Senigallia, aggressione alla capotreno: “Nel mio paese le donne sono schiave”
Anconetana aggredita dopo aver chiesto il biglietto a un tunisino. La denuncia della Filt-Cgil: "E' ora di dire basta"
Aggressione al capotreno sul regionale 11599 Ravenna-Ancona. E’ quanto avvenuto all’altezza della stazione di Senigallia nel pomeriggio di venerdì 6 novembre, quando un uomo ha afferrato al collo la capotreno che gli chiedeva il biglietto.
La donna, dipendente delle ferrovie, è dovuta ricorrere alle cure del pronto soccorso dopo l’aggressione da parte di un soggetto di nazionalità tunisina: questi si era dapprima innervosito al controllo perentorio da parte della 38enne anconetana che l’aveva visto salire sul treno con destinazione Ancona, per poi afferrarla per il collo sostenendo che nel suo paese le donne sono “schiave”.
L’uomo è stato poi individuato e arrestato, mercoledì 11 novembre, grazie alla Polizia Ferroviaria di Ancona che ha effettuato degli appostamenti alla stazione dorica: oltre alla denuncia per lesioni e violenza a pubblico ufficiale, per lui è scattato l’arresto in quanto irregolare sul territorio nazionale.
Sull’episodio ha commentato duramente la Filt-Cgil Marche, che punta il dito contro i tagli alla sicurezza per quanto riguarda il personale dei treni e il trasporto pubblico in generale. “La violenza contro capitreno e controllori è un fenomeno che i lavoratori denunciano da tempo. Botte, insulti, spintoni: in tutto il 2014, i casi sono stati più di 309, oltre 80 in più dei 227 del 2013. Nei primi 5 mesi del 2015 sono oltre 140. Per quanto riguarda gli aggressori, il numero degli stranieri è di poco superiore agli italiani“.
“Un vero e proprio far west, dal nord al sud dell’Italia, che interessa i grandi scali ma soprattutto le piccole stazioni di periferia, negli orali serali – continuano i responsabili del sindacato marchigiano –. Il capotreno e il macchinista sono sottoposti a stress quando viaggiano sui treni più difficili senza contare lo shock quando subiscono un’aggressione, così come la paura di tornare al lavoro. Non sono sceriffi e neanche poliziotti: l’azienda deve trovare una soluzione al fenomeno delle aggressioni ha ormai superato ogni misura“.
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