Stemmi papali a Senigallia: Asc a don Cionchi, “parole riprovevoli, la civiltà è un’altra cosa”
Lo storico Marco Severini replica al sacerdote che aveva definito Cavour e Garibaldi "assassini"
Marco Severini, docente di storia contemporanea e presidente dell’Associazione di Storia Contemporanea con sede a Senigallia, replica a don Giuseppe Cionchi, che in una lettera inviata a un quotidiano locale, intervenendo sulla questione degli stemmi papali in Piazza Garibaldi aveva definito Cavour e lo stesso Garibaldi a vario titolo “assassini, guerrafondai e ladri”.
Questa la replica del docente.
Trovo riprovevole quanto scritto da don Giuseppe Cionchi e pubblicato l’8 marzo 2016 su un quotidiano con il titolo “Pio IX, questione ideologica”. Prendendo spunto dalla questione relativa agli stemmi papali, il sacerdote definisce Cavour e Garibaldi degli “assassini”. Ora, con buona pace di una società e di tempi sempre più immemori, non è possibile tollerare simili affermazioni, anche perché i personaggi in questione, riconosciuti “padri della patria” dalla storiografia scientifica più accreditata, sono morti rispettivamente nel 1861 e nel 1882.
Inoltre, il fatto che queste accuse siano state lanciate da un pastore di anime si giudica da sé.
In questo quadro parziale compare Pio IX come difensore del Risorgimento (!) e come colui che benedice la bandiera italiana. Peccato però che sia stato lo stesso pontefice che, dopo aver inviato i propri soldati a combattere per la prima guerra d’indipendenza (1848), abbia fatto un improvviso dietrofont, ordinando ai militi di rientrare nei domini papalini (ordine peraltro disatteso dalla maggioranza dei soldati); dello stesso papa che ha mandato a morte, dopo un processo iniquo e falsato, Girolamo Simoncelli, il coraggioso patriota senigalliese che difese le istituzioni repubblicane del 1849.
Quanto al giudizio storico attorno a Pio IX rinvio alla monumentale biografia di Giacomo Martina, un gesuita che ha ricostruito in maniera irrefutabile gli errori e le incertezze di papa Mastai. Non so di cosa si senta cittadino don Cionchi (forse dei cieli, come scrive San Paolo), ma io mi sento cittadino della Repubblica Italiana nata il 2 giugno 1946, 74 anni dopo la morte del più grande patriota italiano, Giuseppe Mazzini, che si è battuto un’intera esistenza affinché il nostro paese diventasse repubblicano, democratico e laico.
Mi sento cittadino di un’Italia nata per iniziativa popolare e per le decisioni di un’Assemblea Costituente, legittimamente eletta, proprio come aveva indicato Mazzini. Di un’Italia nella quale i cittadini, nel rispetto delle opinioni più differenti, sappiano moderare parole e azioni e possano passeggiare in luoghi pubblici come le piazze che siano espressione dei valori di una collettività (e non già di un autocrate e del suo regime).
La civiltà è davvero un’altra cosa rispetto a certe affermazioni che non trovano alcuna giustificazione in una storia complessa come quella italiana che richiede conoscenza e rispetto.
Marco Severini – docente di Storia dell’Italia contemporanea presso l’Università di Macerata – Presidente dell’Associazione di Storia Contemporanea
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