Louisiana. Bruciano i deserti dell’umana carità
Screenshot analizza il documentario italo-francese presentato al Festival di Cannes 2015
“Stanno succedendo cose orribili sotto i nostri occhi e noi non ce ne accorgiamo”, questa una delle battute più lucide di Louisiana (The Other Side), il documentario italo-francese per la regia di Roberto Minervini, presentato al Festival di Cannes 2015 nella sezione Un Certain Regard.
Un’arte senza compromessi quella del regista marchigiano, cineasta famoso per puntare la lente della mdp verso il “white trash”, il sottoproletario bianco degli Stati Uniti del sud, già protagonista della sua Trilogia del Texas ed ora nuovamente al centro dell’attenzione in quest’ultima opera cinematografica, definita dallo stesso regista come la più complessa fra i suoi lavori.
Minervini, il quale ha rinunciato per la famiglia a divenire reporter di guerra, si ritrova con il suo cinema, famoso per la manchevolezza di qualsiasi retorica e compiacimento, ad essere testimone e narratore per immagini dei conflitti quotidiani dell’esistenza. Nel caso di quest’ultimo film-verità, i conflitti di cui sopra sono quelli di un gruppo di individui dimenticati dalle istituzioni ed estromessi dalla società. Il documentario, drammatizzato e imbastito dal genio dello stesso regista e della consorte e collega Denise Ping Lee sulle vere storie degli interpreti, vede come protagonisti un gruppo di condannati a morte certa e precoce, detenuti metaforici di uno Stato prigione che li ha resi schiavi inconsapevoli ed involontari del crack, delle anfetamine e dell’auto isolamento.
Sono donne dal ventre gonfio perché gravido di tribolazioni o perché gravide per davvero, quelle rappresentate in Louisiana. Sono nonne sole, madri malate, sorelle nullatenti, future mogli drogate e gestanti spogliarelliste al cospetto di un futuro indecente e scevro di illusioni, raffigurate al fianco di uomini altrettanto patetici nella loro concretezza di alcolizzati e narcodipendeti.
Ci sono i vecchi ed i bambini a rappresentare il passato ed il futuro di uno stato alla deriva, calpestato dalla piaga degli uragani e da quella della criminalità. Un ambiente umido la Louisiana, incompreso e rifiutato come un figlio delinquente agli occhi del padre padrone Obama. Un genitore quest’ultimo né rispettato né stimato dalla sua stessa prole che nell’urgenza della consolazione sente il bisogno di una madre, figura rintracciata in Hillary Clinton, una donna che sappia nutrire con il suo metaforico seno ed il suo senno i più poveri d’America.
E quando l’anarchia è determinata dalla volontà di proteggere la propria famiglia dal travaglio e dalla repressione, non si può che pretendere la legalizzazione della libertà, come nel caso della comunità insulare dei paramilitari patriottici, che sentendosi abbandonati si sono volontariamente separati dal resto della società confermando così il Teorema di Thomas, della profezia che si autoadempie.
Novantadue minuti di compassione ed emozione, scanditi dal rumore sommesso delle iniezioni e dei mitra, due simboli mortali di una vendetta personale. Quella della Louisiana.
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