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Perché l’UE vuole che le concessioni balneari vadano all’asta?

Ecco spiegata la bocciatura della proroga fino al 2020 da parte della Corte di Giustizia europea

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Hawaiian Party - Summer Jamboree #17 - Mercoledì 3 agosto 2016 - Senigallia (AN)
La spiaggia di Senigallia d'estate: ombrelloni e bagnanti

Le concessioni sulle spiagge italiane vanno messe a gara. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza che riunisce due cause che vedono opposti dei gestori di bagni a enti locali, in Lombardia e Sardegna.

Per la Corte – si legge nell’agenzia battuta dall’Adnkronos – il diritto dell’Unione è contrario alla possibilità che le concessioni per l’esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico, in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati.
La proroga, prevista dalla legge italiana, per i giudici di Lussemburgo, impedisce di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei candidati alla gestione del servizio.

La direttiva servizi (direttiva 2006/123/Ce del 12 dicembre 2006) stabilisce la libertà di stabilimento e i principi di non discriminazione e di tutela della concorrenza. L’articolo 12, in particolare, disciplina il caso in cui, tenuto conto della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato. In questo caso, si prevede che gli Stati possano subordinare un’attività economica a un regime di autorizzazione.

In Italia la normativa ha disposto una proroga automatica e generalizzata della scadenza delle concessioni, rilasciate anche senza alcuna procedura di selezione; l’ultima volta è stata rinviata alla fine del 2020. Nonostante la legge, ad alcuni operatori privati è stata negata la proroga della concessione; hanno quindi fatto ricorso e i giudici italiani si sono rivolti alla Corte di Giustizia dell’Ue per avere chiarimenti sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Ue.

Con la sentenza, la Corte stabilisce anzitutto che tocca ai giudici italiani stabilire se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via delle scarsità di risorse naturali. Nel caso in cui la direttiva sia applicabile, la Corte precisa che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto ad una procedura di selezione tra i candidati, che deve essere imparziale, trasparente e adeguatamente pubblicizzata.
La proroga automatica delle autorizzazioni non consente di organizzare una procedura di selezione, come sarebbe necessario. E’ vero che la direttiva consente agli Stati di tenere conto, nello stabilire la procedura di selezione, di motivi imperativi di interesse generale, come, in particolare, la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle autorizzazioni in modo che possano ammortizzare gli investimenti.
Tuttavia, queste considerazioni non possono giustificare una proroga automatica, qualora al momento del rilascio iniziale delle autorizzazioni non sia stata organizzata alcuna procedura di selezione. La direttiva impedisce, pertanto, in assenza di qualsiasi selezione, la proroga automatica delle autorizzazioni. La Corte precisa, infine, che, nel caso in cui la direttiva non fosse applicabile e qualora una concessione simile presenti un interesse transfrontaliero certo, la proroga automatica della sua assegnazione a un’impresa con sede in uno Stato membro costituisce una disparità di trattamento a danno delle imprese degli altri Paesi Ue e potenzialmente interessate a tali concessioni, disparità di trattamento che è contraria alla libertà di stabilimento.
Il principio della certezza del diritto, che mira a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, non può essere invocato per giustificare una tale disparità di trattamento, dal momento che le concessioni sono state attribuite quando già era stato stabilito che tale tipo di contratto comportava un obbligo di trasparenza.

Esamineremo con attenzione le determinazioni della Corte europea, ma voglio dire con grande chiarezza che la direttiva Bolkestein ha un limite strutturale: pretende di applicare le stesse regole della concorrenza a Google e agli stabilimenti balneari di Cervia – Cosi, al termine della presentazione di un protocollo in Anci, il presidente dell’Anci Piero Fassino ha risposto a una domanda sulla ‘bocciatura’ della Corte Ue, secondo la quale le concessioni sulle spiagge italiane vanno messe a gara – Qualsiasi persona di buon senso capisce che c’è qualcosa che non funziona“, ha concluso Fassino.

Commenti
Solo un commento
BlackCat
BlackCat 2016-07-18 14:10:32
perché un bene pubblico non può essere privatizzato a vita e perché è giusto fare gare di appalto serie per la gestione del demanio. In Italia il vizio è quello di mangiarsi sopra il più possibile con quello che dovrebbe essere di tutti i cittadini.
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