I primi vagiti tra Stati Uniti ed Europa
Introduzione alla Storia del Cinema: La Genesi
L’obiettivo di questa rubrica, i lettori più affezionati lo ricorderanno meglio degli altri, è sempre stato quello di informare nei riguardi della bellezza, della complessità e dell’importanza del mezzo cinematografico; e per farlo si è scelto di indagare nei riguardi della tecnica e della storia della disciplina artistica in questione, attraverso saggi, interviste, racconti diaristici, scritti autobiografici e focus.
Do dunque oggi inizio ad una nuova esplorazione della materia, sperando di farlo in maniera esaustiva e continuata, come si è in passato fatto con il breve approfondimento sul mondo dell’animazione (su cui molto presto ritorneremo) e con il maggiormente sviluppato capitolo sulla tecnica di realizzazione audiovisiva: “Le fasi di realizzazione di un film”. Il percorso che imbocchiamo con questo primo appuntamento è quello che ci porterà a conoscere in maniera sufficientemente completa la Storia mondiale del Cinema, argomento che spero un giorno diventi oggetto di studio in tutte le scuole dell’obbligo italiane.
Prima di azzannare la componente più succosa e succulente della materia, è doveroso e necessario abissarci nei meandri nell’ignoto e del didascalico, sventagliando con rapidità alcune date ed alcuni nomi tecnici e propri di non facile memorizzazione, ma di fondamentale conoscenza.
Partiamo da Joseph Plateau, il fisico belga che nel 1832 inventò contemporaneamente al professore di geometria Simon Stampfer, il Fenachistoscopio: un disco rotante di figure che lo spettatore poteva vedere attraverso una fessura e che offriva l’illusione del movimento. Strumento particolare, che verrà l’anno successivo seguito dal molto simile Zootropio, inventato dall’inglese George Horner. Questo conteneva una serie di disegni su una sottile striscia di carta dentro un cilindro rotante.
Con rapidità citiamo il signor Talbot, che nel 1839, introdusse i negativi su carta, permettendo così la stampa di immagini fotografiche su lastre di vetro per lanterne magiche (invenzione del diciassettesimo secolo che prevedeva la proiezione di immagini su una superficie), ed il signor Eastman, che ideò nel 1888 un apparecchio chiamato Kodak, che impressionava rulli di carta sensibile, l’anno dopo tradotti in rulli di celluloide trasparente.
E se il cinema è l’arte delle immagini in movimento, non possiamo evitare di ricordare il noto Muybridge, colui che posizionò in fila dodici macchine fotografiche (ciascuna con un tempo di esposizione di un millesimo di secondo) per fotografare dei cavalli durante la corsa al fine di studiarne ed analizzarne il passo. L’esperimento di questi, ispirò il fisiologo francese Marey il quale piuttosto che all’ippica si diede al birdwatching studiando il volo degli uccelli (ed il movimento veloce di altri animali) attraverso la sua strampalata invenzione: il fucile fotografico, che in un secondo impressionava sul bordo di un disco di vetro, dodici fotogrammi. Ci fu poi il Prassinoscopio di Reynaud, simile allo Zootropio, ma con degli specchi al posto delle fessure, e poi il leggendario personaggio di Le Prince, ancora oggi sovrastato da un alone di mistero: con sei anni d’anticipo arrivò quasi ad inventare il cinema nel 1888, ma durante un viaggio in Francia scomparì misteriosamente assieme ad una valigia ricolma di brevetti.
Finalmente incontriamo qualcuno di già piuttosto noto, e ce ne serviamo subito per rilassare un po’ la Universal Machine del nostro cervello, mi riferivo ad Edison che sempre nel 1888 decide di costruire macchine per riprendere e mostrare immagini in movimento. Nascono due anni dopo rispettivamente il Kinetografo ed il Kinetoscopio, mentre il suo assistente Dickson da origine alla 35 mm, pellicola usata come standard cinematografico ancora oggi. La ottenne tagliando la pellicola di Eastman in nastri larghi un pollice e fece quattro perforazioni sui lati di ogni fotogramma, cosicché potesse essere trascinata dalle ruote dentate della macchina da presa e del Kinetoscopio. Il teatro di posa dei due inventori fu costruito nel New Jersey e prese il nome di Blak Maria. I film qui realizzati duravano venti secondi circa.
La geniale macchina di Edison fu d’ispirazione per altri inventori che ben presto passarono in vantaggio su di essa realizzando strumenti che permettevano una visione non individuale ma collettiva. Tra questi ricordiamo i fratelli tedeschi Skladanowsky e il loro Bioskop (conteneva due nastri di pellicola larghi 53 mm che scorrevano da una parte all’altra dell’apparecchio e venivano proiettati alternativamente), e i più fortunati fratelli Lumière che idearono il Cinématographe, una piccola macchina da presa che utilizzava la pellicola 35 mm ed era anche in grado di stampare le copie positive. I loro film erano girati alla velocità (che prestò diventò lo standard) di sedici fotogrammi per secondo. Gli storici del Cinema attribuiscono a questa coppia l’invenzione del medium come lo conosciamo oggi, nel giorno in cui (28 dicembre 1895) presentarono uno spettacolo cinematografico collettivo dalla durata di venticinque minuti (dieci film) facendosi pagare un biglietto dal valore di un franco dagli spettatori. Il dove non può essere dimenticato, era il Grand Café di Parigi.
E’ bene ricordare che nonostante quella fama di padri del Cinema che tutt’oggi contribuiamo a ravvivare, i due fratelli francesi cessarono di produrre film nel 1905, poiché vennero gradualmente esclusi dal mercato dai concorrenti. In seguito al loro successo infatti, nacquero in Francia altre case di produzione, come la Star Film (di Georges Méliès), la Pathé e la Gaumont.
Méliès era un illusionista che, dopo aver assistito alla famosa proiezione dei Lumière, volle arricchire il programma del suo teatro con dei film. Ne girò molti, di tutti i generi più amati a quel tempo dal pubblico, ma sicuramente i più ricordati sono quelli che prevedevano scene fantastiche e di magia, molto complesse, realizzate attraverso l’uso del “fermo macchina” in fase di ripresa, o operando trasformazioni in fase di montaggio attraverso tagli (allora) impercettibili nella pellicola. Egli spesso abbelliva i suoi spettacoli d’immagini in movimento, colorando a mano i fotogrammi.
Charles Pathé, invece, costruì un modello di cinepresa efficientissimo ed iniziò a venderla ottenendo notevole successo. In pochi anni la sua divenne la più grande società cinematografica del mondo. Ma facciamo un passo indietro.
Mentre i Lumière inviavano i loro rappresentanti in tutto il mondo a mostrare e girare film (ad alcuni dei quali si deve l’introduzione di importanti innovazioni, come nel caso della carrellata di Eugène Promio), in America, il signor Latham e figli permisero la realizzazione di film più lunghi, aggiungendo un piccolo ricciolo alla macchina da presa, così da allentare la tensione della pellicola; Thomas Armat perfezionò il suo proiettore Vitascope (commercializzato da Edison) per una fruizione collettiva, e Herman Casler sviluppò il suo Mutascope (una sorta di Peepshow, macchinetta automatica mossa da un gettone che mostra uno spettacolino cinematografico) per una fruizione individuale.
Si poteva assistere alle proiezioni nei posti più disparati: teatri di varietà, parchi divertimento, teatri d’Opera, negozi trasformati in piccole sale improvvisate, chiese, luoghi di villeggiatura e fiere. Il cosa raffigurassero questi film non è certo simile agli odierni oggetti d’interesse cinematografico, erano per lo più vedute, panorami, resoconti di viaggio, visioni di terre lontane e attualità. La maggior parte di questi, è corretto dirlo, cortometraggi, era composta da una sola inquadratura in cui si svolgeva l’intera azione, che durante la proiezione era accompagnata dai suoni sincronizzati spesso eseguiti dal gestore, e dalla musica suonata da un pianista o da un fonografo (nelle sale più modeste) o dall’orchestra del luogo (in quelle più abbienti). Nei film delle origini l’imbonitore svolgeva la funzione che sarà poi propria delle didascalie e dei titoli, ancora non utilizzati sopratutto a causa dell’altissimo tasso di analfabetismo del pubblico.
Lasciamo per un attimo la Francia e gli Stati Uniti (prestissimo ci ritorneremo), e trasferiamoci nel quieto Regno Unito, dove i film inglesi erano soprattutto apprezzati per i loro elaborati e convincenti effetti speciali, come per esempio quelli di Cecil Hepworth che finì per diventare il produttore più importante nel periodo tra il 1905 ed il 1914. Altri importati produttori inglesi del tempo furono George Albert Smith e James Williamson, conosciuti come i maggiori esponenti della Scuola di Brighton. Questi, entrambi fotografi, sperimentarono differenti modi di sfruttare gli effetti speciali e utilizzare il montaggio. Tra i film più importanti ricordiamo The Big Swallow e Mary Jane’s Mishap. Ad indebolire questa macchina da guerra britannica saranno non molti anni dopo, le cinematografie francese, italiana e danese.
Intanto in America si fecero strada alcune case di produzione, come la AM&B (che nel 1908 assunse uno dei più importanti registi del cinema muto, David Wark Griffith) e l’American Vitagraph. Sarà proprio per cercare di tenere a bada la concorrenza che l’astuto Edison inizierà a realizzare film più lunghi, assumendo uno dei registi americani più importanti del periodo: Edwin S. Porter, al quale verranno attribuite tutte le innovazioni del periodo antecedente all’assunzione di Griffith, fra cui il perfezionamento del montaggio e la realizzazione del primo film narrativo “Vita di un pompiere americano” del 1903. Tra i capolavori del cinema firmati da Porter ricordiamo anche La grande rapina al treno.
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