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Le 8 facce di Walt Disney

“Quasi” tutto quello che avreste voluto sapere sull’animazione, ma non avete mai osato chiedere: Capitolo 2

Scorcelletti - Laboratorio analisi, ambulatori specialistici, a Senigallia dal 1977
Walt Disney

In questo secondo appuntamento di Screenshot dedicato al mondo dell’animazione, andremo ad esplorare otto fra virtù, atteggiamenti ed inclinazioni necessarie per conoscere il salf-made man americano sinonimo di cartone animato, partito dal nulla per costruire un impero.


Grinta
Walt Disney nasce il 5 dicembre 1901 a Chicago. Dopo aver trascorso un periodo nell’esercito, torna alla vita civile e viene assunto in una compagnia specializzata nel film pubblicitario. Già appassionato di disegno, qui scopre le meraviglie e le potenzialità del cartone animato e conosce Ub Iwerks, che diventerà presto il suo migliore amico e socio d’affari. Ha solamente vent’anni, ma l’istinto non comune del giovane Walt lo spinge a prendere in prestito una cinepresa ed iniziare a creare per conto proprio. Nel 1920 nasce la Iwerks-Disney Commercial Artists, Walt era la mente, Ub il braccio. Uno ideava e sceneggiava, l’altro, da miglior illustratore che era, creava l’aspetto fisico dei personaggi. A detta degli studiosi Merritt e Kaufman, il giovane Disney era incredibilmente attento all’immagine di lui che coltivava all’epoca. E’ per questo motivo che Walt, nutrendo l’esigenza di darsi un aspetto più professionale, pensò bene di iniziare a presentarsi come novello imprenditore nel campo dell’animazione, distribuendo simpatici biglietti da visita da lui stesso illustrati. Ben presto le animazioni pubblicitarie iniziarono a non bastargli più, quindi Walt, spinto dalla determinazione, comincia a dedicarsi a piccoli video satirici, che trattano i problemi sociali del suo paese e criticano i politici locali.

Talento
Si sa che spesso le grandi idee nascono dalla venuta a conoscenza di idee ugualmente brillanti di altri pensatori od artisti, è questo il caso dell’esordio di Disney. Fu infatti scoprendo “Koko il clown” dei fratelli Fleischer, che Walt si lasciò assuefare dall’idea di far conversare il linguaggio animato ed il live action. Mentre in “Out of Inkwell” era il personaggio animato di Koko ad inserirsi in un mondo reale, interagendo con la mano del suo creatore, nel corto “Alice’s Wonderland”, ideato da Disney, era il personaggio umano a muoversi in un mondo animato. Soddisfatto dal risultato ottenuto dal corto pilota prodotto nel 1923 con il suo nuovo Laugh-O-Gram Studio di Kansas City (Missouri), Walt e suo fratello Roy, tentano la fortuna nei grandi studi, spesso esagerando le loro esperienze professionali. Questa caccia all’oro si dimostrò fallimentare e spinse i due fratelli a dedicarsi nuovamente all’animazione, e a cercare dei distributori per le “Alice Comedies”, di cui “Alice’s Wonderland” era la puntata zero. Il 16 ottobre 1923 viene fondata la Disney Bros. Studio, nella stessa data fu anche siglato il contratto di distribuzione con Margaret J. Winkler per il nuovissimo prodotto di Walt. Il grandioso successo delle “Alice Comedies”, portò Charles B. Mintz, diventato marito della Winkler e quindi distributore come lei, a firmare un contratto con l’Universal e a commissionare a Disney e Iwerks la creazione di un nuovo personaggio che uguagliasse il successo di Felix il gatto, star indiscussa del momento, creata nel 1919 dalle mani di Pat Sullivan e Otto Messmer. Nacque così Oswald the lucky rabbit, che ne imitava le sembianze e ottenne un sempre più crescente successo di pubblico. Sarà proprio questa accoglienza positiva da parte degli spettatori a portare lo scaltro Mintz a sfruttare la situazione e contrattare in segreto con gli animatori di Walt, per farli lavorare autonomamente e buttare fuori il brillante Disney. L’unico a non accettare fu Ub, che da buon amico, oltre a rifiutare, informò Walt della beffa. Questi non poté far altro che digerire il danno subito. I diritti del personaggio erano della Universal, Disney dovrà quindi rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo.

Perseveranza
Non tutti i mali vengono per nuocere, anzi spesso accade che sia proprio a seguito d’una delusione che sorga un grande istinto ed una non minore audacia. Sarà proprio in questa occasione che i due artisti partoriranno un nuovo, e più fortunato, personaggio ispirato ad Oswald ma senza orecchie a penzoloni, quindi persino più semplice da disegnare. Così nacque Mortimer Mouse, presto ribattezzato Mickey Mouse da Lillian, moglie di Walt. La sua personalità era stata elaborata da Disney, mentre il suo aspetto fisico dal fedele Iwerks. Verranno quindi realizzati “L’aereo impazzito” ed il suo seguito “Topolino gaucho”, che non troveranno ahimè distributori interessati. Persino Disney si rese conto che mancava qualche cosa alla loro creazione: era certamente il sonoro. Così nasce “Steamboat Willie”, titolo del primo cartone animato sonoro della storia, realizzato grazie al denaro procurato dalla vendita dell’automobile di Walt. E’ il 1928, ed il gatto superstar Felix viene detronizzato da un Mickey Mouse che entusiasma le folle. Tutti i distributori reclamano topolini che parlano. I gadget spopolano nei negozi, ed enormi sono i profitti che Disney ne trae. Una nuova scintilla inizia a brillare nell’animo dell’animatore di Chicago, che si farà sempre meno artista e sempre più industriale. In breve tempo lancia quindi le “Silly Synphonies”, crea nuovi personaggi, raffina le tecniche d’animazione e gli effetti sonori. Riceve l’Oscar nel 1932 per “Flowers and Trees”, il suo primo cortometraggio a colori. Vengono dati alla luce Pluto, Pippo, e Paperino. Due anni dopo la preziosa statuetta d’oro, arriva il primo topolino a colori “The band concert”. La popolarità di Disney e delle sue creazioni avanza inarrestabile. Sono diverse le centinaia di disegnatori a sua disposizione, così come gli ettari dei suoi studi a Burbank (California).

Coraggio
Passano dieci anni dalla prima apparizione di Mickey Mouse, e Disney ha ora accumulato nelle sue tasche un capitale in grado di permettergli un investimento a detta degli altri (compresi amici, estimatori, colleghi e moglie) assolutamente folle: un lungometraggio d’animazione. Nel 1934 Walt guarda assieme ai suoi animatori un film muto, mai più visto dall’infanzia, trattasi di Biancaneve con Marguerite Clark. Decide quindi di intraprendere questo percorso di trasposizione cinematografica (in cel animation) della favola dei fratelli Grimm, e per garantire la riuscita del progetto, è convinto di dover prima di tutto migliorare la qualità della produzione. Fa quindi prendere delle lezioni ai propri dipendenti, investe molti soldi sulla sperimentazione di nuovi effetti speciali, e di metodi innovativi per la realizzazione e l’animazione delle figure umane. Per rappresentare la protagonista, Walt Disney sceglie come modella la figlia di un maestro di ballo di Los Angeles, Marge Champion, allora sedicenne. I suoi movimenti aggraziati verranno filmati per poi essere utilizzati per la realizzazione delle scene di Biancaneve mediante la tecnica del rotoscopio. Il lungometraggio necessita di un budget spropositato, e Disney è costretto persino ad ipotecare la propria casa per contribuire a finanziare la produzione di “Biancaneve e i sette nani”, che finalmente debutta ed ottiene dai suoi primi spettatori una standing ovation. Questo pubblico stellare che vide in anteprima mondiale il primo lungometraggio animato della storia del cinema (a colori e naturalmente sonoro) comprendeva celebrità come Charlie Chaplin, George Burns, Shirley Temple, Judy Garland, Ginger Rogers, Clark Gable, Carole Lombard, John Barrymore e Marlene Dietrich.

Immaginazione
Dopo la vincita dell’Oscar personalizzato per il suo primo lungometraggio, Disney continua ad abbeverare la sua infaticabile ambizione realizzando “Pinocchio”, vincitore di altri due Oscar, e “Fantasia”, nato da un’idea brillante e sperimentale. Il più grande contributo al cinema riconosciuto a Disney è probabilmente proprio l’aver portato allo stato dell’arte il rapporto fra immagine e musica. Secondo Ejzenstejn, l’opera di Walt offriva l’oblio allo spettatore. Il successo di “Dumbo” e “Bambi”, opere realizzate con budget molto modesti a causa del secondo conflitto mondiale in corso, confermarono la genialità dell’artista ipotizzata dal cineasta russo. Probabilmente spinto dal suo tradizionale motto. “Se puoi sognarlo, puoi farlo!”. Disney non smette di farsi trascinare dagli impulsi e di soddisfare i suoi desideri. Per quindici anni sogna e progetta un parco di divertimenti edificato sull’ideologia ed il mito americano. Ubicato ad Anaheim, nella periferia di Los Angeles, Disneyland viene inaugurato nel 1955. Nell’arco di cinquant’anni ne apriranno altri quattro (Florida, Giappone, Francia e Hong Kong), attualmente ne è in costruzione un quinto a Shanghai, in Cina.

Incoerenza
I corti ed i progetti sperimentali tipici degli esordi iniziano ad essere prodotti sempre più sporadicamente, per privilegiare lungometraggi di più sicuro successo. L’arte dei suoi studi si trasforma in artigianato, l’opera in prodotto seriale, gli artisti in meri operai. L’uso della tecnica del rotoscopio si fa sempre più intensivo, facendo emergere un realismo ibrido. I film si fanno densi di scenografie leccate e di un sentimentalismo melenso, banale e di facile presa su di un altrettanto facile pubblico, quello dei bambini. E’ anche colpa di questa nuova filosofia di Walt Disney che oggi il cartone animato è vittima d’un pregiudizio, l’essere considerato un prodotto per i più piccoli. Alcuni definiscono la morale dei suoi film “sdolcinata e conformista”. L’infanzia, pare essere diventata per Walt, un mero mercato da conquistare a tutti i costi.

Essenzialità
L’apice del successo per la Walt Disney Company arriva negli anni ‘60 con grandissime produzioni come “La Carica dei 101”, “Il libro della giungla” e “Mary Poppins”. E’ però proprio a metà di questo decennio che muore il cervello dell’azienda. La scomparsa del genio, avvenuta a Burbank il 15 dicembre del 1966, porta infatti ad un crollo degli incassi. I nuovi lunghi, “Robin Hood” per esempio, non ottengono il successo sperato. Secondo Richard Schinckel Disney era tanto orribile dal punto di vista culturale, quanto geniale da quello capitalistico. Senza di lui la qualità dei film andrà via via diminuendo, sino agli anni ‘80 quando a causa degli incassi oramai da anni mediamente bassi, si fonda una divisione per i film d’animazione destinati alla televisione, considerati più remunerativi di quelli per il cinema. Sarà solo la collaborazione della Disney con Steven Spielberg per la realizzazione del film in tecnica mista “Chi ha incastrato Roger Rabbit” diretto da Robert Zemeckis, a fornire all’azienda una ventata d’ottimismo. Il successo del film infatti, riporterà l’attenzione del pubblico suoi cartoni animati per il grande schermo. Negli studi della Disney si assiste ad un rinnovamento dell’equipe e delle strategie produttive. Cosa è necessario per garantire la fidelizzazione degli spettatori? Fabbricare un lungometraggio all’anno. Il primo della lista a segnare l’inizio del cosiddetto Rinascimento Disney (1989-1999) sarà “La Sirenetta”. A caratterizzare questo prezioso periodo saranno i grandiosi successi e i favolosi riconoscimenti della critica. L’assunzione di nuovi animatori, comporterà l’affluenza di nuove idee e nuovi stimoli. Necessaria sarà anche la scoperta delle potenzialità del musical come forma di intrattenimento interno alla trama. I maggiori prodotti del Rinascimento disneyano saranno “Aladdin”, “Il re leone” e “La bella e la bestia”. Moltissimi gli Oscar collezionati in questo decennio, in gran numero quelli vinti dalle colonne sonore.

Immortalità
Non c’è dubbio che sino ad oggi Walt Disney sia l’unico esempio di regista che continui ad imporre il proprio marchio dopo la morte, e ciò solo grazie all’enorme impero, fatto di capitali, persone, dogmi, e stile, che ha saputo costruire sulle sue spalle.

“Potete immaginare, creare e costruire il luogo più meraviglioso della terra ma occorreranno sempre le persone perché il sogno diventi realtà…”Walt Disney

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