici. Altra circostanza singolare è data dal fatto che essi si richiamino a un metodo storico (più o meno circostanziato…).
Addirittura qualcuno si è spinto ad affermare che solo le fonti coeve sarebbero attendibili, maltrattando uno dei principi-cardine della storiografia. Avrei fatto a meno di riprendere la parola sulla questione, ma non mi pare giusto che un punto essenziale della questione resti sottaciuto.
A citare l’evento del 610 sono stati due apprezzati storici cattolici, Marinella Bonvini Mazzanti (1969, 1981) e Alberto Polverari (1987, 1991) che lo ha riportato nel secondo tomo del suo “Pio IX” (p. 157) e nel IV tomo della sua “Senigallia nella storia. 4. Evo contemporaneo” (p. 184).
Ho avuto con don Alberto un simpatico e civile rapporto che si è sviluppato in tre sostanziali momenti: è stato mio professore di religione alla scuola media e non si sa quanto tempo già dedicasse a parlare della santità di Pio IX; abbiamo discusso insieme della concezione della sua storia di Senigallia e, in particolare, dell’ultima parte dedicata all’età contemporanea, senza peraltro che ne condividessi l’interpretazione proposta; ho inventariato il suo patrimonio librario che oggi si trova, a disposizione del pubblico, nella biblioteca “Antonelliana”.
Tutto si può dire di don Alberto meno che non amasse la storia e che non sapesse trattare fonti e documentazioni con il giusto rigore. Perché dunque avrebbe dato credito allo striscione contenente 610 per ben due volte se non fosse stato sicuro dell’origine e dell’autenticità della fonte?
Ma non è stato l’unico storico di vaglia a dargli credito. A testimonianza di quanto 610 sia profondamente radicato nella cultura storica senigalliese basta ricordare che già nel 1969 l’evento veniva riportato nell’opera collettanea “Senigallia e i suoi dintorni” (Ed. 2G, Senigallia 1969, p. 48), i cui autori sono, insieme alla Bonvini Mazzanti, Renzo Paci e Sergio Anselmi, i due storici più importanti della nostra comunità del secolo scorso. Anche loro avrebbero utilizzato una fonte dubbia? E tutta questa parte della storiografia locale avrebbe dunque preso un clamoroso abbaglio? Si trovi una controprova, prima di gridare allo scandalo e di fare uso pubblico (e maldestro) della storia.
Provo a ricapitolare. Un evento accaduto 159 anni fa, descritto e divulgato da due storici cattolici, sarebbe stato strumentalizzato dagli ambienti laici, mazziniani e democratici!!! E a che fine? Ancora, perché alimentare questa obsoleta contrapposizione tra le parti (italiani/papalini; cattolici/laici), già superata dalla storia? E soprattutto perché contestare proprio il fatto del 29 maggio 1857 – di modesto rilievo storico, visto che papa Mastai subì più pesanti contestazioni sia prima che dopo tale avvenimento – quando molto più ingombranti risultano le ombre e gli errori del pontificato di Pio IX, come la più avveduta ricerca storiografica ha dimostrato? Forse perché si intende sviare l’attenzione del pubblico proprio su quest’ultimo punto e magari evitare di intaccare l’immagine di un papa a cui il sindaco di Senigallia ha dedicato uno dei due stemmi della tanto (auto)incensata piazza Garibaldi?
Resto della mia idea, già precedentemente esposta ai cittadini: è bene che ognuno faccia – auspicabilmente al meglio – il proprio mestiere e quello di storico, come molti altri, non si improvvisa.
da Marco Severini
Università di Macerata
Mi dice che il 29 maggio 1857 i parenti di Simoncelli esposero uno striscione con scritto "60019", che come è noto è il codice d'avviamento postale di Senigallia. Quindi nessuna polemica. Fu un buontempone che passava lì per caso a cancellare i due zeri e la gambetta al 9.
Secondo punto, come ho già scritto in precedenza, gli stemmi papali in piazza mi sembrano fuori luogo (al di la della veridicità della storiella) poichè tendono a ricordare un periodo buio della storia di Senigallia. Sarebbe come apporre il fascio negli edifici costruiti in epoca mussoliniana o apporre le croci uncinate nelle opere tedesche del primo novecento.
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